E anche il Senegal ci chiede di investire «L’Italia punti su di noi per il Piano Mattei»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 04/04/2024

Il capo dello Stato in visita per cinque giorni in Costa d’Avorio e Ghana Al centro dei colloqui il nodo migranti e la cooperazione per realizzare progetti nel settore energetico e nella formazione dei giovani africani

In Senegal più autonomo, aperto alla cooperazione e consapevole delle proprie risorse: è in questa direzione che il neoeletto presidente Bassirou Diomaye Faye intende indirizzare il suo mandato, nell’auspicio di catalizzare maggiori investimenti in Africa e di sviluppare, anche con l’Italia, una rosa di progetti nel quadro dell’annunciato Piano Mattei. Su queste e altre tematiche si è soffermato l’ambasciatore senegalese a Roma, Ngor Ndiaye, che in un’intervista concessa ad Agenzia Nova ha passato in rassegna le principali sfide che il presidente Faye si appresta ad affrontare. «La sua elezione è stata una buona immagine per la democrazia, è frutto del voto dei giovani», ha commentato l’ambasciatore, ammettendo che il rinvio delle elezioni, annunciato lo scorso 3 febbraio dal presidente uscente Macky Sall, aveva creato malcontento e che anche in reazione a questo si è assistito a una grande affluenza elettorale.

LA COLLABORAZIONE CON L’ITALIA

«Non vogliamo che i nostri giovani debbano emigrare per lavorare: per questo proponiamo a Meloni di rinsaldare i progetti di cooperazione»

«Bisognava fare presto, passare al primo turno: i giovani si sono alzati presto, hanno fatto la fila alle urne, e alle 22 già si sapeva chi aveva vinto» ha detto il diplomatico, certo che «Sall avrebbe comunque lasciato il potere il 2 aprile» (data di fine mandato) ma ammettendo che il trasferimento delle funzioni al presidente del Parlamento «avrebbe inviato un messaggio diverso». Il tutto in uno spirito di una collaborazione di cui, sottolinea l’ambasciatore Ndiaye, sono state gettate le basi in occasione del vertice Italia-Africa di fine gennaio e del lancio del Piano Mattei. «Il nostro auspicio – ha detto l’ambasciatore – è che l’Italia possa investire in Senegal affinché i nostri giovani non debbano andare altrove a cercare lavoro, e per questo abbiamo proposto a Giorgia Meloni di rinsaldare i progetti di cooperazione nella formazione professionale, ambito in cui gli italiani sono forti e possono contribuire a sviluppare un valore aggiunto». Così, il Senegal di Faye auspica di proseguire la collaborazione con aziende italiane quali Iveco, Eni, Saipem, Energy Green, Leonardo, Confindustria, con le quali continuare a promuovere investimenti sul territorio che vanno dalle infrastrutture all’industria militare, dall’estrazione petrolifera ai progetti di biocarburante, anche sulla scia di esperienze recenti come la nuova scuola per il petrolio ed il gas, istituto nel quale Dakar sarebbe felice che l’Italia inviasse formatori «per rafforzare le competenze locali». Il Paese dell’Africa occidentale – ha quindi proseguito l’ambasciatore – rimane impegnato anche nello sviluppo di infrastrutture per il trasporto pubblico, come per esempio la linea di autobus elettrici Bus Rapid Transit (Brt), progetto che è stato finanziato da Pechino tramite la China Road and Bridge Corporation e sviluppato nella capitale Dakar: si tratta del primo progetto interamente elettrico di questo tipo dell’Africa sub-sahariana.

LE CRITICHE ALL’EUROPA

Tutte proposte che sono state presentate al governo italiano dall’ex presidente Sall – ora tornato alle sue funzioni di inviato speciale per il Patto di Parigi per le persone e il pianeta (4P), incarico che gli è stato attribuito dal presidente francese Emmanuel Macron – e che continueranno a essere promosse anche dal suo successore Faye. Ndiaye si è quindi detto d’accordo con le critiche espresse al vertice di Roma dal presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, sul mancato coinvolgimento dei Paesi africani nella predisposizione del Piano Mattei. «È stata una critica condivisa da numerosi capi di Stato (africani), un piano per l’Africa va fatto con l’Africa» ha detto l’ambasciatore, ricordando che «l’Africa è vasta, le vostre priorità non sono le nostre», e che «ogni Paese africano ha le sue». Del resto, quello delle «soluzioni africane a problemi africani» è un leitmotiv che nell’ultimo periodo numerosi capi di Stato e di governo hanno ripetuto in occasione dei consessi internazionali. «È necessario rivedere le regole della finanza internazionale, ridurre il rischio connesso all’Africa e permetterle di giocare il ruolo di attore importante che le spetta », ha proseguito Ndiaye, che giudica positivo l’ingresso dell’Unione africana al tavolo dei decisori del G20, così come l’allargamento del gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, cui si sono di recente aggiunti Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto ed Iran), nello spirito di voler «riparare alle molte ingiustizie» che esistono a livello di rappresentanza internazionale di un continente che è ormai, a tutti gli effetti, protagonista del futuro. «Il mondo è cambiato, la Nigeria è oggi un grande Paese, la Costa d’Avorio pure, il Senegal è sulla buona strada», ha detto Ngor Ndiaye, ricordando che le stime di crescita senegalesi si attestano per quest’anno al 10 per cento, «una cifra che è difficile trovare in Europa». Sulle preoccupazioni internazionali di una deriva autoritaria anche in Senegal, sulla scia del sentimento anti-francese emerso in diversi Paesi del Sahel, Ndiaye si mostra rassicurante.

LA STABILITÀ DEL SENEGAL

«Il sentimento anti-francese c’è, è inevitabile, ma il Senegal rimarrà un alleato fidato dei suoi partner internazionali», dice, sottolineando che il Paese «non ha avuto bisogno di colpi di Stato per affermare i principi di sovranità e autonomia fatti propri anche dai leader militari delle giunte al potere in Mali, Niger o Burkina Faso. Si tratta di valori che il partito Pastef – il partito del leader di opposizione condannato Ousmane Sonko, al posto del quale Faye è stato candidato e che è adesso stato nominato primo ministro nel nuovo governo – promuove dal 2014, molto prima dei colpi di Stato». Su questa linea, anche la partecipazione alla cerimonia di giuramento di alcuni vertici delle giunte golpiste viene letto come un tentativo di dimostrare solidarietà ai Paesi vicini, più che come un gesto politico. Se il Senegal «non entrerà a far parte dell’Alleanza dei Paesi del Sahel», la comunanza linguistica e comunitaria che lo lega a Paesi limitrofi – dal Gambia al Mali – sarà alla base della politica di cooperazione e solidarietà che Dakar intende portare avanti a livello regionale. Si tratta di un argomento da applicare anche alla Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao), organismo ritenuto troppo filo-francese: «I cittadini non devono confondere l’organismo e i capi di Stato, è sicuramente possibile riformarne il funzionamento e migliorare la cooperazione».