ALTA TENSIONE DOPO CHE L’IRAN COLPISCE I “SITI DI ISRAELE” A ERBIL

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 17/01/2024

I Pasdaran hanno rivendicato di aver colpito con missili balistici «uno dei principali quartier generali dello spionaggio del regime sionista (Israele) nella regione del Kurdistan iracheno»

Continua a crescere la tensione in Medio Oriente dopo che, la scorsa notte, il Corpo dei Guardiani della rivoluzione islamica dell’Iran (i Pasdaran) ha perpetrato un attacco con missili balistici contro Erbil, il capoluogo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno. L’agenzia di stampa curdo-irachena “Rudaw” ha parlato di quattro civili morti (tra cui due bambini di undici e 18 mesi) e altri 17 feriti nell’attacco, oltre a ingenti danni materiali provocati alle abitazioni nell’area, tra cui la casa dell’imprenditore curdo, Bishru Dziyi, rimasto ucciso. I Pasdaran hanno rivendicato di aver colpito con missili balistici “uno dei principali quartier generali dello spionaggio del regime sionista (Israele) nella regione del Kurdistan iracheno”, responsabile della “pianificazione di azioni terroristiche nella regione e soprattutto nel nostro amato Paese”.

Secondo quanto dichiarato ad “Agenzia Nova” da Tiziano Marino, responsabile del desk Asia- Pacifico del CeSI, “sembrerebbe più un raid mirato e probabilmente andrebbe letto nell’ottica di una risposta” del regime degli ayatollah all’attentato dello Stato islamico (Is) di Kerman e agli omicidi mirati dei leader del cosiddetto “Asse della resistenza”, formato da organizzazioni paramilitari di stampo islamista come Hezbollah e Hamas, da parte di Israele. Almeno 94 persone erano morte e 284 erano rimaste ferite nel duplice attentato suicida dell’Is avvenuto lo scorso 3 gennaio a Kerman, durante le celebrazioni del quarto anniversario della morte del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Qods (le forze speciali dei Pasdaran specializzate nelle operazioni estere), eliminato da un drone Usa all’inizio del 2020.

“La deterrenza tramite punizione utilizzata dall’Iran non è una novità e non segnala necessariamente un allargamento del conflitto, anzi probabilmente le modalità lasciano proprio intendere che non sia interesse quello dell’Iran quello di allargare il conflitto. Tuttavia, dal punto di vista strettamente iraniano, c’era la necessità di compiere un’operazione simbolica, o comunque un’operazione che lasciasse intendere che l’Iran non è disposto a lasciarsi colpire senza rispondere per un tempo prolungato”, ha detto Marino a “Nova”. Le prime notizie da Erbil indicavano un possibile attacco contro il consolato statunitense a Erbil, che però non è stato colpito. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha dichiarato che gli attacchi nel Kurdistan iracheno sono stati condotti “con l’obiettivo di difendere l’autonomia, la sovranità e la sicurezza dell’Iran”.

Queste azioni, ha aggiunto l’esponente della diplomazia iraniana, mirano a “protegge – re il Paese, combattere il terrorismo e rappresentano una giusta punizione per coloro che minacciano la sicurezza dell’Iran”. Da parte sua, il governo dell’Iraq ha condannato con forza gli attacchi contro Erbil, ha richiamato l’ambasciatore a Teheran per consultazioni e ha annunciato misure legali contro l’Iran, tra cui la presentazione di una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nelle stesse ore dell’attacco iraniano a Erbil, i Pasdaran hanno colpito obiettivi attribuiti all’Is nel nord della Siria. Queste operazioni sono avvenute anche nel contesto dei bombardamenti aerei anglo-statunitensi contro postazioni militari dei ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran, nello Yemen.

Da novembre scorso, infatti, gli Houthi hanno iniziato a condurre una serie di attacchi contro diverse imbarcazioni in transito nel Mar Rosso (proprio oggi è stata colpita una nave greca), una delle rotte più importanti per il commercio mondiale, in risposta a quello che considerano un assedio contro Gaza ad opera di Israele. Di conseguenza, la scorsa settimana, le forze degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno effettuato una serie di raid aerei e navali contro le postazioni degli Houthi in Yemen. Intanto il Qatar ha sospeso l’invio delle navi gasiere dirette verso l’Europa e anche la compagnia petrolifera Shell ha deciso di interrompere la navigazione nel Mar Rosso. Questi avvenimenti si inseriscono quindi in un contesto più ampio di squilibri che caratterizzano la regione ormai da alcuni mesi.

In seguito all’attacco del movimento islamista palestinese Hamas del 7 ottobre 2023 in Israele, con la conseguente operazione avviata dalle Forze di difesa israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza, si sono infatti intensificate le tensioni in tutta la regione. In particolare, al confine israelo-libanese, si verificano quasi quotidianamente scontri tra le Idf e il movimento sciita libanese filo-iraniano Hezbollah. Oggi, peraltro, è avvenuto il maggiore attacco israeliano nel sud del Libano, con oltre 20 bombardamenti in meno di un’ora. Intanto, in Siria e in Iraq, le milizie sciite filo-iraniane hanno effettuato un centinaio di attacchi contro le basi della Coalizione internazionale contro lo Stato islamico, a guida statunitense. A Gaza, infine, si segnala una riduzione della presenza militare nella parte settentrionale della Striscia, mentre le operazioni israeliane si concentrano nella parte Sud, nella speranza di potere smantellare definitivamente le milizie islamiste palestinesi e di liberare il maggior numero possibile di ostaggi.