Familiari di ostaggi israeliani e vittime palestinesi dal Papa

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 23/11/2023

Papa Francesco ha incontrato ieri separatamente una delegazione di familiari degli ostaggi israeliani detenuti dal gruppo islamista Hamas dallo scorso 7 ottobre e un gruppo di parenti delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. L’incontro è avvenuto nello stesso giorno in cui è stato raggiunto un accordo che determina una tregua di quattro giorni e il rilascio di 50 ostaggi e di 150 prigionieri palestinesi. Entrambi i gruppi hanno poi tenuto due conferenze stampa in cui hanno raccontato le storie dei propri familiari e dato conto dell’incontro con il Pontefice. Alexandra Ariev, sorella di Karina, 19 anni, ha spiegato di “ringraziare il Papa per il suo tempo, anche se breve”.

“Le poche persone che hanno parlato hanno mandato un messaggio della nostra delegazione, il suo tempo è prezioso e siamo molto riconoscenti. Siamo sicuri che sta facendo e farà in futuro di tutto per le nostre famiglie. Siamo tutti contro la guerra e non vogliamo uccisioni da nessuna delle due parti”, ha detto Ariev. Allo stesso modo, Yousef Al Khouri, originario di Gaza, si è detto “onorato” della visita e della sua “empatia”. “Sua santità conosce molto bene la situazione a Gaza e questo testimonia quanto sia forte il suo impegno”, ha sottolineato Al Khouri.

Durante i colloqui con il pontefice, le due delegazioni hanno condiviso il dolore che stanno provando. Alcuni dei familiari dei rapiti, oltre al dramma per l’incertezza sul destino dei loro cari, si trovano senza una casa. E’ il caso di Jose Luis e Silvia Monika Cunio – genitori di Ariel e David, di 26 e 33 anni, rapiti insieme alle compagne e ai figli. “Il 7 ottobre i terroristi di Hamas sono entrati nel kibbutz di Loz, hanno ucciso e abusato delle donne. Tengo tra le mani le immagini dei miei familiari rapiti, tra cui bambini e neonati. In questi giorni non ho più la mia casa, metà dei miei familiari sono stati rapiti e non so cosa succederà domani”, ha affermato Silvia Monika. Yehuda Cohen, padre di Nimrod, 19 anni, ha affermato di aver visto il figlio in un video di Hamas ed esprime la sua incredulità.

“Non ha mai fatto male a nessuno. Non sappiamo in che condizioni si trova. Ci stiamo concentrando solo sul suo ritorno e quello degli altri ostaggi”, ha detto Cohen. Da parte loro, i familiari dei palestinesi hanno spiegato ciò che sta accadendo attualmente nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Mohammad Hallalu ha raccontato dell’attacco israeliano al campo profughi di Al Shati, dove la sua famiglia viveva.

“Per un giorno non sono riuscito a contattare la mia famiglia, il giorno dopo i vicini sono riusciti a mandarmi una foto della casa in cui sono nato completamente distrutta dai bombardamenti”. In quella casa c’erano oltre 30 persone che hanno perso la vita. “Queste non sono statistiche: sono persone con speranze, progetti, che sono state eliminate in un istante”, ha concluso Hallalu. Shirin Ilal (originaria di Betlemme) ha raccontato di aver perso due zii “che sono morti per mancanza di aiuto medico”, mentre un’altra zia “ha perso una gamba dopo 18 ore di sofferenza e un’operazione senza anestesia”.

A Gaza mancano tutti i beni di prima necessità, ha ricordato Ilal, “cibo, acqua, medicine, carburante”. In merito alla notizia della pausa umanitaria temporanea, entrambi i gruppi hanno espresso alcune riserve. Da parte loro, i familiari degli ostaggi israeliani non hanno ancora informazione su chi sarà rilasciato e sperano che si raggiunga al più presto un accordo per liberare tutte le persone sequestrate. Shirin Ilal ha osservato che “l’annuncio della tregua di qualche giorno per qualcuno è una buona notizia, ma per noi è solo una sospensione delle uccisioni”. “Noi vogliamo il cessate il fuoco, ma cosa succederà dopo? Cosa faremo con tutti questi morti?”, ha detto Ilal.

Dalla delegazione palestinese è emerso inoltre il timore per il futuro, anche qualora venisse trovato un accordo per cessare il conflitto. Yousef al Khouri ha affermato che “speriamo per una pace giusta, in cui possiamo vivere nella nostra terra. I palestinesi meritano una vita libera”.