Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 25/05/2024
L’11 luglio sarà celebrato ogni anno come la Giornata internazionale di riflessione e di ricordo del genocidio del 1995
L’Assemblea generale dell’Onu a New York ha adottato giovedì la risoluzione sul genocidio avvenuto nel 1995 a Srebrenica, in Bosnia Erzegovina. Ottantaquattro sono gli Stati che hanno votato a favore del testo. Diciannove si sono espressi contro, mentre 68 si sono astenuti. Dopo la sentenza del Tribunale internazionale penale dell’Aja per l’ex Iugoslavia e della Corte internazionale di giustizia, anche l’Assemblea dell’Onu riconosce quindi che nella città bosniaca, durante le guerre degli anni novanta nella ex Jugoslavia, ci fu l’intento di commettere un genocidio con l’uccisione di oltre 8 mila persone di etnia musulmana. In precedenza, nel 2015, la Russia aveva posto il veto all’adozione della risoluzione che era andata al voto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’11 luglio sarà celebrato ogni anno come la Giornata internazionale di riflessione e di ricordo del genocidio commesso a Srebrenica nel 1995.
La risoluzione condanna senza riserve qualsiasi negazione del genocidio e invita tutti i membri delle Nazioni Unite a preservare i fatti accertati, anche attraverso i loro sistemi educativi, sviluppando programmi speciali per la coltivazione della memoria, al fine di prevenire il revisionismo e la ripetizione del genocidio in futuro. Il documento specifica, tuttavia, che i verdetti dei tribunali relativi al genocidio sono stati emessi “contro individui” e “non gruppi etnici o Stati”. La sentenza, come prevedibile, ha provocato diverse e contrapposte reazioni nella regione dei Balcani. “Un successo della diplomazia serba”, guidata dal presidente Aleksandar Vucic, è la constatazione che arriva da Belgrado, poiché “è fallito lo scopo di attribuire la responsabilità morale e politica del crimine a un solo popolo, alla Serbia e alla Repubblica Srpska (entità serba) come parte della Bosnia Erzegovina”, ha dichiarato il presidente della Serbia ieri subito dopo il voto. “Alcuni hanno voluto usare il proprio potere e politicizzare questo argomento”, ha detto il capo dello Stato serbo, secondo cui il testo proposto dalla risoluzione causerà “nuove divisioni, non solo nella regione, ma anche nell’Onu”. Vucic si è quindi detto “orgoglioso” del suo Paese dopo la votazione, visto il numero di voti a favore “inferiore a quelli auspicati” dai Paesi promotori, Germania e Ruanda in testa, che prevedevano un numero superiore a cento. “Avevamo ragione nel prevedere una spaccatura all’Onu – ha aggiunto Vucic intervenendo in sede di replica nella Sala, indossando sulle spalle la bandiera del Paese -. Non era mai avvenuto all’Assemblea Generale che una votazione sul tema del genocidio non passasse all’unanimità. Questa è stata la prima volta”. Il presidente della Serbia ha condotto una lunga battaglia diplomatica, durata per settimane in seno all’organizzazione mondiale. Lo “sforzo diplomatico” del presidente serbo è stato in qualche modo riconosciuto anche dall’ambasciatore della Bosnia Erzegovina presso le Nazioni Unite, Zlatko Lagumdzija, responsabile della proposta della risoluzione sul genocidio. Lagumdzija ha affermato di “non aver mai affrontato in vita sua” un avversario che ha investito “così tanta energia e forza per ridurre l’influenza” della sua squadra, degli sponsor principali, dei co-sponsor e degli altri alleati euro-atlantici a riguardo dell’adozione del documento. Lo stesso Vucic ha ringraziato Cina, Russia, Emirati Arabi Uniti e Ungheria per aver votato contro il documento. “La Serbia non lo dimenticherà mai”, ha detto il presidente serbo, il quale ha menzionato anche Grecia, Slovacchia, Cipro e numerosi Paesi africani, asiatici, sudamericani e del Pacifico che si sono astenuti.
A tal proposito, tra i Paesi della regione dei Balcani Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Montenegro, Macedonia del Nord e Slovenia hanno votato a favore della risoluzione. La presidente dell’Assemblea nazionale serba Ana Brnabic ha considerato da parte sua il risultato della votazione come un “successo diplomatico” della Serbia. Anche se la risoluzione è stata adottata, Brnabic ha sottolineato che si tratta di “una vittoria di Pirro” per i Paesi che l’hanno proposta e patrocinata. “La futura politica estera della Serbia si baserà su come hanno votato i Paesi, su chi è nostro partner e chi no”, ha annunciato Brnabic. Di una “sconfitta degli Stati Uniti” ha invece parlato il presidente della Repubblica Srpska (entità serba della Bosnia Erzegovina) Milorad Dodik. Dodik ha valutato che il voto dimostra che quello che un tempo “era un grande impero” è ormai “ridotto ad un terzo della superficie mondiale”. “Gli Usa hanno perso la propria autorità. Oggi, nonostante molte pressioni, alcuni Paesi non hanno accettato il ricatto”, ha sottolineato Dodik. Il leader serbo aveva sostenuto che la risoluzione era il “sinonimo della fine della Bosnia Erzegovina”, minacciando una separazione, seppur “pacifica” dell’entità di cui è presidente.
“Il nostro governo ha sollevato la questione della separazione pacifica, non abbiamo motivo di restare con loro, è meglio se siamo solo buoni vicini”, ha detto Dodik sottolineando che invierà una nota di protesta ai Paesi che hanno votato contro la risoluzione. Il ministro degli Esteri della Bosnia Erzegovina Elmedin Konakovic ha risposto subito alla minaccia arrivata da Banja Luka. “Tutti coloro che parlano di destabilizzazione della Bosnia Erzegovina e di qualunque tentativo di agire in questo senso, riceveranno una forte risposta da parte delle istituzioni”, ha affermato Konakovic. Per lo stesso ministro la risoluzione sul genocidio di Srebrenica “è una vittoria della verità”. La risoluzione dell’Onu “invia un messaggio ancora più chiaro a coloro che negano il genocidio e glorificano i criminali di guerra”, ha affermato il capo della diplomazia bosniaca, secondo cui “le minacce e le affermazioni secondo cui la risoluzione avrebbe provocato destabilizzazione”, come quelle avanzate dal presidente serbo Vucic e dal presidente della Repubblica Srpska Dodik, “erano invenzioni il cui obiettivo era quello di fermare un processo di civilizzazione”. “Oggi la verità e la giustizia hanno vinto nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Si tratta di sentenze che non possono essere cancellate dalla storia delle Nazioni Unite e dell’umanità, e oggi sono state confermate dall’Assemblea Generale”, ha affermato da parte sua l’esponente musulmano e presidente di turno della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, Denis Becirovic.
La reazione della leadership serba alla risoluzione di Srebrenica “dimostra che la Serbia è ben lontana dall’affrontare il suo passato”, ha dichiarato da Zagabria il ministro degli Esteri croato Gordan Grlic Radman. Ad ogni modo, la risoluzione non è vincolante e non obbliga i Paesi membri dell’Onu a rispettarla. Secondo gli analisti della regione, tuttavia, ha comunque un suo “peso politico” e potrebbe venir usata al fine di esercitare pressione sulla politica perseguita dai leader della Serbia e della Srpska, incompatibile con quella dell’Unione europea soprattutto nei confronti della Russia. Dall’altra parte, la sentenza apre la possibilità a una “revisione” della storia in diverse direzioni, sia sulla definizione del termine genocidio sia su quella riguardante l’interpretazione dell’Accordo di pace di Dayton.