GAZA, PROSEGUE L’OPERAZIONE DI ISRAELE ANCORA STALLO PER LIBERAZIONE OSTAGGI

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/06/2024

I negoziatori non avrebbero ancora ricevuto “approvazioni concrete”di Hamas e Israele sulla proposta di accordo avanzata dagli Usa

Prosegue lo stallo riguardo alla ripresa dei negoziati indiretti tra i funzionari israeliani e i rappresentanti del movimento islamista palestinese Hamas, mediati da Egitto, Stati Uniti e Qatare anche se si sono susseguite indiscrezioni sull’imminente arrivo delle delegazioni al Cairo, nulla è stato confermato. Quel che, invece, è certo riguarda la posizione di Hamas. “Non è Hamas a ostacolare l’accordo”, ha dichiarato Sami Abu Zuhri, un esponente di spicco del movimento islamista. Da parte sua, inoltre, il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al Ansari, ha fatto sapere che i negoziatori non hanno ancora ricevuto “approvazioni concrete” da parte di Hamas e Israele in merito alla proposta di accordo di scambio di prigionieri e di un cessate il fuoco avanzata dall’amministrazione statunitense. “Abbiamo già visto dichiarazioni di ministri israeliani che non ci danno molta fiducia sul fatto che in Israele ci sia una posizione unificata in merito alla proposta attualmente in discussione”, ha dichiarato il portavoce, aggiungendo tuttavia che “possiamo vedere che c’è uno slancio positivo da entrambe le parti”.

Secondo Al Ansari il governo israeliano si sta riunendo per discutere della proposta di tregua. “Dobbiamo, come comunità internazionale, fare pressione su entrambe le parti affinché accettino le proposte sul campo e mettano fine a questa situazione immediatamente, cosa che accadrebbe solo se tutti noi lavorassimo insieme per assicurarci che entrambe le parti capiscano che devono trovare un accordo subito”, ha dichiarato il funzionario. “Nessuno può avere una vittoria totale su questa guerra”, ha proseguito Al Ansari, aggiungendo: “Penso che sia molto chiaro alla comunità internazionale che la pretesa di eliminare Hamas o di mettere da parte la questione palestinese produrrà solo più violenza, e che è irraggiungibile”. Secondo il portavoce, non ci sono “altre opzioni sul campo” per porre fine alla guerra se non quella di sedersi al tavolo dei negoziati e raggiungere un accordo. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno smentito le notizie circolate in precedenza sulla presunta morte di circa un terzo degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza.

“Nelle ultime ore circolano voci sui rapiti che non corrispondono al vero. Ascoltate solo gli annunci delle autorità ufficiali ed evitate di diffondere false voci che danneggiano le famiglie e il pubblico”, si legge sul profilo X delle Idf. In precedenza, il quotidiano israeliano “Jerusalem Post”, citando un conteggio del governo, aveva riferito che più di un terzo dei rimanenti ostaggi nella Striscia di Gaza fossero morti.

In Israele, la proposta per la liberazione degli ostaggi sta provocando uno scontro interno alla maggioranza di governo. Il partito ultraortodosso israeliano Shas – parte della maggioranza – sosterrà la proposta del governo di Benjamin Netanyahu per il rilascio degli ostaggi, rapiti il 7 ottobre 2023 dai movimenti islamisti e portati nella Striscia di Gaza. In una nota del partito Shas, guidato da Aryeh Deri, si legge: “Nella riunione di ieri è stata discussa la proposta israeliana per l’accordo sui rapiti.

Alla fine, il partito ha deciso di sostenere pienamente la proposta israeliana, che contempla misure di vasta portata per il ritorno degli ostaggi”. “Shas sostiene la proposta e sostiene il primo ministro e il gabinetto di guerra per far fronte a tutte le pressioni volte a raggiungere un accordo e salvare la vita a molti dei nostri fratelli e sorelle che sono in difficoltà e in ostaggio”, continua la nota.

Lunedì, anche Yitzhak Goldknopf, presidente di Giudaismo della Torah unita, altro partito di maggioranza, ha annunciato che il partito “sosterrà qualsiasi proposta che porti al rilascio dei rapiti”. Al contrario, gli altri due partiti dell’estrema destra anch’essi parte della maggioranza, Otzama Yehudit, di Itamar Ben-Gvir, e Sionismo religioso, guidato da Bezalel Smotrich, hanno minacciato di far cadere il governo se l’esecutivo adotterà il piano per il rilascio degli ostaggi. Sul piano operativo, proseguono le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza, dove i militari hanno scoperto diversi siti di Hamas.

Operazioni anti-terrorismo si sono svolte anche in Cisgiordania. Al riguardo, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha chiesto di porre fine all’ondata di violenza in Cisgiordania, affermando che è “inconcepibile” che più di 500 palestinesi siano stati uccisi dal 7 ottobre. In una nota, Turk ha aggiunto: “Come se non bastassero i tragici eventi degli ultimi otto mesi in Israele e poi a Gaza, anche la popolazione della Cisgiordania occupata è sottoposta giorno dopo giorno a uno spargimento di sangue senza precedenti. È inconcepibile che siano state tolte così tante vite in modo così sconsiderato”.

Sul fronte settentrionale, fonti diplomatiche hanno riferito al quotidiano libanese “Al Akhabar”, vicino al movimento sciita Hezbollah, che Israele potrebbe attaccare la capitale Beirut nei prossimi giorni. “Al Akhbar” ha appreso che il presidente del Parlamento libanese Nabih Berri, ha avuto un colloquio telefonico con l’inviato e mediatore degli Stati Uniti per il Libano, Amos Hochstein, prima che il presidente statunitense Joe Biden annunciasse la proposta di tregua tra Hamas e Israele. Secondo il quotidiano, il funzionario Usa ha sottolineato che Washington “insiste sul completamento dei negoziati per raggiungere una soluzione sul fronte meridionale e una tregua a Gaza, e quando questo accadrà, inizieremo a negoziare sui punti contesi tra Libano e Israele”.

Tuttavia Hochstein non avrebbe menzionato la proposta durante il colloquio con Berri. Inoltre, i funzionari arabi coinvolti nei negoziati hanno riferito che secondo i negoziatori israeliani “Hezbollah sta esercitando una pressione molto forte sul fronte settentrionale e sia dall’esercito che a livello politico arrivano molte richieste di un’azione di deterrenza contro il Libano”.

Ma non si è fatta attendere la risposta di Hezbollah. Il vice segretario generale del partito sciita libanese filo-iraniano, Naim Qassem, ha dichiarato all’emittente qatariota “Al Jazeera” che se Israele vuole scatenare una guerra su larga scala, Hezbollah è pronto a reagire. “Qualsiasi estensione (da parte) israeliana della guerra contro il Libano provocherà devastazione, distruzione e sfollamento in Israele”, ha proseguito. Hezbollah, ha aggiunto Qassem, “è pronto a combattere e non permetterà a Israele di ottenere alcuna vittoria”.