GAZA, ISRAELE NON SI FERMA CARRI ARMATI NEL CENTRO DI RAFAH

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 29/05/2024

La zona è un punto di riferimento fondamentale in quanto ospita importanti banche e istituzioni

La città palestinese di Rafah è ancora teatro di intense operazioni militari portate avanti dalle Forze di difesa di Israele (Idf) contro il movimento islamista Hamas, trincerato nella rete di tunnel scavati nell’estremo sud della Striscia di Gaza, mentre le aspettative per un cessate il fuoco appaiono remote. I carri armati israeliani hanno preso il controllo della rotonda di Al Awda nel centro di Rafah, nell’area meridionale della Striscia di Gaza. Secondo l’emittente televisiva britannica “Bbc”, la zona è un punto di riferimento fondamentale in quanto ospita importanti banche, istituzioni governative, aziende e negozi. La presa di controllo della rotatoria da parte dell’esercito israeliano, situata a mezzo chilometro dal confine palestinese-egiziano sul lato sud, è stata segnata da intensi bombardamenti di artiglieria. Secondo la stessa “Bbc”, un testimone che si è rifugiato con i suoi familiari presso un ospedale nella zona ovest della città ha affermato che i militari israeliani si sono posizionati in cima a un edificio che domina la piazza e hanno iniziato a sparare contro qualsiasi movimento nella zona.

La popolazione civile, intanto, è sempre più terrorizzata dopo l’attacco aereo di domenica scorsa che ha colpito una tendopoli nel quartiere di Al Sultan, nella zona occidentale di Rafah. Secondo le autorità palestinesi, almeno 45 persone sono morte nell’attacco, mentre i principali canali palestinesi hanno pubblicato un elenco di 25 nomi. Le Idf hanno affermato che il raid aveva come obiettivo due importanti membri del movimento islamista palestinese Hamas. Nelle ore successive al raid, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva parlato di un “tragico errore”. Ieri, il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, citando i risultati preliminari delle indagini, ha affermato che il vasto incendio divampato nella tendopoli a seguito dell’attacco non sarebbe stato causato dalle munizioni lanciate dalle forze dello Stato ebraico, ma da “esplosioni secondarie”. “Abbiamo eliminato alcuni terroristi con un attacco mirato in un complesso utilizzato da Hamas a Rafah. Il raid si basava su informazioni precise che indicavano che questi terroristi, responsabili dell’organizzazione e dell’esecuzione di attacchi contro gli israeliani, si incontravano all’interno della struttura che abbiamo preso di mira”, ha spiegato il portavoce delle Idf. “Purtroppo, a causa di circostanze impreviste, è scoppiato un incendio che ha causato la morte dei civili nelle vicinanze. Nonostante i nostri sforzi per ridurre al minimo i danni civili, l’incendio è divampato in modo inaspettato e non intenzionale”, ha poi affermato Hagari.

Mostrando le immagini del sito colpito, il portavoce delle Idf ha sottolineato che il raid “ha preso di mira una struttura chiusa lontana dalla zona della tendopoli”. “Contrariamente a quanto riportato, abbiamo condotto l’attacco al di fuori dell’area designata come umanitaria”, ha quindi spiegato Hagari. Inoltre, ha aggiunto il portavoce israeliano, nell’attacco sono state utilizzate “due munizioni con piccole testate, con 17 chilogrammi di materiale esplosivo”. Si tratta delle “munizioni più piccole che i nostri caccia possono utilizzare”, ha osservato Hagari, sottolineando che “da sole non avrebbero potuto innescare un incendio di quella portata”. “Stiamo esaminando tutte le possibilità, inclusa quella secondo cui armi immagazzinate da Hamas in un complesso vicino al nostro obiettivo, di cui non eravamo a conoscenza, potrebbero essersi incendiate a seguito dell’attacco”, ha affermato il portavoce delle Idf, evidenziando che i “filmati dei palestinesi sembrano mostrare esplosioni secondarie”. Ieri, i funzionari sanitari dell’enclave palestinese hanno riferito che almeno 21 persone sarebbero morte in un nuovo raid delle Forze di difesa di Israele che ha colpito la città di Rafah. Da parte sua, Hagari, ha detto “di non avere informazioni” sulle notizie relative al presunto raid israeliano.

È intanto salito ad almeno 36.096 morti e 81.136 feriti il bilancio dall’inizio delle operazioni militari israeliane a Gaza, avviate il 7 ottobre 2023 in seguito all’attacco di Hamas contro lo Stato ebraico. A sua volta, l’operazione “Tempesta al Aqsa” del movimento palestinese ha provocato la morte di oltre 1.170 persone in Israele e il rapimento di oltre 240 ostaggi. I dati forniti quotidianamente da Hamas non possono essere verificati in maniera indipendente e includono sia vittime civili che membri del movimento islamista. Secondo le Idf, almeno 286 militari israeliani hanno perso la vita da quando è iniziata l’operazione di terra nella Striscia di Gaza. Dallo scorso 6 maggio, le Idf hanno lanciato un’operazione “circoscritta” sulla città di Rafah, spingendo circa un milione di persone a fuggire, secondo quanto ha riferito l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’occupazione e il soccorso dei rifugiati palestinesi (Unrwa). Venerdì scorso, la Corte internazionale di giustizia con sede all’Aia, interpellata dal Sudafrica, ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva militare su Rafah.

Spagna, Irlanda e Norvegia, nel frattempo, hanno riconosciuto lo Stato di Palestina. Israele ha condannato la decisione definendola “un premio” per Hamas in più di sette mesi di guerra e una mossa “unilaterale”. “Spagna, Norvegia e Irlanda hanno scelto di cooperare con i terroristi della Nukhba e di alimentare il mostro del terrore”, ha detto il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz al commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato, Oliver Varhelyi, secondo quanto riferito dal quotidiano “Times of Israel”. Per “Nukhba” il capo della diplomazia israeliana fa riferimento alle forze speciali delle Brigate Al Qassam, l’ala militare di Hamas. Varhelyi da parte sua, ha affermato che non sosterrà mai un cessate il fuoco a Gaza che non includa il rilascio incondizionato degli ostaggi e che Hamas non deve rimanere nella Striscia. L’Unione europea, tuttavia, si è mostrata divisa su questo tema.

Secondo l’ambasciatore di Israele in Italia, Alon Bar, il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Irlanda, Norvegia e Spagna “non porterà nella direzione auspicata” di una pace tra israeliani e palestinesi. “E’ molto difficile immaginare un futuro pacifico dopo tanto odio da entrambe le parti. Ma nella storia abbiamo visto casi in cui l’odio si è trasformato in volontà di convivere. Dobbiamo arrivare a un riconoscimento reciproco, ma da parte palestinese e araba deve esserci la volontà che Israele continuerà a esistere. Con questa base potremo costruire un futuro per entrambi i nostri popoli”, ha detto Bar parlando a “Rai news 24”.“Non basta volere uno Stato palestinese, servono una serie di altre cose come la garanzia della sicurezza per la Israele e la rimozione delle minacce alla sua sicurezza. Non è impossibile, ma riconoscere oggi uno Stato palestinese, quando Gaza è ancora controllata da Hamas, non porterà risultati”, ha aggiunto Bar.

Intanto, in Egitto, centinaia di persone hanno partecipato ai funerali del militare egiziano Abdullah Ramadan, morto durante uno scontro a fuoco con le Forze di difesa di Israele (Idf) al valico di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. La cerimonia funebre si è svolta nella città natale del militare, Fayoum, a sud del Cairo. Secondo una fonte di sicurezza citata dall’emittente egiziana “Al Qahera News”, è stata istituita una commissione d’inchiesta per fare luce sulla dinamica dell’accaduto e per determinare le responsabilità. Secondo la stessa fonte, l’incidente potrebbe avere delle ripercussioni sulle operazioni militari israeliane nell’asse di confine (il cosiddetto corridoio di Filadelfia, chiamato in arabo Salah al Din) tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. La fonte ha inoltre affermato che le indagini preliminari indicano che c’è stata una sparatoria tra militari israeliani e miliziani palestinesi, in cui le forze egiziane sono intervenute rispondendo al fuoco.