Africa e Mediterraneo l’Italia spinge per il cambio di passo

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’ Italia – 09/07/2024

La ricerca di una strategia unitaria per rispondere a Cina e Russia

I leader dei Paesi Nato, in vista del summit che parte oggi a Washington, sono chiamati non solo a confermare il sostegno all’Ucraina, ma anche a proporre un approccio rinnovato verso il quadrante mediterraneo e l’Africa. L’Italia, tramite la premier Meloni e il ministro degli Esteri, Tajani, insiste sulla necessità che la Nato non perda di vista il Fianco Sud, senza tralasciare il Fianco orientale, e sull’importanza di continuare a garantire massimo appoggio a Kiev.

L’Alleanza, sinora, si è mostrata vulnerabile nella sua azione in Medio Oriente e in Africa, e ciò nonostante quanto accade nel Nord del continente e nel Sahel influenzi non poco la sicurezza dei Paesi Nato. In quest’area, negli ultimi anni, si è registrata una decisa avanzata di Russia e Cina, che hanno portato avanti i loro obiettivi economici e geostrategici nel continente per consolidare i rapporti politici, economici e commerciali con i governi locali. Russia e Cina, d’altronde, hanno sfruttato proprio l’incapacità dell’Occidente e della Nato di garantire la stabilità regionale, una debolezza da attribuire perlopiù alla Francia, che negli ultimi anni è stata costretta a un deciso arretramento in un territorio che spesso Parigi ha considerato come un “cortile di casa”.

LE INFILTRAZIONI IN AFRICA DI RUSSIA E CINA

In questo contesto, Russia e Cina hanno operato in modo diverso ma, seppur non volutamente, sincronizzato: Pechino tramite investimenti e progetti di sviluppo, Mosca con l’approccio «della potenza antimperialista e contraria a nuove forme di colonialismo» che ha contribuito con i suoi mercenari – prima il gruppo Wagner, ora gli Africa Corps – a garantire la sicurezza. In questo contesto, la Nato sarà chiamata ad agire, anche per evitare effetti controproducenti del rafforzamento della presenza russo-cinese nella regione: dal rischio di un aumento della pressione migratoria irregolare all’aumento dei prezzi delle materie prime chiave, sino all’intensificazione della minaccia terroristica.

Dal 2010 la Nato guarda all’Africa puntando su due obiettivi: cooperazione nel comparto sicurezza e gestione delle crisi. L’obiettivo era garantire stabilità nel vicinato meridionale, e ciò è arrivato soprattutto tramite il “Dialogo mediterraneo”, strumento che la Nato ha utilizzato con i Paesi partner del Nord Africa. L’Alleanza ha puntato a intensificare la cooperazione in termini di lotta al terrorismo e alle reti criminali internazionali, ottenendo risultati positivi soprattutto nel contrasto all’estremismo jihadista in Paesi come Tunisia ed Egitto. Questo sviluppo, però, ha contribuito a spingere alcune reti terroristiche più verso la regione del Sahel, causando un’acuta instabilità nella regione. Sul fronte della gestione delle crisi, tuttavia, la capacità della Nato si è dimostrata molto più limitata, un fatto che ha spinto singoli Stati a prendere l’iniziativa e ad avviare operazioni su base bilaterale, come l’operazione francese Barkhane in Mali, che tuttavia, hanno prodotto scarsi risultati.

UNA STRATEGIA OCCIDENTALE COMUNE

Sinora alla Nato è mancato un approccio coeso sul Fianco Sud, soprattutto a causa dei diversi interessi dei Paesi alleati che hanno impedito di adottare una politica comune. Un elemento importante, in tal senso, potrebbe essere rappresentato proprio dall’Italia, che ospita dal 2017, a Napoli, il Nato Strategic Direction South Hub: sfruttare al meglio le capacità di questo centro, tutto dedicato all’azione nel Mediterraneo, potrebbe migliorare la capacità dell’Alleanza di operare sul Fianco Sud. Lo scorso novembre il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg, ha assegnato a un gruppo indipendente di 11 esperti il compito di stilare un report sull’approccio verso i Paesi del “vicinato meridionale”.

Il report, pubblicato in aprile e già oggetto di discussione nella recente riunione dei ministri degli Esteri, presenta una serie di proposte, fra cui la nomina di un inviato speciale che monitori le attività della Nato nella regione – obiettivo su cui l’Italia si starebbe fortemente battendo nell’auspicio che una decisione in tal senso emerga proprio dal vertice di Washington – e la convocazione periodica di un vertice con i partner meridionali, oltre che un consistente rafforzamento delle capacità proprio del Nato Strategic Direction South Hub di Napoli.

Importante è anche la proposta di creare una rappresentanza presso l’Unione africana per rimarcare come la Nato sia innanzitutto un’organizzazione politica, e non solo militare. Per raggiungere tale obiettivo bisognerà che a Washington gli alleati agiscano di concerto e in maniera coesa, obiettivo non facile, vista la diversa percezione del problema determinata dalla diversa posizione geografica dei Paesi. L’Italia punterà a svolgere un ruolo di capofila in tal senso, forte anche della presidenza di turno del G7, che tanto ha puntato – anche nel quadro del Piano Mattei – al rinnovato rapporto con l’Africa.