Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/05/2024
Un migliaio di combattenti mercenari, la maggior parte di nazionalità siriana, sono stati dispiegati in Niger negli ultimi 12 mesi con l’obiettivo di proteggere gli interessi e i progetti turchi nel Paese del Sahel. Lo confermano ieri fonti citate dall’emittente francofona “Rfi”, nonostante le smentite del ministero degli Esteri di Ankara. Secondo le fonti, si tratta di combattenti membri della compagnia militare privata turca Sadat, che vengono impiegati nelle miniere gestite da compagnie turche nella regione di Tillabery, nel sud-ovest del Paese, e garantiscono anche la sicurezza di numerosi progetti di costruzione stradale. A dare per primo la notizia era stato la scorsa settimana l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, che aveva riferito che il reclutamento di combattenti siriani da inviare in Niger è in corso da diversi mesi.
“Abbiamo confermato che circa 1.100 combattenti siriani sono già stati schierati in Niger dal settembre dello scorso anno”, ha affermato all’emittente “Voice of America” Rami Abdulrahman, direttore dell’Osservatorio siriano, secondo il quale cittadini siriani vengono reclutati da aree sotto il controllo della Turchia e da gruppi armati siriani sostenuti dalla Turchia nel nordovest della Siria. Anche l’organizzazione non governativa Siriani per la verità e la giustizia (Stj), un gruppo per i diritti umani con sede in Francia, ha affermato di aver documentato tali reclutamenti. “Questi combattenti siriani vengono trasportati dalla Siria alla Turchia e quindi, utilizzando gli aeroporti turchi, vengono inviati (in Niger) da aerei militari turchi”, ha detto a “Voa” Bassam Alahmad, direttore esecutivo di Stj.
In passato la Turchia ha schierato combattenti siriani in altre zone di conflitto, tra cui Azerbaigian e Libia, attraverso la Sadat International Defense Consultancy, una compagnia militare privata che, secondo quanto riferito, ha stretti legami con il governo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. L’Osservatorio siriano ha affermato che i mercenari siriani, sostenuti dalla Turchia, sono stati di stanza nell’area di confine tra Niger, Mali e Burkina Faso e riceverebbero fino a 30 mila dollari di stipendio mensile, mentre per coloro che vengono uccisi le loro famiglie riceverebbero fino a 60mila dollari. Dopo il colpo di Stato dello scorso 26 luglio, che ha portato all’estromissione del presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, il Niger – così come altri Paesi del Sahel – è scivolato verso l’orbita russa, rompendo i legami militari con la Francia e, da ultimo, con gli Stati Uniti, le cui truppe dovrebbero completare il loro ritiro entro il prossimo 15 settembre. Fondata nel 2012 dall’ex generale di brigata delle Forze armate turche Adnan Tanrverdi, la società Sadat viene considerata come l’arma segreta di Ankara nelle guerre in Nord Africa e Medio Oriente.
La compagnia è stata ampiamente dispiegata soprattutto in Libia, dove ha inviato migliaia di combattenti per sostenere il governo di Tripoli. Secondo numerosi osservatori, inoltre, Ankara avrebbe anche inviato combattenti siriani per sostenere l’Azerbaigian nel suo conflitto contro l’Armenia nel Nagorno-Karabakh. Dal 2013, scrive l’Istituto analisi relazioni internazionali (Iari), la Sadat è stata al centro degli accordi di sicurezza firmati dalla Turchia con circa 35 Paesi africani, fornendo mezzi, equipaggiamento e soprattutto addestratori e tecnici. La forza è presente soprattutto nella regione del Sahel – di cui fa parte, appunto, il Niger – e in Somalia.
L’obiettivo di Ankara, del resto, è quello di ritagliarsi una cospicua fetta di sfera d’influenza in Africa, nell’ambito della politica d’espansione neo-ottomana pereseguita dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Una strategia che prevede la diversificazione delle relazioni politiche, economiche e commerciali con i Paesi africani, attraverso la promozione del commercio e degli investimenti diretti, la fornitura di assistenza tecnica, il trasferimento di tecnologia e la condivisione di conoscenze ed esperienze. Attraverso una solida rete diplomatica e floridi scambi commerciali, la Turchia si è così proposta, più di recente, come un attore affidabile anche nel contesto di difesa e sicurezza, proponendo armamenti tecnologicamente avanzati e ad un prezzo accessibile – specialmente droni Bayraktar – a diversi Paesi africani.