Mar Rosso: riprende il transito di Gnl dopo gli attacchi americani

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/06/2024

Fu la risposta degli Usa ad affondamento nave greca Tutor. La situazione resta molto tesa

Rimane tesa situazione nel Mar Rosso, soprattutto dopo il recente affondamento della nave mercantile greca Tutor colpita dai droni del gruppo sciita yemenita filo-iraniano Houthi (anche noto come Ansar Allah) e i conseguenti raid aerei delle forze del Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom). Nonostante le tensioni, oggi una nave carica di gas naturale liquefatto (Gnl) ha attraversato il Mar Rosso per la prima volta da gennaio scorso, quando le spedizioni di Gnl nell’area erano state sospese a causa degli attacchi degli Houthi. La metaniera Asya Energy – battente bandiera di Palau e di proprietà emiratina – è ora in rotta verso Gibilterra e l’arrivo è previsto per la mattina di oggi.

“Il vascello, a quanto pare, ha una proprietà emiratina e ciò potrebbe ulteriormente rappresentare un incentivo per gli Houthi a colpire la nave o comunque a rallentarne il percorso, anche soltanto attraverso minacce”, ha spiegato il ricercatore della società “Ricerche Industriali ed Energetiche” (Rie), Francesco Sassi, interpellato da “Agenzia Nova”. “Il passaggio di un cargo Gnl attraverso Suez dopo quasi sei mesi di interruzione è un buon segnale per l’Europa, ma certamente non indica la fine delle difficoltà per l’industria nell’attraversare il Mar Rosso”, ha aggiunto Sassi. Dal Mar Rosso transita circa il 15 per cento del traffico mondiale.

L’instabilità creata dagli Houthi a partire da novembre 2023 ha portato i principali colossi delle compagnie di navigazione ad abbandonare la rotta e preferire il transito dal Capo di Buona Speranza, con un conseguente aumento di tempi e costi. Dalla metà di novembre scorso, gli Houthi hanno sferrato decine di attacchi contro le navi commerciali e militari in transito nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Golfo di Aden, affermando di colpire soltanto le imbarcazioni dirette o collegate in qualche modo a Israele, nell’ambito del sostegno alla popolazione palestinese. Tuttavia, da novembre scorso il gruppo yemenita filo-iraniano non ha attaccato soltanto navi israeliane o statunitensi, come annunciato, ma anche imbarcazioni battenti un’altra bandiera o appartenenti ad armatori di nazionalità diversa.

I continui attacchi degli Houthi hanno spinto il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, a lanciare a dicembre scorso l’operazione multinazionale Prosperity Guardian finalizzata a proteggere la navigazione nel Mar Rosso. Inoltre, le forze statunitensi e britanniche hanno condotto significativi attacchi contro le postazioni degli Houthi in Yemen, con l’obiettivo di ridurre la capacità dei miliziani di attaccare le navi commerciali. Mercoledì scorso, 19 giugno, la portarinfuse greca Tutor, battente bandiera liberiana e gestita da una compagnia greca, è affondata nel Mar Rosso giorni dopo un attacco da parte degli Houthi. In seguito, le forze del Comando centrale degli Stati Uniti hanno distrutto sei obiettivi (due droni aerei e quattro droni marini) attribuiti agli Houthi nel Mar Rosso.

La Tutor è la seconda nave a colare a picco – dopo la portarinfuse M/V Verbena – dall’inizio della campagna del gruppo sciita filo-iraniano contro il traffico marittimo internazionale, cominciata a causa della guerra tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas nella Striscia di Gaza per sostenere i palestinesi. Il 15 giugno, un rapporto dell’Agenzia per le operazioni commerciali marittime del Regno Unito (Ukmto) aveva indicato che, a causa dell’impossibilità di domare le fiamme, la nave portarinfuse M/V Verbena, battente bandiera del Palau e di proprietà ucraina, era stata abbandonata dall’equipaggio e stava affondando nel Golfo di Aden. Secondo quanto affermato ieri in un discorso televisivo da Abdul Malik al Houthi, leader degli Ansar Allah, ci sarebbe una terza nave “sul punto di affondare nel Golfo di Aden” a causa degli attacchi del gruppo yemenita filo-iraniano.

Sono almeno 153 le navi legate a Israele, Stati Uniti o Regno Unito prese di mira dagli Houthi dall’inizio degli attacchi a novembre 2023, ha aggiunto il leader del gruppo. Oltre all’operazione multinazionale Prosperity Guardian, nel Mar Rosso è presente anche l’operazione militare Eunavfor Aspides, che rientra nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione europea. L’operazione Aspides, nell’ambito del suo mandato difensivo, protegge le navi prese di mira da attacchi in mare o in aria, senza condurre attacchi a terra. Aspides opera in linea con la risoluzione 2722 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che richiede la cessazione degli attacchi degli Houthi contro le navi commerciali, e riconosce il diritto di difendere le navi da tali attacchi, in linea con il diritto internazionale. Il mandato di un anno della missione è attivo dal 19 febbraio 2024.

Il quartier generale di Aspides è in Grecia, a Larissa, e la missione ha un assetto aereo e quattro navali (fregate). Lo scorso 15 giugno, il contrammiraglio Stefano Costantino della Marina militare italiana, force commander di Eunavfor Aspides, aveva ceduto il comando della Task Force 466 al commodoro George Pastoor della Marina militare olandese. La cerimonia era stata presieduta dal comandante operativo, contrammiraglio Vasileios Gryparis. Gli Houthi sono un gruppo armato appartenente a una corrente dell’islam sciita, lo zaydismo, diffuso nello Yemen, e il loro nome deriva dal fondatore, Hussein al Houthi, ucciso nel 2004, il quale rivendicava una discendenza diretta dal lignaggio del profeta Maometto. Formalmente noto come Ansar Allah, il gruppo – etnicamente arabo – è stato formato alla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 per combattere quella che vedevano come corruzione dell’allora presidente, Ali Abdullah Saleh.

L’ex rais yemenita, sostenuto dall’esercito dell’Arabia Saudita – patria dell’islam sunnita che ospita due dei principali luoghi sacri religiosi, La Mecca e Medina – aveva cercato di eliminare (senza riuscirci) nel 2003 i ribelli Houthi, che hanno poi attuato un colpo di Stato e ingaggiato una guerra civile a partire dal 2014 con il governo yemenita riconosciuto dall’Onu (nel frattempo trasferitosi ad Aden, nel sud). Per loro stessa ammissione, gli Houthi hanno riferito di far parte del cosiddetto Asse della resistenza islamica e di ispirarsi al partito sciita Hezbollah libanese, che, secondo gli analisti, fornisce loro competenze militari. La guerra civile scoppiata in Yemen è di fatto “congelata” da una serie di tregue temporanee rinnovate di volta in volta dal 2022.

A seguito dell’occupazione del nord del paese, compresa la capitale Sana’a, da parte degli Houthi, il governo yemenita riconosciuto dall’Onu con sede provvisoria ad Aden ha chiesto l’intervento dei paesi del Golfo, in particolare Arabia Saudita ed Emirati, che nell’aprile del 2015 hanno formato una coalizione militare per sostenere le forze governative nel conflitto. Il conflitto ha generato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, diventando negli ultimi anni una guerra per procura regionale. Più di 377 mila persone sono state uccise in modo diretto e indiretto, inclusi oltre 15 mila civili, secondo gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite.