Libia: il contrabbando di carburante vale cinque miliardi di dollari

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 08/02/2024

La maggior dei prodotti petroliferi vengono importati nel Paese nordafricano da parte della Russia

Il contrabbando di carburante in Libia vale almeno 5 miliardi di dollari e la maggior dei prodotti petroliferi vengono importati nel Paese nordafricano dalla Russia, che beneficia di questo vasto mercato nero. E’ quanto emerge da un’inchiesta di “Bloomberg news” partita dal sequestro della petroliera Queen Majeda in Albania nel settembre 2022 e rilanciata dalla stampa libica. La Libia possiede le maggiori riserve petrolifere dell’Africa, ma ha una scarsa capacità di raffinazione. La National Oil Corporation (Noc), l’ente petrolifero statale della Libia, importa carburante a prezzi di mercato e lo vende ai cittadini a prezzo scontato, praticamente regalandolo come benefit sociale, “creando opportunità per i contrabbandieri di venderlo a prezzi più alti”, sottolinea l’inchiesta. Secondo Khaled Shekshek, presidente dell’Ufficio di revisione contabile (Audit Bureau), il programma di sussidio per il carburante della Libia, iniziato sotto Gheddafi alla fine degli anni ’70, è aumentato di oltre 70 per cento a 62 miliardi di dinari (12,8 miliardi di dollari) nell’anno fiscale 2022 da 36 miliardi di dinari nel 2021: quasi la metà del bilancio nazionale. Circa il 40 per cento di tale cifra –pressappoco 5 miliardi di dollari nel 2022 – viene contrabbandato, secondo le stime dell’ufficio di audit presieduto da Shekshek. E gran parte del carburante importato proviene dalla Russia. La Libia è il terzo acquirente mondiale di gasolio russo e il primo nel mondo arabo.

Secondo il quotidiano britannico “Financial Times”, che si basa su dati Kpler, la Libia ha acquistato nel 2023 circa 1,5 milioni di barili di carburante russo al mese, poco più del Ghana ma meno di Brasile e Turchia, rispettivamente al primo e al secondo posto con rispettivamente 7 e 4 milioni di barili di diesel acquistati nel solo mese di dicembre. Il quotidiano libico “Al Wasat”, sottolinea che la Libia è nella lista dei maggiori paesi importatori di derivati petroliferi russi, soggetti a sanzioni internazionali, “una posizione che indica un aumento degli acquisti diesel russo da settembre”, quando il Paese era al decimo posto nella lista degli acquirenti internazionali. Secondo la piattaforma S&P Global Commodity Insights, queste esportazioni verso paesi come Nigeria, Tunisia e Libia sono aumentate in particolare a partire dal febbraio 2023, quando l’Unione Europea ha imposto un embargo sui prodotti petroliferi russi. Secondo diplomatici occidentali e funzionari libici citati da “Bloomberg”, è opinione comune che, in cambio della pace e della ripresa della produzione di greggio, il Governo di unità nazionale della Libia (Gun) di Tripoli e la National Oil Corporation (Noc) libica “abbiano chiuso un occhio riguardo al contrabbando di carburante”. Secondo le stesse fonti, il clan legato al generale Khalifa Haftar, comandante in capo dell’Esercito nazionale libico (Enl) con sede nell’est, starebbe beneficiando dei traffici illeciti nel porto di Bengasi, utilizzando i proventi per finanziare in parte il Gruppo Wagner, l’esercito mercenario russo che continua ad operare nel Paese dopo la morte, avvenuta l’anno scorso, del suo fondatore, Yevgeny Prigozhin.

Secondo l’ufficio di audit di Shekshek e un rapporto pubblicato a settembre dal gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla Libia, il contrabbando di carburante da Bengasi è aumentato in modo significativo dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. Il rapporto definisce il traffico illegale “dilagante” e afferma che contribuisce a destabilizzare il Paese nordafricano. Il governo di Tripoli ha recentemente fatto una parziale retromarcia sull’eliminazione dei sussidi per il carburante, una delle riforme più attese nel Paese. L’esecutivo guidato dal primo ministro Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha spiegato in un video diffuso sui suoi canali social che né il Consiglio dei ministri né il Comitato incaricato di fissare i prezzi per la riforma dei sussidi hanno ancora preso una decisione. In precedenza, Dabaiba aveva invece annunciato che la “rimozione dei sussidi per il carburante è stata deliberata ed è irrevocabile”. Queste dichiarazioni avevano suscitato diffuse polemiche nel Paese, a partire dal Governo di stabilità nazionale (Gsn), l’organo esecutivo parallelo del Gun con sede in Cirenaica. “Mettiamo in guardia dalle conseguenze di tale decisione alla luce delle circostanze attuali, dell’avvicinarsi del mese di Ramadan (al via dal 10 marzo) e dei bisogni primari che richiedono di concentrarsi sulla riduzione degli oneri a carico dei cittadini e di non emettere decisioni che acuiscano la sofferenza del popolo”, aveva risposto il Gns in una nota. Non solo.

Gruppi di manifestanti avevano annunciato l’intenzione di chiudere le valvole dei giacimenti petroliferi di El Sharara, di El Feel e di Hamada, vicino alla città di Zintan, chiedendo a Dabaiba di fare marcia indietro. Il governo di Tripoli ha quindi corretto le dichiarazioni di Dabaiba, spiegando che nel prossimo periodo si terranno “seminari in tutte le regioni libiche” per “discutere la questione della riforma dei sussidi per i carburanti”, con la partecipazione di “studiosi ed esperti dei centri di consulenza in grado di valutare la situazione e sviluppare un pacchetto di riforme in vari settori, in particolare energia, elettricità e sussidi delle finanze pubbliche”. In una dichiarazione diffusa nei giorni scorsi, Dabaiba aveva esortato il Comitato libico per gli idrocarburi a esplorare “alternative” al fine di garantire sostegno ai cittadini, enfatizzando che è inaccettabile procrastinare ulteriormente la risoluzione di questo problema. Parlando a “Bloomberg”, Shekshek ha proposto, in sostituzione dei sussidi per il carburante, un pagamento forfettario di 1.000 dollari affinché le famiglie possano soddisfare il loro fabbisogno energetico. “La politica di sussidio al carburante così come è attualmente applicata è uno spreco di denaro pubblico e un esaurimento delle risorse statali”, ha affermato. “Diffonde la criminalità, l’iniquità nella distribuzione delle risorse e mina la democrazia”, ha aggiunto. La Libia è il secondo Paese al mondo dove il carburante è meno caro, dal momento che il prezzo medio di un litro di benzina è poco meno di tre centesimi (0,028 euro).

Secondo un rapporto pubblicato sul sito web Global Petroleum Price, in testa alla classifica delle nazioni in cui la benzina costa meno c’è l’Iran, con un prezzo medio di 0,026 euro. Hong Kong è, invece, il luogo più caro in cui fare rifornimento, con un prezzo medio di 2,83 euro. Il carburante in Libia non serve solo le pompe di benzina, ma anche le centrali elettriche e i generatori di elettricità per evitare i blackout. Il Paese nordafricano produce circa 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno, ma non ha abbastanza raffinerie per trasformarlo in carburante, per cui è costretto a importare dall’estero “barattando” prodotti raffinati con il greggio. Fonti libiche riferiscono ad “Agenzia Nova” che questa particolare operazione si chiama “oil swap” ed è utilizzata soprattutto negli scambi con la Russia, ma esiste anche una importazione pagata di carburante – in particolare dai mercati di Italia, Belgio e Grecia.

Nonostante la benzina costi così poco, nelle aree periferiche del Paese è introvabile. Parlando a “Nova“, il sindaco del comune di Ubari, nel sud della Libia, Ahmed Matko, ha più volte chiesto alle autorità centrali di intervenire per affrontare la crisi del carburante che la città sta attraversando da circa un mese. “La gente aspetta per giorni l’arrivo della benzina dai magazzini di Sebha (capoluogo della regione sud-occidentale libica del Fezzan). Qui il prezzo di un litro di benzina ha superato i 7 dinari libici, vale a dire che ci vogliono 450 dinari per riempire un’auto di carburante mentre ce ne vogliono soltanto 10 nelle regioni di Tripolitania e Cirenaica”, aveva detto Matko la scorsa estate, preconizzando il blocco del pozzi petroliferi avvenuto poi a dicembre. “La gente del sud non può più accettare il perdurare delle condizioni attuali e la vergognosa disparità del tenore di vita nel Paese”, aveva aggiunto il sindaco. Da anni il Fezzan sta affrontando una grave crisi, caratterizzata da una fortissima carenza di carburante e servizi di base, oltre ad aver pagato un conto salato per presidiare i conflitti militari e politici in Libia.