Libia, Haftar alza la voce e minaccia : pazienza finita, pronti a gesti coraggiosi

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 16/03/2024

Il generale lancia un nuovo ultimatum e alza i toni dello scontro politico nella Libia divisa tra i governi rivali di Tripoli e Bengasi

Il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Enl) con sede in Cirenaica, lancia un nuovo ultimatum e alza i toni dello scontro politico nella Libia divisa tra i governi rivali di Tripoli e Bengasi. In un discorso tenuto durante le esercitazioni militari “Dignity Shield 2024” tenute nella città di Sirte, il “feldmaresciallo” libico (il massimo rango militare, equivalente a un generale a cinque stelle) ha detto che al processo politico avviato dalle Nazioni Unite “sono state date più opportunità del dovuto, senza che all’orizzonte appaiano segnali di soluzioni consensuali che si concludano con un giusto accordo di pace e si muovano verso il raggiungimento della stabilità politica”.

Secondo Haftar, “il margine per concedere opportunità si è drasticamente ridotto”, dichiarandosi pronto a prendere “decisioni coraggiose per contrastare chiunque interferisca con il destino della nazione”, senza dover “chiedere il permesso a nessuno”. Haftar, 80 anni, ha detto che “l’esercito libico”, che “era esposto al pericolo di annientamento”, adesso ha “riacquistato la vita”.

Secondo il comandante dell’Enl – che nell’aprile del 2019 ha tentato di conquistare Tripoli con la forza, causando un conflitto civile concluso con il cessate il fuoco nel novembre del 2020 – “i paesi civilizzati non costruiscono i loro eserciti per conquistare altri eserciti, né per saccheggiare le risorse, praticare l’oppressione, la tirannia, l’ingiustizia e la persecuzione, ma piuttosto per fortificarsi, proteggere i confini e rafforzare la sovranità”.

Ex oppositore di Gheddafi vissuto per 20 anni negli Stati Uniti, il generale Haftar ha pronunciato un discorso dai toni molto politici. “Assicuriamo a tutti i libici una verità che nessun muftì potrà distorcere: l’esercito nazionale è l’esercito di tutto il popolo libico, che non fa distinzioni tra una città e l’altra o una tribù e l’altra”.

L’uomo forte della Cirenaica ha detto che l’esercito “è al servizio del popolo” ed è “pronto in ogni momento a prendere le misure necessarie, senza il permesso di nessuno, per garantire la sicurezza della nazione e preservare la stabilità del paese”. Le esercitazioni “Dignity Shield 2024” hanno visto operazioni militari lungo le coste marittime di Sirte, comprendenti: ricognizioni navali con l’impiego di motovedette; sbarco per raggiungere specifiche spiagge designate; e avanzata verso i punti di presenza del “nemico” per impegnarlo contemporaneamente a raid aerei su obiettivi designati. Manovre in apparenza offensive ma che secondo Haftar rientrano nel “complemento dei preparativi di difesa per prepararsi a qualsiasi emergenza che minacci la sicurezza e la stabilità della Libia dall’interno e dall’esterno”.

Secondo il leader libico della Cirenaica, che si avvale dei mercenari dell’ex gruppo russo Wagner (ora contrattualizzato con il ministero della Difesa di Mosca), “tutte le forze straniere e i mercenari dovrebbero lasciare le nostre terre senza procrastinazione o condizioni. Se il mondo desidera la pace in Libia, uno dei suoi doveri è quello di porre queste legittime richieste in cima alle sue priorità e imporle con ogni mezzo, prima che si sviluppino eventi e ripercussioni che destabilizzeranno l’intera regione”. Secondo il generale Haftar, “la sicurezza della Libia dipende dai passi avanti nel percorso politico, ma alcune parti coinvolte creano deliberatamente ostacoli e fragili argomentazioni in modo da lasciare la situazione immutata e preservare i propri guadagni”.

Poi, l’affondo: “Diamo una lieta novella agli ostruzionisti: non ce la farete. Il margine per concedere opportunità si è ristretto, la pazienza è sul punto di esaurirsi. Dovete riconsiderare i vostri calcoli prima che gli eventi vi sorprendano”, ha concluso il comandante dell’Enl. Le ultime elezioni in Libia si sono svolte nel 2014 e hanno portato allo scoppio di un conflitto civile, terminato poi con il cessate il fuoco del novembre 2020.

La Libia di oggi è amministrata da due coalizioni politico-militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il cosiddetto Governo di stabilità nazionale guidato da Osama Hammad, primo ministro designato dalla Camera dei rappresentanti, di fatto un esecutivo parallelo con sede a Bengasi manovrato dal generale Haftar.

Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu aveva lanciato, il 27 febbraio del 2023, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro l’anno scorso. Tale piano, però, è fallito e sono ora in corso difficili consultazioni politiche per insediare un nuovo governo tecnico e organizzare le elezioni nel 2024.

Secondo la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), gli ostacoli da superare per tornare al voto sono almeno quattro: primo, la previsione di un secondo turno obbligatorio per le elezioni presidenziali, anche se il vincitore del primo turno ottenesse il 50 per cento più uno dei voti; secondo, la disposizione collega le elezioni presidenziali e parlamentari, subordinando le elezioni della futura dell’Assemblea nazionale (il nuovo foro legislativo) al successo delle presidenziali; terzo, la questione di un governo unitario per portare il Paese alle elezioni e chiudere il capitolo dei governi ad interim; quarto, la necessità della piena inclusione dei libici, comprese le donne e tutte le componenti culturali.

Per superare le divisioni, il capo dell’Unsmil e rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu in Libia, Abdoulaye Bathily, sta portando avanti un’iniziativa rivolta ai cinque principali soggetti istituzionali libici – il Consiglio presidenziale, la Camera dei rappresentanti, l’Alto consiglio di Stato, il Governo di unità nazionale (Gun, l’esecutivo riconosciuto dall’Onu basato a Tripoli) e il Comando generale dell’Esercito nazionale libico. Questi cinque attori dovrebbero nominare tre rappresentanti che dovranno sedere allo stesso tavolo per trovare un compresso accordo sulle cosiddette “questioni irrisolte”. Ad oggi, tuttavia, l’Enl e la Camera dei rappresentanti non intendono partecipare al tavolo negoziale senza l’inclusione del cosiddetto Governo di stabilità nazionale, guidato dal premier designato dal Parlamento Hammad, o l’esclusione del Governo di unità nazionale di Tripoli del primo ministro uscente Dabaiba.