Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 24/01/2024
Il movimento islamista palestinese Hamas ha respinto la proposta di Israele di fermare i combattimenti nella Striscia di Gaza per due mesi, nell’ambito di un accordo in più fasi che prevede il rilascio dei 136 ostaggi israeliani tuttora nell’enclave. Cala, quindi, di nuovo il gelo sul potenziale raggiungimento di un accordo con Israele, dopo la tregua di fine novembre 2023, durante la quale era tornati a casa 129 ostaggi in cambio della liberazione di circa 300 prigionieri palestinesi e della temporanea cessazione delle ostilità. Le indiscrezioni stampa trapelate il 22 gennaio avevano rivelato che le autorità israeliane, attraverso le controparti di Egitto e Qatar, avrebbero inviato ad Hamas una proposta che include un cessate il fuoco che potrebbe durare fino a due mesi nella Striscia di Gaza, per consentire il rilascio di tutti gli ostaggi che ancora non sono stati liberati.
Inoltre, secondo le indiscrezioni di “Cnn”, Israele avrebbe offerto un salvacondotto ai leader di Hamas per lasciare incolumi la Striscia di Gaza, nell’ambito di una più ampia proposta per un cessate il fuoco nel territorio palestinese teatro da oltre tre mesi di aspri combattimenti. Tuttavia, un esponente dell’ufficio politico di Hamas, Ghazi Hamad, citato dall’emittente panaraba “Al Arabiya”, ha ribadito che Hamas vuole la “completa cessazione della guerra e il ritiro delle forze israeliane da Gaza prima di definire i dettagli sul rilascio degli ostaggi”. “Siamo determinati a far sì che la guerra debba finire una volta per tutte e che non si ripeta più. La nostra missione è proteggere il nostro popolo, fermare i massacri, fermare il sangue e fermare le uccisioni di massa e il genocidio”, ha proseguito Hamad.
Per l’esponente dell’ufficio politico di Hamas, la proposta israeliana è “un’operazione di camuffamento, menzogna e inganno”. La risposta di Hamas, giunta dopo meno di 24 ore dalle indiscrezioni sulla proposta di Israele, è stata preceduta dalle dichiarazioni del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, secondo cui la guerra andrà avanti fino all’eradicazione di Hamas. Nelle stesse ore, il portavoce del governo israeliano Eylon Levy ha dichiarato che Israele non accetterà un accordo di cessate il fuoco con Hamas che lasci i suoi ostaggi a Gaza o con il gruppo islamico al potere nell’enclave. Levy ha ribadito che sono in corso sforzi per ottenere il rilascio degli ostaggi, ma ha rifiutato di approfondire, dicendo che le vite dei 136 rapiti il 7 ottobre 2023 sono in bilico.
Nonostante la frenata di Hamas, ieri il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majid al Ansari, ha dichiarato che “sono in corso sforzi di mediazione da parte di Doha” volti a porre fine alla guerra tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas nella Striscia di Gaza. Durante una conferenza stampa, Al Ansari ha fatto sapere che nella Striscia “gli aiuti umanitari continuano ad arrivare solo in maniera limitata”, rinnovando l’appello alla comunità internazionale affinché “faccia pressione su Israele per aumentare l’ingresso di aiuti”. Il portavoce ha poi affermato che il Qatar “continua a condannare il deliberato attacco delle forze israeliane agli ospedali e al personale medico nella Striscia”.
Per quanto riguarda la situazione di tensione nel Mar Rosso, a fronte dei numerosi attacchi da parte delle milizie filo iraniane yemenite Houthi alle navi in transito, il portavoce del Qatar ha dichiarato che l’escalation rappresenta un “grande pericolo”. La giornata di ieri è stata contraddistinta dal più alto numero di militari israeliani uccisi dall’avvio dell’operazione a Gaza 105 giorni fa. Sono 21, infatti, i militari israeliani morti nel corso di un’operazione delle Forze di difesa israeliane (Idf) nel centro della Striscia di Gaza. Secondo quanto ha annunciato il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, i caduti stavano distruggendo siti e infrastrutture del movimento islamista palestinese Hamas a ridosso del confine con Israele. “Intorno alle 16, i terroristi hanno lanciato una granata contro un carro armato che proteggeva i militari e contemporaneamente si è verificata un’esplosione in due edifici a due piani che sono crollati e all’interno vi erano diversi militari”, ha spiegato Hagari.
Il ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, ha dichiarato: “Questa è una guerra che determinerà il futuro di Israele per i decenni a venire. La caduta dei soldati ci costringe a raggiungere gli obiettivi dei combattimenti”. Cordoglio unanime è stato espresso anche dal capo dello Stato, Isaac Herzog, e da uno dei leader dell’opposizione, Yair Lapid. Nel pomeriggio, le Brigate Qassam, l’ala armata del movimento islamista palestinese Hamas, ha rivendicato la morte dei 21 militari. Dopo la notizia della loro morte, il premier Netanyahu ha detto che Israele “non smetterà di combattere – nella Striscia di Gaza – fino alla vittoria assoluta”. In una nota stampa diffusa dal suo ufficio, Netanyahu ha affermato: “Vorrei essere al fianco delle care famiglie dei nostri eroici combattenti caduti sul campo di battaglia. So che per queste famiglie la vita cambierà per sempre. Piango i nostri eroici soldati caduti. Abbraccio le famiglie nell’ora del dolore e tutti preghiamo per il benessere di coloro che sono rimasti feriti”.
Il capo dell’esecutivo ha ricordato che le Idf hanno aperto un’inchiesta su quanto accaduto. “Dobbiamo imparare le lezioni necessarie e fare di tutto per salvaguardare la vita dei nostri combattenti”, ha concluso. Negli oltre 100 giorni di guerra, dal 7 ottobre scorso, quando Hamas ha compiuto il suo attacco, l’esecutivo di Netanyahu ha ribadito più volte l’obiettivo di sradicare il movimento islamista palestinese da Gaza. Tuttavia, la mancata liberazione di circa 130 ostaggi ha provocato un’ondata di proteste sia da parte dei familiari che dell’opposizione contro l’esecutivo di Netanyahu, accusato di voler proseguire l’operazione a Gaza per evitare che i partiti dell’estrema destra facciano cadere il governo. Israele si ritroverà ad “affondare nel fango di Gaza per gli anni a venire” se il primo ministro Benjamin Netanyahu manterrà la sua fragile presa sul potere.
Lo ha detto l’ex primo ministro israeliano, Ehud Barak, in un’intervista al quotidiano britannico “The Telegraph” durante la quale ha lanciato un accorato appello nei confronti di Netanyahu: “Nel nome di Dio, vattene”. Esprimendo la sua ferma condanna nei confronti dell’attuale esecutivo, Barak ha invitato Netanyahu a dimettersi. L’ex premier ha affermato che sta scadendo il tempo per Israele di districarsi da un conflitto che –secondo gli standard abituali–è già durato troppo a lungo, superando i 100 giorni. “Israele non può annunciare la vittoria senza distruggere l’esercito e le capacità di governo di Hamas (il movimento islamista palestinese che controlla Gaza). Ma per vincere, Hamas deve limitarsi solo a sopravvivere.
E anche se Israele uccidesse Sinwar (Yahya Sinwar, il leader di Hamas), loro sopravvivrebbero comunque”, ha detto Barak, aggiungendo: “L’unico modo (per uscire dal conflitto) è organizzare immediatamente le elezioni”. Netanyahu, ha proseguito, è sostenuto da ministri di estrema destra che Barak ha paragonato in modo sprezzante ai “Proud Boys”, gruppo di facinorosi che presero d’assalto il Campidoglio, a Washington, tre anni fa. Timori anche sul trattamento riservato agli ostaggi. Alcuni cittadini israeliani, detenuti come ostaggi dal movimento islamista palestinese Hamas a Gaza e rilasciati lo scorso novembre, hanno denunciato le violenze subite durante la prigionia davanti alla Knesset (il parlamento monocamerale israeliano). “I terroristi trasformano le ragazze nelle loro bambole, con cui possono fare quello che vogliono”, ha affermato Aviva Siegel, rapita nel kibbutz di Kfar Aza insieme al marito Keith, secondo “Times of Israel”.