Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/06/2024
Intanto proseguono le operazioni delle Forze di difesa israeliane. Ieri 22 morti nei bombardamenti
Proseguono le operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza, dove, secondo fonti mediche palestinesi, ieri sono morte 22 persone nei bombardamenti israeliani. Tra i morti anche un miliziano della Jihad islamica palestinese esperto nel pilotare i droni da remoto, Muhammad Abu Taha, ucciso nel bombardamento di una postazione di lancio del movimento islamista a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Nel corso delle ultime operazioni, sono stati uccisi anche due militari israeliani. Dopo 259 giorni di conflitto, non si intravede la possibilità di un accordo per cessare il fuoco e liberare gli ostaggi. Preoccupa anche l’aspetto umanitario, aggravato dall’arrivo del caldo. Ieri l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha avvertito che il caldo torrido nella Striscia di Gaza potrebbe esacerbare i problemi di salute dei palestinesi sfollati.
Da parte sua, il Programma alimentare mondiale ha avvertito che a Gaza incombe una massiccia crisi di salute pubblica a causa della mancanza di acqua potabile, cibo e forniture mediche. “Abbiamo visto massicci spostamenti nelle ultime settimane e mesi e sappiamo che la combinazione e il caldo possono causare un aumento delle malattie”, ha detto Richard Peeperkorn, rappresentante dell’Oms per Gaza e la Cisgiordania. Intanto, è stato ripristinato il molo temporaneo costruito dagli Stati Uniti al largo delle coste della Striscia di Gaza per consegnare aiuti umanitari ai palestinesi. Il molo era stato spostato in un porto israeliano come misura preventiva per evitare l’alta marea. La giornata di ieri è stata contraddistinta anche dal riconoscimento da parte dell’Armenia dello Stato palestinese.
Il riconoscimento dello Stato palestinese da parte dell’Armenia “è un ulteriore e importante passo sulla via della creazione di un sistema internazionale che riconosce i diritti e le aspirazioni del nostro popolo”, ha affermato il movimento islamista palestinese Hamas in una nota citata dalla stampa araba, in cui accoglie “con favore” la decisione annunciata oggi da Erevan. “Rinnoviamo il nostro appello a tutti i paesi del mondo affinché compiano passi simili, in modo da sostenere la lotta del nostro popolo contro l’occupazione e isolare l’entità criminale sionista (Israele) che continua a commettere i crimini di genocidio e pulizia etnica”, ha aggiunto Hamas. Plauso per la decisione dell’Armenia anche dall’Autorità nazionale palestinese.
Da parte sua, il ministero degli Esteri di Israele ha convocato l’ambasciatore d’Armenia per un “severo rimprovero” in seguito all’annuncio del Paese che riconoscerà lo Stato di Palestina. L’Armenia è l’ultimo Paese a fare un simile annuncio dall’inizio della guerra di Israele contro Hamas in seguito all’attacco del gruppo palestinese del 7 ottobre – dopo Slovenia, Irlanda, Spagna e Norvegia. Per quanto concerne lo scenario post bellico a Gaza, il primo ministro d’Israele, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che dopo la fine della guerra la Striscia di Gaza dovrebbe essere gestita da “un’amministrazione civile” con “un sostegno interarabo”. In un’intervista al sito di notizie statunitense “Punchbowl”, Netanyahu ha sottolineato la necessità di “una smilitarizzazione duratura” della Striscia che, a suo dire, “può essere realizzata solo da Israele contro qualsiasi sforzo terroristico risorgente”.
Inoltre, secondo il premier israeliano, ci dovrebbe essere “un’amministrazione civile che non gestisca soltanto la distribuzione degli aiuti umanitari”. “Questo deve essere fatto, e penso che sia meglio farlo, con un sostegno interarabo e l’assistenza dei paesi arabi”, ha detto Netanyahu. Infine, il primo ministro ha evidenziato la necessità di “una sorta di processo di deradicalizzazione” per insegnare ai palestinesi come avere “un futuro diverso da quello dell’annientamento di Israele e dell’uccisione di tutti gli ebrei del pianeta”, nonché uno sforzo di ricostruzione guidato dalla comunità internazionale. Non è chiaro se l’Autorità nazionale palestinese accetterà di essere estromessa dalla futura gestione dell’amministrazione a Gaza.
In un’intervista all’emittente panaraba “Al Arabiya”, il segretario del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), Hussein al Sheikh, ha detto che l’Olp deve tornare a Gaza, altrimenti ci sarà una guerra civile. Gli Usa e Israele hanno proposto all’Olp di gestire il valico di Rafah, nel sud della Striscia, ma “riprendere il controllo del valico dovrebbe essere fatto in coordinamento con Hamas”, ha aggiunto Al Sheikh. Sul fronte settentrionale, gli attacchi dei miliziani del movimento sciita libanese Hezbollah nel nord di Israele non accennano a diminuire. Analisti del dipartimento della Difesa Usa temono che i sistemi Iron Dome, fulcro della difesa aerea israeliana contro gli attacchi di razzi e missili, possano essere saturati e neutralizzati nell’eventualità di un conflitto aperto tra lo Stato ebraico e Hezbollah, stando a quanto riferisce l’emittente televisiva statunitense “Cnn”, che cita “tre funzionari statunitensi” anonimi.
Il Pentagono, che avrebbe già condiviso i propri timori con le autorità israeliane, teme che l’Iron Dome, e più in generale l’apparato di difesa aerea nel nord di Israele, sia vulnerabile al vasto e variegato arsenale di razzi, missili e droni a disposizione di Hezbollah. La prospettiva di un conflitto su larga scala tra Israele e il Libano appare sempre più concreta, e lo Stato ebraico avrebbe già comunicato a Washington l’avvio di preparativi per una campagna militare aerea e terrestre oltre il confine con il Libano. Se tale scenario dovesse realizzarsi, “stimiamo che almeno alcune” delle batterie antiaeree Iron Dome “verrebbero sopraffatte”, ha dichiarato alla “Cnn” un alto funzionario anonimo dell’amministrazione presidenziale Usa.
Hezbollah avrebbe accumulato armi di precisione proprio al fine di soverchiare l’avanzato apparato di difesa aerea israeliano, e già all’inizio di giugno il gruppo libanese ha diffuso video che sembrano mostrare un attacco di successo contro una batteria Iron Dome presso una base militare nel nord-est di Israele. Si tratta – sottolinea la “Cnn” – del primo caso documentato di un attacco di successo contro l’avanzato sistema di difesa aerea, anche se le Forze di difesa israeliane hanno rifiutato di confermarne il danneggiamento.