MIGRANTI, SI RAFFORZA L’ASSE FRA LA TUNISIA E L’ITALIA

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 21/06/2024

Il Paese africano ha finalmente formalizzato la propria Zona di ricerca e salvataggio in mare

La Tunisia ha formalizzato la propria Zona di ricerca e salvataggio in mare (Sar), un passo a lungo richiesto dall’Italia per contrastare i flussi migratori illegali nel Mediterraneo centrale. È una questione puramente tecnica, ma ha una forte valenza politica perché consolida l’asse tra la Presidente del Consiglio dell’Italia, Giorgia Meloni, e il Presidente della Repubblica tunisina, Kaies Saied. L’assenza del leader nordafricano al vertice del G7 ospitato in Italia aveva sollevato dubbi sulla solidità dei rapporti tra le due sponde del Mediterraneo. Dubbi acuiti, peraltro, dalla recente visita del capo dello Stato tunisino in Cina. Ora, impegnandosi a fornire assistenza alle imbarcazioni in pericolo in un’area di propria responsabilità, la Tunisia proseguirà la collaborazione già in essere con l’Italia, in una cornice internazionale formale, rivendicando al tempo stesso una decisione sovrana e in difesa del proprio interesse nazionale.

La mappa con i confini e i contatti del nuovo Centro nazionale per il coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio marittimo (Tnmrcc) di Tunisi è stata pubblicata dall’Autorità marittima internazionale (Imo) delle Nazioni Unite. La Tunisia aveva ratificato il 31 luglio 1998 la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo di Amburgo del 1979,maera in attesa di emanare i provvedimenti attuativi. Le coordinate della zona Sar tunisina hanno ora ricevuto l’approvazione da parte dell’Imo, come vuole la prassi del diritto marittimo internazionale. “Fino ad adesso i tunisini intervenivano de facto perché sorvegliavano le loro acque territoriali. Adesso diventa una responsabilità precisa secondo le convenzioni internazionali. È quello che l’Italia chiede alla Tunisia da anni”, spiega ad “Agenzia Nova” l’ammiraglio in congedo Fabio Caffio, esperto di diritto marittimo.

A livello nazionale, la delimitazione definitiva della zona di responsabilità Sar tunisina è stata ufficializzata solo di recente attraverso il decreto numero 181, pubblicato il 5 aprile 2024 in Gazzetta Ufficiale, denominato “Aiuto e salvataggio delle persone in pericolo in mare”. Come anticipato il mese scorso da “Agenzia Nova”, è stata creata una nuova unità – denominata appunto Centro nazionale per il coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio marittimo, sotto il Servizio nazionale di sorveglianza costiera del ministero della Difesa – incaricata di rafforzare l’efficacia dei servizi di ricerca e salvataggio in mare e di coordinare le operazioni. Il Tnmrcc sarà diretto e supervisionato da un alto ufficiale del Servizio nazionale di sorveglianza costiera, nominato con ordinanza del ministro della Difesa.

La nuova unità di coordinamento disporrà di tre centri di ricerca e salvataggio secondari sotto il Servizio nazionale di sorveglianza costiera del ministero della Difesa e di altri quattro centri di ricerca e salvataggio secondari sotto la Direzione generale della Guardia nazionale, quest’ultima appartenente al ministero dell’Interno. “Si sono dotati di un’organizzazione simile a quella italiana. A Roma c’è il Maritime Rescue Coordination Center, il centro nazionale di coordinamento dei soccorsi che ha sede presso il comando generale delle capitanerie di porto. La stessa cosa c’è a Tunisi, con un’entità del ministero della Difesa, da cui dipende la Guardia costiera. Poi però ci sono dei centri secondari dove c’è la Guardia nazionale, che è sotto il ministero dell’Interno. È un’organizzazione interministeriale e interforze”, afferma Caffio.

Il nuovo Centro di coordinamento tunisino potrà avvalersi di unità navali e aeree del ministero della Difesa, del ministero dell’Interno e dei ministeri responsabili dei Trasporti, delle Dogane e della Pesca marittima, ma anche di aerei e navi della Repubblica tunisina e natanti battenti bandiera tunisina che si trovano in mare e che possono partecipare alle operazioni di ricerca e salvataggio. Oltre alle navi della Marina tunisina, dunque, le squadre nautiche della Guardia nazionale e le motovedette della Guardia costiera, diversi servizi ed enti possono contribuire alle attività Sar, come il servizio idrografico e oceanografico della Marina tunisina, l’Istituto meteorologico nazionale del ministero dei Trasporti, aerei ed elicotteri dell’aeronautica militare, elicotteri della Guardia nazionale, navi della dogana tunisina, rimorchiatori pubblici e privati. Per questo, il dipartimento appena creato è responsabile del coordinamento delle azioni delle diverse parti interessate e del miglioramento del processo di attuazione delle convenzioni marittime internazionali nel diritto nazionale.

L’ammiraglio sottolinea che la Tunisia, a differenza della Libia, è classificata come un Paese sicuro ai fini dei diritti umani: “Quando la Libia interviene nei soccorsi e riporta le persone indietro, ne nasce una questione di potenziale violazione dei diritti dei rifugiati. Cosa che invece con la Tunisia non c’è. C’è un decreto del governo italiano dell’aprile scorso”. È di oggi la notizia che il Consiglio di Stato ha accolto un’istanza cautelare presentata da Asgi, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet, sospendendo il trasferimento alla Tunisia di sei motovedette alla luce delle possibili violazioni che tale atto può comportare. “Una cosa è la giurisprudenza nazionale, un’altra cosa è l’orientamento governativo, il quale ha espresso ad aprile tramite decreto che la Tunisia è un Paese sicuro. Il governo si attiene anche a dei report internazionali: non c’è solo la sentenza del Consiglio di Stato, ci sono vari elementi che vengono considerati”, commenta Caffio.

La formalizzazione dell’area Sar da parte della Tunisia giunge sullo sfondo delle pressioni esercitate dai media e da alcuni partiti politici che in Italia hanno accusato lo Stato nordafricano di non essere in grado di controllare i suoi confini marittimi, di respingere i migranti nel deserto e perfino di affogare persone in mare. In Tunisia, il presidente Saied è stato accusato da alcuni partiti di opposizione di aver ceduto ai ricatti dell’Ue e in particolare dell’Italia. Un clima esacerbato anche dalla forte polarizzazione del contesto internazionale, caratterizzato dalla competizione tra Cina e Stati Uniti, dall’offensiva russa in Ucraina, dalle mire del Cremlino in Africa e dal conflitto in Medio Oriente. Nonostante le promesse di aiuti europei, la risposta del governo tunisino è sempre stata chiara: nessuna ingerenza esterna nei propri affari interni, mantenendo fede agli impegni internazionali e all’adesione ai principi umanitari sanciti dal diritto internazionale.