Dopo Bruxelles torna l’allarme terrorismo Macron: “Tutta l’Europa è vulnerabile”

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 18/10/2023

L’attentato nella capitale belga, costato la vita a due cittadini svedesi, ha innalzato di molto in diversi Paesi il livello di allerta

L’attentato avvenuto lunedì sera a Bruxelles e costato la vita a due cittadini svedesi sembra il chiaro segnale di una nuova stagione contrassegnata dalla minaccia terroristica in Europa. A lanciare l’allarme, quantomeno ufficialmente, è stato il presidente francese, Emmanuel Macron, parlando da Tirana, in Albania, nel corso di una conferenza stampa. “Tutti gli Stati europei sono vulnerabili davanti al terrorismo islamico. Lo abbiamo visto anche ieri (l’altro ieri, n.d.r.) a Bruxelles”, ha detto Macron, affermando che stiamo assistendo a “un ritorno del terrorismo islamico, una vulnerabilità tipica delle democrazie e degli Stati basati sullo Stato di diritto”.

Le parole del titolare dell’Eliseo giungono dopo che la Francia era stata teatro di un attacco lo scorso 14 ottobre, quando un giovane di origini caucasiche ha accoltellato un insegnante ad Arras. A questo fatto sono seguiti una serie di allarmi bomba che, nel fine settimana, hanno causato l’evacuazione della Torre Eiffel e della Reggia di Versailles (un secondo è avvenuto ieri), due dei luoghi più visitati dai turisti che da tutto il mondo giungono a Parigi, e lunedì hanno coinvolto la scuola di Arras dove insegnava l’insegnante ucciso.

D’altronde la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, dopo gli attacchi del movimento islamista Hamas iniziati lo scorso 7 ottobre, ha provocato un immediato innalzamento dello stato d’allerta in tutti i Paesi europei – Italia compresa – in particolare per proteggere le comunità ebraiche e i loro luoghi di culto, come le sinagoghe e i cimiteri. L’attacco dell’altro ieri, così come quello di Arras, mostra come la minaccia non riguarda solo le migliaia di persone di religione ebraica che risiedono in Europa: Abdesalem Lassoued, nato in Tunisia, ha attaccato due tifosi svedesi, giunti a Bruxelles per assistere alla partita di calcio fra il Belgio e la nazionale del Paese scandinavo valevole per la qualificazione ai Campionati europei, e una terza persona, probabilmente un tassista, anch’egli – secondo la stampa belga – di origini svedesi.

Lassoued, deceduto nella notte in seguito a una ferita d’arma da fuoco causata da una sparatoria con la polizia belga, nel filmato pubblicato sul social network X subito dopo l’attacco, oltre a rivendicare la sua appartenenza allo Stato islamico (Is), ha detto di aver deciso di compiere questo gesto per “vendicare i musulmani”. “Viviamo e moriamo per la nostra religione”, ha aggiunto l’uomo nel video: parole che mostrano chiaramente la radicalizzazione del tunisino ma che sembrano anche una reazione ai recenti roghi del Corano. Questi episodi, avvenuti la scorsa estate in Svezia e Danimarca, hanno causato un acceso scontro diplomatico fra i due Paesi scandinavi e il mondo islamico, oltre che un dibattito sul rispetto della libertà di culto. In un altro filmato pubblicato sul suo profilo Facebook, inoltre, il cittadino tunisino aveva fatto riferimento alla crisi fra Hamas e Israele, un segnale di come la situazione sempre più incandescente nel quadrante mediorientale potrebbe aver dato il “pretesto” a cellule jihadiste dormienti, piuttosto che ai cosiddetti “lupi solitari” per riprendere gli attacchi. Su Lassoued è difficile, al momento, tracciare un profilo chiaro, visto che la polizia belga sarebbe alla ricerca di un complice, il che farebbe escludere la pista del “lupo solitario”. Inoltre, un video di una telecamera di sicurezza lo mostra ricaricare l’arma automatica utilizzato per l’attacco con una certa dimestichezza: un segnale da annotare ma che non chiarisce del tutto se l’uomo abbia ricevuto o meno un addestramento di tipo militare. Tanti punti interrogativi, insomma, su Lassoued ma una chiara certezza: gli Stati europei non vogliono farsi trovare impreparati e stanno adottando misure di sicurezza rafforzate.

Proprio lunedì la Francia del presidente Macron ha annunciato una nuova stretta al termine del Comitato di sicurezza che si è svolto all’Eliseo. Il ministro dell’Inter- no Gerald Darmanin ha spiegato che dal 7 ottobre, data dell’inizio degli attacchi di Hamas contro Israele, in Francia sono scattati 102 fermi per episodi di carattere antisemita o per apologia di terrorismo. Darmanin ha annunciato anche 2.039 segnalazioni alla piattaforma Internet Pharos, attraverso la quale è possibile avvertire le autorità su contenuti e com- portamenti illeciti. Secondo Darmanin, inoltre, in Francia ci sono 193 cittadini stranieri in attesa di essere espulsi e che nel territorio nazionale sono presenti 489 persone “straniere, pericolose e irregolari”. In Francia gli attacchi del novembre del 2015 sono ancora vivi nella memoria delle persone, così come i reiterati casi di perso- ne, finite per vari motivi nella spirale del radicalismo islamico, che negli anni hanno compiuto attacchi di vario genere lasciando aperto il dibattito sulla capacità d’integrazione di certe comunità nella società francese.

In Germania l’altro ieri è stato reso noto che l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv), ossia l’agenzia di intelligence interna della Germania, lavora alla rapida attuazione del divieto di attività in territorio tedesco per il movimento islamista palestinese Hamas. Allo stesso tempo, il servizio intende applicare nel più breve tempo possibile la messa al bando dell’associazione palestinese Samidoun. Il direttore del Bfv, Thomas Haldenwang, ne ha parlato durante l’audizione al Comitato parlamentare di controllo sulle agenzia di intelligence del Bundestag, affermando che si sta “lavorando con tutte le nostre forze per garantire l’attuazione delle misure il più rapidamente possibile”. Per Haldenwang, i divieti per Hamas e il Samidoun sono “la logica conseguenza” delle informazioni acquisite dal Bfv. Informazioni, ha affermato il direttore del Bfv, il che fa pensare al fatto che la minaccia sia quantomeno una possibilità concreta.

In Regno Unito si sono svolte diverse manifestazioni a sostegno di Hamas, l’ultima delle quali è avvenuta a Londra sabato scorso e ha visto alcuni sostenitori mostrare bandiere legate a formazioni terroristiche e intonare canti e slogan contenenti minacce di morte. La ministra dell’Interno del Regno Unito, Suella Braverman, ha dichiarato che chiunque sostenga il movimento islamita palestinese Hamas dovrà affrontare l’intervento della polizia. Le autorità, inoltre, hanno disposto un aumento del livello di sicurezza in vista della partita di calcio che vedrà affrontarsi le nazionali di Inghilterra e Italia per la qualificazione agli Europei. I grandi assembramenti, come accaduto l’altro ieri, ma come successo nel caso degli attacchi di Parigi del 2015 o dell’arena di Manchester del 2017, sono infatti spesso i momenti migliori per chi, approfittando dell’inevitabile caos e confusione, vuole tentare di commettere attacchi, anche isolati, come quello avvenuto lunedì a Bruxelles.

In Spagna resta in vigore l’allerta terrorismo a livello 4, il secondo più elevato. Secondo quanto riferito da fonti del ministero dell’Interno al quotidiano “20 Minutos”, è stato disposto un rafforzamento delle unità di polizia antiterrorismo nelle sinagoghe, negli asili e nelle scuole ebraiche dallo scorso 7 ottobre. Come Francia e Germania, anche Spagna e Regno Unito hanno una storia di “terrorismo interno” ma anche di attacchi jihadisti, dai fatti di Barcellona a quelli di Manchester avvenuti nel 2017: tutte esperienze dolorose che, tuttavia, hanno innalzato la capacità dei servizi d’intelligence dei due Paesi di prevenire le minacce.