Mali, l’opposizione in esilio

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 28/05/2024

Le opposizioni in esilio del Mali hanno dato vita ad un “governo parallelo”, da contrapporre a quello retto nel Paese dalla giunta militare salita al potere con il doppio colpo di Stato del 2020 e 2021. Questo “governo civile di transizione è l’unico legittimo in Mali”, si legge in un comunicato firmato a Ginevra dal gruppo capitanato dal magistrato Mohamed Cherif Koné, che i militari hanno radiato dall’ordine della magistratura per le sue idee in contrasto con la giunta del colonnello Assimi Goita, presidente della transizione in Mali.

L’esecutivo parallelo è formato da un premier – lo stesso Koné – e da sei “ministri”, titolari delle caselle di Esteri, Interni, Giustizia, Difesa, Sviluppo sociale, Finanze ed Economia. Nell’annunciare il progetto, il “ministro” delle Finanze Aboubacrine Assadek ha fatto sapere che “obiettivo primario” dell’iniziativa è “la mobilitazione dei maliani residenti nel Paese”, e ha promesso che “niente sarà più come prima”. Il gruppo, organizzato nel “Panel dei democratici del Mali”, ha istituito un’Assemblea per la transizione civile, che ha votato il nuovo governo, e riunisce alcune figure dell’opposizione già note: fra queste il politico in esilio Adaman Traoré, già intenzionato a candidarsi alla presidenza in passato.

L’iniziativa dell’opposizione maliana è il primo tentativo di formulare una risposta politica organizzata alla giunta militare, che ben ha fatto intendere l’intenzione di non voler cedere il potere. Bamako appartiene alla fascia dei Paesi golpisti che hanno adottato la “linea dura”, rinviando ripetutamente l’appuntamento elettorale e giustificando il tutto con la necessità di rispondere alle sfide territoriali, terrorismo in testa. Su questa linea si inserisce anche il Burkina Faso, che nel fine settimana ha annunciato la proroga del periodo di transizione di ben cinque anni. A conclusione di una due giorni di dialogo nazionale indetto nel fine settimana ma boicottato dalle opposizioni, il capo della giunta Ibrahim Traoré ha firmato la nuova Carta di transizione, chiudendo l’assise convocata a Ouagadougou per discutere del futuro del Paese, come riferito dalla televisione nazionale “Rtb”. Composta da quattro titoli e 28 articoli, la Carta è una versione rivista di quella del 14 ottobre 2022: stabilisce, tra l’altro, la proroga della durata della transizione per 60 mesi a partire dal 2 luglio e il passaggio dallo status di presidente di transizione a presidente de facto, per investitura del Consiglio costituzionale. Il capo dello Stato è anche capo supremo delle Forze armate nazionali.

La Carta di Ouagadougou, inoltre, istituisce un nuovo organismo di transizione denominato Korag, “responsabile della definizione, del monitoraggio e del controllo dell’attuazione della visione strategica del Paese in tutti gli ambiti e con tutti i mezzi”, come recita l’articolo 7. La composizione, l’organizzazione e il funzionamento dell’organismo sono lasciati alla discrezione del presidente. Il governo di transizione è composto da 25 membri, guidati da un primo ministro nominato dal presidente. L’Assemblea legislativa transitoria è composta da 71 membri. Il presidente, il primo ministro e il presidente dell’Assemblea sono eleggibili tramite elezioni presidenziali, legislative e amministrative che saranno organizzate per porre fine al periodo di transizione. La Carta prevede, infine, che le elezioni vengano organizzate prima della scadenza del quinquennio, se la situazione di sicurezza lo consentirà. Nel commentare la decisione, il ministro per l’Amministrazione territoriale, il decentramento e la sicurezza Emile Zerbo ha espresso soddisfazione per i lavori della conferenza dichiarando, a nome di Traoré, che il Paese ha risposto ad “un appuntamento con la storia” e saputo mettere da parte le divisioni per “scrivere una nuova pagina”. Ai colloqui del fine settimana sono stati invitati rappresentanti della società civile, dei partiti politici, delle Forze di difesa e sicurezza (Fds) e legislatori dell’assemblea di transizione. La maggior parte dei partiti, però, ha boicottato l’incontro, alla vigilia del quale era chiaro che la questione centrale sarebbe stata quella della proroga. Secondo indiscrezioni raccolte dai media tra i partecipanti, tuttavia, si attendeva un’estensione più breve, di circa tre anni.