Niger-Benin: via alle prove di dialogo Sullo sfondo l’oleodotto made in China

Pubblicato da Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/07/2024

LA CRISI A UNA SVOLTA

Dopo mesi di tensioni, la crisi diplomatica tra Niger e Benin sembra aver trovato una possibile svolta. La giunta militare di Niamey, salita al potere con un colpo di Stato il 26 luglio 2023, ha infatti accettato di aprire i colloqui con il governo di Porto-Novo, con cui i rapporti sono ai ferri corti dopo la decisione delle autorità beninesi di sospendere il transito di petrolio nigerino tramite il più lungo oleodotto africano.

Secondo quanto riferito dai media regionali, la svolta è avvenuta dopo un incontro avvenuto lo scorso 24 giugno tra il leader della giunta militare nigerina Abdourahamane Tchiani e i due ex presidenti beninesi Thomas Boni Yayi e Nicephore Soglo, incaricati dal governo del Benin di fungere da mediatori. Non si conosce al momento la data dell’inizio dei colloqui.

Stando a quanto riporta una nota del governo nigerino, il generale Tchiani ha detto ai due ex capi di Stato del Benin di essere aperto al dialogo e alla proposta di abbassare la tensione, e «ha accettato il principio di formare una commissione composta da rappresentanti del governo del Niger, di quello del Benin e dei due ex presidenti», si legge nel testo.

GLI ATTACCHI ALLE STRUTTURE

La crisi tra Benin e Niger ha conosciuto uno sviluppo significativo lo scorso 6 maggio, quando le autorità di Porto-Novo hanno deciso di bloccare il primo carico di petrolio nigerino trasportato dai giacimenti di Agadem, nel Niger sudorientale, alla piattaforma costiera di Semè-Podji, nel Benin meridionale, tramite il più lungo oleodotto africano, un nuovo impianto costruito e gestito dalla China National Petroleum Corp (Cnpc), la compagnia nazionale cinese.

Un duro colpo per la giunta del generale Omar Tchiani, al potere a Niamey dal golpe dello scorso 26 luglio, che si è vista sospendere il primo carico di petrolio destinato a Pechino. All’origine delle tensioni tra i due Paesi ci sono le sanzioni imposte dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) in reazione al colpo di Stato militare che ha rovesciato il presidente nigerino Mohamed Bazoum il 26 luglio 2023.

Benché la costruzione dell’oleodotto non sia stata legalmente ostacolata dalle relazioni politiche tra i due Paesi, la sua messa in attività ha invece risentito della decisione di Niamey di mantenere la frontiera chiusa anche dopo la revoca delle sanzioni da parte della Cedeao, lo scorso febbraio. Per giustificarsi, la giunta del generale golpista Tchiani ha invocato ragioni di natura securitaria, accusando il governo di Patrice Talon di aver autorizzato «lo stazionamento di mercenari e materiali da guerra nella prospettiva di un’aggressione (del Niger) voluta dalla Francia». Accuse prontamente respinte dal governo del Benin, che tuttavia non è finora riuscito a convincere la giunta di Niamey a tronare sui suoi passi.

La crisi ha conosciuto un ulteriore salto di qualità dopo lo scorso 5 giugno, quando le autorità del Benin hanno arrestato e condannato a 18 mesi di prigione per «usurpazione di titoli e utilizzo di dati informatici falsificati» alcuni impiegati statali nigerini impegnati in una missione di controllo delle spedizioni di petrolio presso il terminal portuale di Semè Kodji mostrando dei documenti falsi della West African Oil Pipeline Company-Niger (Wapco-Niger), la filiale nigerina della Cnpc.

La chiusura prolungata dell’oleodotto ha prodotto danni economici notevoli a entrambi i Paesi, con il Benin in particolare che è stato privato anche di milioni di dollari in tasse di transito. L’infrastruttura, peraltro, ha subìto nelle scorse settimane un attacco da parte del Fronte patriottico di liberazione (Fpl), gruppo armato del Niger ostile alla giunta militare, i cui combattenti hanno minacciato di far saltare in aria l’oleodotto e l’impianto di raffinazione in assenza di un ritorno all’ordine costituzionale dopo il colpo di Stato del 26 luglio scorso.

Come parte dell’avvertimento rivolto alla giunta militare del Niger, l’Fpl ha messo fuori servizio una parte importante dell’oleodotto e ha intimato alla compagnia petrolifera cinese Wapco (filiale della China National Petroleum Corporation-Cnpc) di cancellare il prestito di 400 milioni di dollari concesso alla giunta. Senza questa mossa, hanno minacciato, tutti gli impianti petroliferi del Niger saranno paralizzati.

LA CRISI FA MALE ALLA CINA

Nel documento l’Fpl consiglia a tutti gli utenti che riforniscono i siti petroliferi di evitare le strade principali della zona. L’oleodotto, lungo 1.930 km, va dal giacimento petrolifero di Agadem, costruito dai cinesi in Niger, al porto di Cotonou, in Benin. È stato progettato per aiutare il Niger, ricco di petrolio ma senza sbocchi sul mare, a raggiungere un aumento di quasi cinque volte della produzione di petrolio tramite un accordo da 400 milioni di dollari firmato ad aprile con la compagnia Cnpc.

Attualmente il Niger ha una capacità di raffinazione locale di soli 20mila barili al giorno (bpd) per soddisfare la domanda locale, mentre l’oleodotto dovrebbe esportare fino a 90mila barili al giorno, un’impresa che, secondo funzionari e analisti, aiuterebbe il Paese a consolidare le proprie entrate e ad attutire gli effetti delle sanzioni imposte dalla Cedeao dopo il colpo di Stato che lo ha isolato dai vicini della regione, danneggiando la sua economia e la sua popolazione.

L’escalation della tensione tra Niger e Il generale Omar Tchiani, al potere in Niger dal golpe del 26 luglio 2023 Il Mondo che cambia Benin non può che nuocere anche alla Cina, la cui mediazione era inizialmente riuscita ad autorizzare il passaggio di un primo carico di petrolio grezzo, lo scorso maggio. La Cnpc, che attualmente gestisce 14 progetti in sei diversi Paesi africani (di cui quattro in Niger), ha iniziato a estrarre petrolio ad Agadem nel 2011 e nel 2013 ha investito 150 milioni di euro in infrastrutture stradali per permettere il collegamento tra la città nigerina di Zinder, dove il greggio veniva raffinato, e il porto camerunese di Kribi, passando attraverso il Ciad.

Nel 2018 l’opzione del corridoio beninese, ritenuta più sicura, ha comportato il raggiungimento di un accordo per la costruzione di un oleodotto di quasi duemila chilometri da Agadem al porto di Semè-Kpodji, dove la Cnpc gestisce l’esportazione del petrolio grezzo via nave. La compagnia ha così accettato di investire 4 miliardi di dollari per lo sviluppo del campo petrolifero di Agadem e altri 2,3 per l’apertura del cantiere della pipeline, in cambio dei tre quarti della futura produzione.

Gli investimenti per l’apertura di 109 nuovi pozzi ad Agadem e la costruzione del nuovo oleodotto hanno portato la produzione petrolifera di Niamey a 110mila barili al giorno e ne permetterebbero la commercializzazione sul mercato internazionale.