GAZA: BLINKEN ARRIVA IN ISRAELE MA SLITTA L’ACCORDO CON HAMAS

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 08/02/2024

Il Cairo ospiterà un nuovo ciclo di negoziati per raggiungere la tregua nell’exclave palestinese

L’arrivo in Israele del segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, è segnato da una serie di indiscrezioni sull’accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani nella Striscia di Gaza e la richiesta di cessate il fuoco presentata dal movimento islamista palestinese Hamas, responsabile dell’attacco del 7 ottobre scorso nello Stato ebraico, da cui è scaturito l’attuale conflitto. Nelle ultime ore si stanno susseguendo voci su richieste di Hamas considerate “inappropriate” da Israele, che sta esaminando una nuova bozza della proposta. Al contempo, domani Il Cairo ospiterà un nuovo ciclo di negoziati per raggiungere la tregua nell’exclave palestinese. In attesa delle dichiarazioni alla stampa del primo ministro di Israele, Benjnamin Netanyahu, Blinken ha ammesso che “c’è molto lavoro da fare” prima che un accordo venga raggiunto. Da parte sua, il movimento islamista palestinese Hamas ha formulato una proposta “complessa”, nel quadro dei negoziati per una tregua con Israele. Lo ha dichiarato il capo del Servizio d’informazione statale dell’Egitto, Dia Rashwan, che tuttavia auspica che un accordo tra le parti possa essere “vicino”.

Nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi attivi a Gaza vi sarebbero 132 ostaggi, ma, secondo i media una cinquantina sarebbero stati uccisi. Finora Hamas non ha pubblicamente reso nota la proposta per liberare gli ostaggi, ma, secondo indiscrezioni stampa, prevedrebbe tre fasi, ciascuna della durata di 45 giorni. In particolare, la prima fase comporterebbe il rilascio degli ostaggi fragili (donne, minori, anziani) in cambio di prigionieri palestinesi, l’interruzione di tutte le attività militari, il ridispiegamento dei militari israeliani nelle zone non popolate di Gaza e l’ingresso di più aiuti nella Striscia. Nella seconda fase, Hamas libererebbe tutti gli ostaggi israeliani maschi, in cambio del rilascio di 1.500 prigionieri palestinesi – di cui 500 indicati da Hamas -, come contropartita per il ritiro delle Forze di difesa israeliane e per la fine dell’embargo su Gaza. La terza e ultima fase prevedrebbe, secondo Hamas, lo scambio dei corpi degli ostaggi israeliani e dei miliziani palestinesi. Hamas avrebbe chiesto al Qatar, all’Egitto, agli Stati Uniti, alla Turchia, alla Russia e alle Nazioni Unite di svolgere il ruolo di garante della proposta fatta a Israele per la tregua nella Striscia di Gaza, in cambio del rilascio di ostaggi e prigionieri.

Nel corso dell’incontro con il presidente di Israele, Isaac Herzog, Blinken ha aggiunto: “Stiamo esaminando la questione con attenzione, ma siamo molto concentrati su questo lavoro e si spera di poter riprendere il rilascio degli ostaggi interrotto tanti mesi fa”. Da parte sua, il capo dello Stato di Israele ha affermato: “Auspichiamo e preghiamo per il rilascio immediato dei nostri ostaggi. Vogliamo rivederli il prima possibile. La situazione è terribile. E chiaramente Hamas sta violando ogni regola del comportamento umano al riguardo”. Herzog ha sottolineato inoltre che Israele sta rispettando il diritto umanitario internazionale e sta facilitando l’ingresso degli aiuti a Gaza, una questione sulla quale l’amministrazione di Joe Biden ha esercitato pressioni su Israele. “Abbiamo chiarito davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia che condanniamo e respingiamo qualsiasi richiesta di ferire o di danneggiare la popolazione civile ovunque, per non parlare, ovviamente, di questo conflitto – ha proseguito – Ci sono così tanti uomini, donne e bambini innocenti che soffrono a causa degli attacchi perpetrati da Hamas, e che ora si trovano intrappolati nel fuoco incrociato creato da Hamas”.

Nel suo incontro con Herzog, Blinken ha espresso ottimismo riguardo alle possibilità di normalizzazione con l’Arabia Saudita: “Ho ascoltato quanto si dice in Arabia Saudita, così come in altri posti, in Egitto e Qatar, e credo che ci sia un dialogo molto positivo e un futuro in cui si integri realmente Israele nella regione, rispondendo alle sue più profonde esigenze di sicurezza per poter vivere in pace e in vera sicurezza, e rispondendo anche alle aspirazioni del popolo palestinese”. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha espresso poi a Netanyahu e al ministro della Difesa, Yoav Gallant, la preoccupazione dell’amministrazione del presidente Joe Biden per una possibile espansione dell’operazione militare dello Stato ebraico nella città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Lo riferisce il portale d’informazione statunitense “Axios”, citando fonti a conoscenza del contenuto dei colloqui che si sono svolti oggi a Tel Aviv. In particolare, Washington teme che un’operazione delle Forze di difesa israeliane (Idf) a Rafah, senza previa evacuazione della popolazione civile in aree più sicure, possa portare all’uccisione di un grande numero di civili.

Nella zona sono concentrati circa un milione di palestinesi, molti dei quali già sfollati da altre aree della Striscia. Gli Stati Uniti sono anche preoccupati dalla prospettiva che una tale operazione possa spingere decine di migliaia di palestinesi verso l’Egitto, il cui governo ha già minacciato la rottura delle relazioni con Israele di fronte a questa eventualità. L’operazione a Rafah è stata preannunciata negli ultimi giorni da Gallant e da altri esponenti del governo israeliano, che la ritengono necessaria per smantellare le ultime sacche di resistenza del gruppo islamista palestinese Hamas. Ieri Blinken è stato ricevuto in Israele anche dal capo delle Forze di difesa israeliane (Idf), Herzi Halevi, dal direttore dell’agenzia d’intelligence Shin Bet, Ronen Bar, e dal direttore del Mossad, David Barnea. Halevi ha illustrato i piani delle forze israeliane per le settimane a venire e ha chiarito che tra gli obiettivi vi è anche l’eliminazione dell’infrastruttura militare di Hamas a Rafah. Nel corso dell’incontro, Blinken ha lamentato la mancanza di comunicazione tra le Idf e le organizzazioni internazionali, nonché gli sforzi insufficienti da parte israeliana per la riduzione del conflitto.