Etiopia e Somalia ai ferri corti per l’accordo con il Somaliland

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 16/01/2024

Rischia di degenerare in un conflitto armato la crisi politica innescata dopo la firma del contestato accordo tra l’Etiopia e il Somaliland, lo Stato separatista su cui la Somalia rivendica la propria sovranità. L’attivismo etiope preoccupa non poco il governo somalo, che nelle scorse settimane ha fatto approvare dal parlamento un documento per dichiarare “nullo” l’accordo, e in un intervento televisivo, il premier Hamza Abdi Barre ha dichiarato senza mezzi termini che in caso di intervento etiope in territorio somalo Addis Abeba si dovrà aspettare una risposta militare

Rischia di degenerare in un conflitto armato la crisi politica innescata dopo la firma del contestato accordo tra l’Etiopia e il Somaliland, lo Stato separatista su cui la Somalia rivendica la propria sovranità. Secondo fonti citate dal sito d’informazione “Garowe Online”, il premier etiope Abiy Ahmed è atteso questa settimana a Berbera, la città portuale al centro dell’intesa, per finalizzare il memorandum d’intesa firmato lo scorso primo gennaio scorso ad Addis Abeba. Nel frattempo una delegazione governativa etiope è arrivata oggi ad Hargeisa, la capitale del Somaliland, per pianificare la visita. Se la visita sarà confermata, Ahmed sarà il primo leader etiope a visitare la regione separatista, che finora è riconosciuta dal solo Taiwan a livello internazionale.

L’attivismo etiope preoccupa non poco il governo somalo, che nelle scorse settimane ha fatto approvare dal parlamento un documento per dichiarare “nullo” l’accordo, e in un intervento televisivo, il premier Hamza Abdi Barre ha dichiarato senza mezzi termini che in caso di intervento etiope in territorio somalo Addis Abeba si dovrà aspettare una risposta militare con tanto di ritirata “con i loro morti”. Dichiarazioni allineate con quelle del presidente Hassan Sheikh Mohamud, il quale ha fatto sapere di recente che Mogadiscio è pienamente “in grado di combattere al contempo i miliziani terroristi di al Shabaab e gli invasori etiopi”. Dichiarazioni infiammanti, che hanno spinto gli organismi regionali a convocare d’urgenza dei vertici consultivi con i rispettivi Paesi membri.

La Lega araba terrà così mercoledì prossimo, 17 gennaio, al Cairo per una riunione straordinaria sul tema, precedendo di un giorno il vertice dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), convocato in Uganda dal governo di Gibuti che quest’anno ricopre la presidenza di turno dell’organismo. I toni bellicosi adottati nell’ultima settimana dal presidente somalo, del resto, hanno suscitato preoccupazione anche fra i governatori degli Stati regionali della Somalia. È in questo contesto che, nelle ultime ore, si sono moltiplicate le segnalazioni secondo cui le truppe etiopi – già presenti nella regione – starebbero rafforzando la loro presenza e scavando grandi trincee difensive. Da parte sua, il Somaliland ha ribadito che, in assenza di un riconoscimento della sua indipendenza dalla Somalia, le autorità separatiste non procederanno ad attuare alcun accordo con l’Etiopia.

In un’intervista concessa al quotidiano “Observer”, il ministro degli Esteri del Somaliland, Essa Kayd, ha infatti sottolineato che l’intesa del primo gennaio si basa sul riconoscimento dello Stato separatista e, se è vero che il documento risponde a reciproche rivendicazioni (l’accesso al mare per l’Etiopia, il riconoscimento internazionale per il Somaliland), è altrettanto vero che senza una dichiarazione ufficiale da parte del governo etiope in questo senso “non succederà nulla”. Una precisazione importante, dal momento che fino ad ora il governo etiope si è limitato a parlare genericamente di “una valutazione approfondita per prendere posizione sugli sforzi del Somaliland per ottenere il riconoscimento” e non di un’azione imminente verso il riconoscimento dell’indipendenza del Somaliland.

Kayd si è tuttavia detto fiducioso nel fatto che l’accordo etiope possa generare “un effetto domino” nel riconoscimento del territorio da parte di altri Paesi. “Il riconoscimento è ciò per cui abbiamo combattuto per tutto questo tempo ed è la cosa più importante che possiamo offrire al popolo del Somaliland”, ha aggiunto. Il Somaliland – il cui territorio coincide con quello dell’ex protettorato britannico – ha dichiarato la sua indipendenza dalla Somalia nel 1991 al termine della guerra civile, ma non è stato riconosciuto né da Mogadiscio né dalla comunità internazionale, con l’eccezione di Taiwan. Quando, nel 1993, l’Eritrea si separò dall’Etiopia, quest’ultima rimase priva di un accesso al mare, costringendola ad usufruire del porto di Gibuti per le sue attività commerciali.

Il premier Ahmed ha battuto a lungo il chiodo di quella che ha definito “un’ingiustizia storica”, ricordando che nel 1993 l’Etiopia è diventato il più grande Paese al mondo senza accesso al mare e che quest’errore minaccia l’esistenza stessa del popolo etiope. “Nel 2030 si prevede che avremo una popolazione di 150 milioni di abitanti, che non possono vivere in una prigione geografica”, ha detto, senza riuscire tuttavia a convincere i Paesi vicini a garantirgli un accesso diretto al mare. Nonostante le sue pressanti richieste, con cui Ahmed è arrivato a proporre di barattare quote della contestata Grande diga della rinascita etiope (Gerd) in cambio di una via di accesso al mare, i Paesi vicini – Somalia, Gibuti, Eritrea e Kenya – gli hanno dato risposta negativa.

La concessione del porto di Berbera, ora, chiama in causa diversi aspetti legati all’interesse nazionale, sia dal punto commerciale che di difesa. L’area del Mar Rosso rappresenta infatti una delle rotte più redditizie al mondo, senza contare che nell’area di 20 chilometri concessa da Hargheisa per almeno 50 anni il governo etiope ha intenzione di costruire una base navale. Una ragione per la quale diverse potenze – tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Egitto e Turchia – hanno respinto l’accordo, riaffermando il loro sostegno incondizionato al governo federale della Somalia.