GAZA, TAJANI A RIAD: «LIBERARE GLI OSTAGGI E AIUTARE I CIVILI»

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia 30/04/2024

Alla prima riunione internazionale dopo il G7 di Capri il ministro degli Esteri italiano ribadisce gli obiettivi prefissati

Il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, si è recato ieri a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita, per partecipare a un incontro incentrato sul futuro della Striscia di Gaza. Si tratta della prima riunione internazionale dopo il G7 di Capri, dove la questione del Medio Oriente era stata al centro del dibattito. Con il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, il ministro degli Esteri del Regno Unito, David Cameron, i ministri occidentali e i ministri degli Esteri dei paesi arabi, l’Italia sta lavorando per convincere il movimento islamista palestinese Hamas ad “accettare la proposta di tregua di Israele per arrivare a una soluzione della crisi di Gaza”, ha detto Tajani, sottolineando: “Il nostro obiettivo è quello di liberare gli ostaggi, aiutare la popolazione civile e finalmente preparare la strada per avere due popoli e due stati”.

A Riad, il ministro Tajani incontrerà diversi omologhi internazionali e della regione mediorientale. Secondo fonti della Farnesina “gli incontri hanno lo scopo di affiancare e armonizzare gli sforzi degli Stati Uniti e dei Paesi arabi in prima linea per evitare una nuova fase di guerra a Gaza e per attivare già da adesso tutti i meccanismi per la distribuzione degli aiuti e la riabilitazione di Gaza non appena le autorità israeliane permetteranno un ingresso massiccio dei convogli”. L’incontro mira a rafforzare il coordinamento per raffreddare la tensione tra Israele e Iran e scongiurare l’ulteriore aggravamento della crisi a Gaza. Tajani condividerà con i ministri arabi ed europei i risultati della riunione G7 di Capri e avrà con i colleghi europei diversi momenti di confronto, così come con gli altri colleghi della regione, tra cui i ministri di Qatar, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania. A Riad è presente oggi anche il segretario di Stato statunitense Antony Blinken, che poi proseguirà con un nuovo viaggio nella regione per scongiurare la possibilità di una nuova escalation militare fra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas.

La riunione nella capitale saudita, peraltro, si svolge a pochi giorni dal Consiglio Affari esteri dello scorso 22 aprile durante il quale Tajani aveva condiviso gli esiti della riunione del G7 di Capri con il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, e con il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. Il ministro Tajani presenterà anche le ultime valutazioni del tavolo di coordinamento romano di “Food for Gaza”, l’iniziativa che il governo italiano ha attivato con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, il Programma alimentare mondiale e la Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa. Per Tajani “lo scopo è premere per un cessate il fuoco immediato, per il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e per far entrare al più presto, massicciamente, gli aiuti per la popolazione civile di Gaza. L’emergenza è insostenibile, va affrontata immediatamente”. Le varie riunioni che si terranno a Riad saranno anche decisive per rilanciare il processo politico che fin d’ora deve essere costruito per far avanzare una soluzione diplomatica nel segno della formula “due popoli, due Stati”.

L’incontro internazionale a Riad si svolge in un contesto di instabilità che, oltre Gaza, rischia ancora di coinvolgere altri attori internazionali. Dopo l’attacco missilistico iraniano del 13 aprile contro Israele – definito da Teheran come una risposta limitata rispetto all’attacco al suo consolato a Damasco per evitare un’escalation –, la risposta israeliana del 19 aprile ha esposto la vulnerabilità degli asset strategici iraniani, inclusi quelli nucleari, e ristabilito un clima di deterrenza. Anche l’azione israeliana è stata circoscritta, un fatto che ha consentito a Teheran di minimizzare l’accaduto e ha evitato una potenziale escalation regionale. Dai Paesi arabi è emersa, comunque, unanime preoccupazione, accompagnata dal richiamo agli attori coinvolti alla moderazione e alla deescalation. Nel frattempo si è svolta la ministeriale Esteri del G7 a Capri che ha dato forte impulso al rafforzamento della pressione sanzionatoria sull’Iran, mentre in ambito europeo si lavora all’estensione dei provvedimenti sul trasferimento di droni alla Russia, così come alla produzione di missili e al loro utilizzo per destabilizzare la regione.

I negoziati su Gaza restano, invece, in fase di stallo mentre il governo di Israele sembra intenzionato a procedere – in tempi ancora da stabilire – con l’operazione di terra a Rafah. D’altronde il Paese ebraico ha avviato una fitta interlocuzione con l’Egitto per la predisposizione di aree sicure, l’acquisto di diverse decine di migliaia di tende e il trasferimento a Gaza di due brigate delle Forze di difesa israeliane (Idf), pari a circa 6 mila unità: tutti elementi che sembrano confermare come le fasi preparatorie dell’intervento militare vero e proprio a Rafah siano già iniziate. Sviluppi limitati giungono sul fronte dell’accesso umanitario, anche se Israele rivendica di aver favorito un maggiore afflusso di aiuti nella Striscia. Tuttavia, permangono delle criticità relative alla distribuzione degli aiuti a Gaza e alle condizioni di sicurezza degli operatori umanitari. In questo contesto si inserisce anche il confronto fra le Idf e i miliziani sciiti libanesi Hezbollah: i militari israeliani, infatti, stanno compiendo azioni preventive sempre più frequenti e in profondità in territorio libanese.

La scelta di tenere la riunione a Riad conferma il grande attivismo dell’Arabia Saudita in relazione al dossier, soprattutto dopo che il Qatar starebbe rivalutando il proprio ruolo nella mediazione per la liberazione degli ostaggi, a seguito di aspre critiche giunte dal Congresso degli Stati Uniti per l’asserito tentativo di utilizzare i colloqui a Doha per ottenere delle concessioni da Israele. Sulla questione del “futuro di Gaza” al momento vi sono posizioni decisamente distanti: in Israele prevale una prospettiva di breve periodo guidata dall’emergenza contingente, nonostante la spinta di alcuni settori della società civile per una strategia complessiva. L’attivismo di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Qatar e Autorità nazionale palestinese (Anp), sotto la spinta di Riad, ha messo in luce due nodi fondamentali, difficilmente affrontabili a conflitto in corso: il pieno riconoscimento internazionale dello Stato palestinese; la gestione della sicurezza di Gaza, in cui resta ancora da capire se una forza di interposizione internazionale, a guida araba, possa in qualche modo assicurare una transizione pacifica.

In relazione al riconoscimento dello Stato palestinese, dopo che è stata rigettata a causa del veto degli Stati Uniti la risoluzione algerina sull’ammissione all’Onu quale Paese membro a pieno titolo, la questione sarà calendarizzata in Assemblea generale in data da definire. In questo contesto, Riad vuole riunire anche i Paesi occidentali orientati a esprimere un voto favorevole sulla questione (Francia, Spagna, Irlanda, Norvegia, Belgio, Slovenia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Lussemburgo e Andorra). Su questo fronte, l’Italia ritiene che il riconoscimento dello Stato di Palestina debba arrivare dopo un negoziato con Israele sostenuto dalla comunità internazionale. Di certo c’è che all’interno dell’Unione europea le posizioni sono distanti, tanto che alcuni Stati membri hanno ipotizzato di raggiungere un consenso a 27 sull’ammissione all’Onu senza prima procedere al riconoscimento dell’entità statale palestinese. Nel corso dell’incontro dello scorso 22 aprile, il ministro saudita Bin Farhan aveva esplicitato a Tajani che Riad vorrebbe promuovere prima l’ammissione della Palestina alle istituzioni finanziarie collegate all’Onu, come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, per avviare così un percorso progressivo verso il pieno riconoscimento.