NORMALIZZAZIONE TRA RIAD E TEL AVIV MEDIO ORIENTE: ECCO LA STRATEGIA USA

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/09/2023

Negli ultimi mesi si sono molto intensificati i negoziati per raggiungere un accordo

Sulla scia dell’avvio delle relazioni diplomatiche di Israele con Emirati Arabi Uniti e in Bahrain nel 2020, negli ultimi mesi si sono intensificati i negoziati per raggiungere un accordo di normalizzazione tra lo Stato ebraico e il regno dell’Arabia Saudita, culla dei principali siti religiosi dell’islam sunnita. L’accordo, mediato dagli Stati Uniti, potrebbe ridare un nuovo e inedito assetto al Medio Oriente, limitare l’influenza di Pechino nella regione e arginare lo sviluppo del nucleare dell’Iran. Tra gli aspetti che finora hanno rallentato la finalizzazione dell’intesa vi sono stati senza dubbio le richieste di Riad per garantire la creazione di uno Stato palestinese, che al momento sembra improbabile possa essere condivisa dal governo di estrema destra israeliano.

Quel che è certa è la volontà di- chiarata dei leader dei due Paesi di raggiungere un accordo, impensabile almeno fino a dieci anni fa. L’Arabia Saudita si sta avvicinando alla normalizzazione delle relazioni con Israele, ma la questione palestinese rimane importante per i negoziati, ha detto il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, in un’intervista trasmessa da “Fox news”. “Ogni giorno ci avviciniamo”, ha aggiunto il principe ereditario, rispondendo a una domanda sui colloqui volti all’apertura delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Israele. Nella stessa giornata, a New York, il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, durante l’incontro con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha detto: “Penso che sotto la tua guida possiamo stabilire una relazione tra Israele e Arabia Saudita, porre fine al conflitto arabo-israeliano, promuovere la pace tra Israele e palestinesi e raggiungere la riconciliazione tra il mondo islamico e lo Stato ebraico”. Da parte sua, Biden ha affermato che gli Usa stanno lavorando da tempo per una “realtà migliore”, che include “la costruzione di un Medio Oriente più stabile e prospero”. Biden ha osservato che appena dieci anni fa l’idea di normalizzare le relazioni tra Israele e Arabia Saudita sarebbe stata impensabile. “Se tu ed io, 10 anni fa, avessimo parlato di normalizzazione con l’Arabia Saudita, penso che ci saremmo guardati l’un l’altro dicendoci ‘chi ha bevuto cosa?’”.

“Agenzia Nova” ha parlato dei colloqui di normalizzazione tra Riad e Tel Aviv con l’esperta Roberta La Fortezza. “Ormai da diversi mesi Arabia Saudita e Israele discutono di un accordo per la normalizzazione dei propri rapporti bilaterali, anche su pressione dell’amministrazione Usa. Sebbene, infatti, Israele e Arabia Saudita siano tra i principali alleati di Washington nella regione mediorientale”, negli ultimi anni i rapporti tra gli Stati Uniti ed entrambi i Paesi mediorientali “non sono stati sempre facili”, ha dichiarato. Per l’esperta, “soprattutto sul fronte saudita, dunque, un accordo diretto Israele- Arabia Saudita, con gli Usa neanche troppo sullo sfondo, potrebbe portare come vantaggio, dal punto di vista di Washington, una più cauta e ponderata politica di Riad nei confronti di Pechino e più in generale un meno ardito approccio strategico” da parte saudita.

Come detto, vi sono alcuni ostacoli interni a Israele che potrebbero bloccare i negoziati. Nel fine setti- mana, un funzionario israeliano dell’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu aveva dichiarato al quotidiano elettronico di proprietà saudita con sede a Londra “Elaph” che Riad avrebbe fatto sape- re tramite agli Stati Uniti che la natura “estremista” del governo di destra israeliano guidato da Netanyahu starebbe “silurando ogni possibilità di riavvicinamento con i palestinesi, e, quindi con i sauditi”. L’Arabia Saudita sarebbe stata scoraggiata da un potenziale accordo di pace a causa dell'”accettazione” da parte di Netanyahu delle richieste avanzate da alcuni membri del governo, come il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, e il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich. L’estrema destra israeliana, infatti, si oppone a qualsiasi concessione ai palestinesi. Al riguardo, l’analista La Fortezza ha dichiarato: “Nonostante un generale ottimismo da ambo le parti, israeliana e saudita, sul raggiungimento di un accordo, le numerose notizie in merito ai negoziati in corso continuano a essere spesso contrastanti. Sul fronte israeliano, infatti, questo potenziale accordo si è delineato, sempre più, non soltanto come una partita di politica regionale, ma anche come un tassello fondamentale nella gestione dei complessi e difficili rapporti interni al governo israeliano stesso”.

“Le posizioni in merito alla futura architettura dei rapporti con Riad differiscono, infatti, in maniera abbastanza netta all’interno del- la composita maggioranza di governo: se il primo ministro, Benjamin Netanyahu, seguendo quella stessa impostazione di realismo politico propria del processo abramitico già disegnato con Marocco, Bahrain e Sudan, si è detto disponi- bile a valutare le richieste di Riad relative ad alcune concessioni ai palestinesi – ha proseguito La Fortezza -, dall’altro, i partiti di estrema destra integrati nella coalizione di governo, in particolare Sionismo religioso di Bezalel Smotrich e il Fronte nazionale ebraico di Itamar Ben Gvir, hanno ampiamente evidenziato la propria assoluta indisponibilità a qualsivoglia concessione ai palestinesi”.

Anche per Riad “la normalizzazione dei rapporti con Israele è una partita da giocare con un cauto equilibrismo. L’Arabia Saudita, custode dei luoghi più sacri dell’Islam, infatti, rischia di essere tacciata dal mondo arabo e musulmano come colei che ha abbandonato la causa comune di una Gerusalemme libera. Proprio per questa ragione – ha affermato La Fortezza -, lo stesso Mohammed bin Salman, pur mostrandosi fiducioso per il raggiungimento di un accordo con Israele, non ha mancato di sottolineare la centralità della questione palestinese nei negoziati in corso. Riad ha posto, infatti, come condizione per un accordo con Israele nuovi passi concreti verso la creazione di uno Stato palestinese e la ricerca di una soluzione equa per milioni di rifugiati palestinesi ei loro discendenti ospitati nei campi profughi”. Gli interessi di Riad, tuttavia, “non si limitano alla tutela degli interessi del popolo palestinese. Accanto a tali condizioni, Riad ha infatti presentato anche altri desiderata, questa volta all’alleato oltre oceano, sponsor e promotore dell’accordo con Israele: la creazione di un patto di difesa statunitense per la regione, minori restrizioni alla vendita di armi e assistenza nello sviluppo del proprio programma nucleare civile”, ha aggiunto.

Vale poi la pena ricordare che la questione della normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita è legata al ruolo dell’Iran nella regione. Se è vero che lo scorso marzo Pechino ha mediato il riavvicinamento tra Riad e Teheran, è pur vero che i due Paesi si contendono il ruolo di potenza all’interno del mondo musulmano. L’Arabia Saudita, infatti, è l’emblema dell’islam sunnita, men- tre l’Iran dell’islam sciita. A New York, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha detto che un accordo tra Israele e Arabia Saudita per la normalizzazione delle relazioni sarebbe “una pugnalata alle spalle al popolo palestinese e alla sua resistenza”. Inoltre, il presi- dente iraniano ha ribadito che Teheran non rinuncerà ai suoi diritti in materia di energia nucleare, aggiungendo di aspettarsi “passi concreti” da parte dei Paesi firmatari del Piano globale d’azione congiunto (Jcpoa, l’intesa sul nucleare iraniano concluso tra Iran, Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e Germania), affinché rispettino i termini dell’accordo. La Fortezza ha definito l’Iran “un quarto fondamentale attore non- protagonista in questi negoziati per un patto bilaterale tra l’Arabia Saudita e Israele”. “Il bilanciamento che Riad dovrà compiere, infatti, non si esplica soltanto con rifermento al suo ruolo all’interno del mondo musulmano, ma anche ai suoi rapporti con Teheran. Anche grazie al riallineamento regionale tra i due Paesi, seguito all’accordo di marzo, Riad ha visto un miglioramento della propria situazione di sicurezza nazionale soprattutto in ragione delle ricadute positive avute sul teatro yemenita. Un eventuale accordo di Riad con Israele potrebbe mettere in crisi l’assetto dei rapporti regionali così come delineato, quantomeno nei suoi tratti iniziali, a Pechino lo scorso marzo”, ha concluso l’analista.