MALI, GRUPPI TUAREG IN CAMPO CONTRO LA GIUNTA MILITARE

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 12/10/2023

Intanto si fanno più pressanti le minacce dei gruppi jihadista che destabilizzano il territorio

Una coalizione di gruppi armati tuareg del nord del Mali, firmatari dell’accordo di pace di Algeri del 2015, ha ripreso le armi contro la giunta militare al potere a Bamako, accusata di aver ingaggiato una guerra contro di loro con il sostegno dei mercenari russi Wagner. I combattenti si sono organizzati a dicembre dello scorso anno nel Quadro strategico permanente per la pace, la sicurezza e lo sviluppo (Csp-Psd), una coalizione nata con il dichiarato obiettivo di difendere il territorio – in particolare il Mali settentrionale e centrale dalla crescente minaccia jihadista, incarnata dai gruppi affiliati allo Stato islamico e ad al Qaeda che sono impegnati da tempo a spartirsi le zone del Paese rimaste scoperte dopo il ritiro delle forze internazionali voluto dalla giunta golpista, completato a giugno del 2022. Da allora, nel giro di un anno, Stato islamico e al Qaeda hanno riconquistato porzioni importanti di territorio a suon di attacchi contro civili e militari, spingendo la coalizione tuareg a posizionarsi in modo deciso su questo fronte.

Firmatari dell’accordo di pace di Algeri siglato nel 2015 con l’allora governo civile maliano, i leader tuareg si sono tuttavia progressivamente allontanati dalla giunta militare salita al potere con il doppio colpo di Stato nel 2020 e 2021, denunciando la volontà dei militari di protrarsi al governo e contestando apertamente l’accordo di collaborazione concluso con i Wagner. In un comunicato pubblicato ieri, il Csp accusa la giunta di ripetute violazioni del cessate il fuoco concordato nel 2014 e dell’accordo di Algeri dell’anno successivo, e dichiara di “adottare, d’ora in poi, tutte le misure di legittima difesa contro le forze di questa giunta sull’intero territorio dell’Azawad”, nome con cui i tuareg identificano parte della regione settentrionale, da loro rivendicata. Secondo i tuareg, la giunta “adduce come pretesto la decisione di far ritirare” la Missione delle Nazioni Unite (Minusma) per rioccupare zone il cui controllo dovrebbe – in base agli accordi – ritornare nelle mani dei gruppi armati. Il Csp-Psd  “non ha mai chiesto a Minusma di ritirarsi dalle basi installate sulle zone poste sotto il suo controllo”, si legge nel documento, in cui si precisa che il loro ritiro ha “dato campo libero” al “gruppo terroristico dei Wagner”, a tutti gli effetti partner delle Forze armate ma- liane, di far uso di “installazioni strategiche costruite a spese delle Nazioni Unite e di Paesi membri che hanno classificato i Wagner sulla lista nera delle organizzazioni terroristiche”.

Sulla piattaforma X (l’ex Twitter), il portavoce del Csp-Psd Attaye Ag Mohamed ha ribadito che la coalizione “non ha dichiarato guerra alla giunta golpista” ma ha annunciato “misure di legittima difesa contro una guerra concretamente ingaggiata dalla giunta di Bamako”. L’accusa principale che i leader tuareg portano contro la giunta golpista è insomma quello di tentare di ripristinare la sovranità sui territori contesti, e di farlo al costo di violenze e scontri che continuano a coinvolgere i civili. La riconsegna del campo di Ber all’esercito maliano da parte delle forze Minusma, avvenuta a metà agosto, ha dato luogo a violenti scontri che hanno opposto non solo le Forze armate ai jihadisti, ma anche alla coalizione tuareg. Episodi, denunciano i tuareg, che hanno portato con sé “molte violazioni, saccheggi, arresti arbitrari ed esecuzioni sommarie perpetrate contro civili”. A dicembre, la coalizione si era ritirata dai colloqui avviati con la giunta per discutere delle criticità, lamentando “la persistente assenza di volontà politica” delle autorità di transizione nell’attuare l’accordo di pace del 2015.

È in questo complesso frangente che al Qaeda e lo Stato islamico trovano linfa fertile nelle loro attività di espansione nei territori rimasti scoperti. Un’avanzata rapida che vede protagonista il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad al Qaeda, e lo Stato islamico nel Grande Sahara (Eigs), formazioni che dall’estate del 2022 ad oggi – secondo un rapporto delle Nazioni Unite – sono riuscite a raddoppiare il territorio sot- to il loro controllo, sfruttando a loro vantaggio il ritiro delle forze internazionali. La scorsa settimana lo Jnim ha rivendicato un duplice attentato, colpendo prima un traghetto passeggeri sul fiume Niger, poi una postazione dell’esercito usata dalle forze Wagner a Bamba, nella regione centrale di Gao, che ha provocato almeno 110 morti e costretto le autorità a chiudere l’aeroporto di Gao, ugualmente coinvolto nell’azione jihadista. Il governatore della regione ha inoltre stabilito un coprifuoco notturno di trenta giorni, dalle 20 alle 6, fino al prossimo 9 ottobre.

In un comunicato, il governo di Bamako ha dichiarato che nel duplice attacco sono stati uccisi 49 civili e 15 militari, senza precisare quante persone sono morte nell’uno e nell’altro attacco. Si è trattato in ogni caso di un attacco complesso, che ha visto quattro auto – due cariche di esplosivo e le altre di miliziani armati – entrare nella cinta militare intorno alle 7 del mattino: i veicoli con gli ordigni sono stati fatti esplodere all’ingresso del campo militare, un veicolo si è diretto verso l’aeroporto ed i jihadisti hanno ingaggiato nei due punti uno scontro a fuoco con i militari ed i mercenari Wagner che è durato secondo alcune fonti un’ora, per altre più tempo. Verso le 11, i jihadisti hanno attaccato il battello della compagnia maliana Comanav che collegava Abakoira a Zorghoi. Nella nota dello Jnim si afferma che “decine di soldati maliani e delle forze di Wagner” sono stati uccisi, diversi aerei e veicoli sono andati distrutti, e che gli scontri sono durati l’intera giornata. Il governo di Bamako ha sottolineato che la risposta dell’esercito maliano ha permesso di “neutralizzare circa 50 terroristi” e annunciato tre giorni di lutto nazionale, concluso domenica.

Contro i Wagner e l’esercito maliano i jihadisti di al Qaeda hanno lanciato un appello alla mobilitazione generale circa un mese fa, dopo che il comandante dello Jnimper la regione di Timbuctù, Talha Abou Hind, ha dichiarato “guerra totale” allo Stato maliano. I miliziani del Jnim hanno conquistato Timbuctù, imponendo un blocco alla città che dura da fine agosto, e hanno di fatto “sequestrato” gli abitanti, vietando inoltre l’ingresso in città – considerata la “perla del deserto” saheliana – ai camion merci provenienti dall’Algeria, dalla Mauritania e dalla regione meridionale maliana di Mema. È notizia di oggi, inoltre, che due razzi sono stati lanciati verso l’aeroporto della città mentre stava per atterrare un volo della compagnia di bandiera SkyMali. Oltre a Timbuctù, i miliziani Jnim hanno preso di mira nelle ultime settimane anche la città di Ber, approfittando in questo caso del ritiro dei caschi blu Minusma dalla base militare locale, sollevando forti preoccupazioni per le successive fasi di ritiro in programma. Il 28 agosto, nei giorni in cui si combatteva a Ber, il rappresentante speciale del segretario generale Onu per il Mali e capo della Minusma, El Ghassim Wane, ha espresso forte preoccupazione per i rischi connessi a queste operazioni. Per Wane, la seconda fase di ritiro delle forze Minusma dal Mali sarà “incredibilmente difficile”, a causa della forte insicurezza nel Paese e dello stallo nell’attuazione dell’accordo di pace di Algeri con i gruppi ribelli.

Parlando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Wane ha citato il calendario serrato e le pericolose condizioni di sicurezza nelle aree coperte, ma anche la “paralisi” degli organismi responsabili del monitoraggio dell’accordo di pace. di Algeri. Ad agosto quattro militari delle Nazioni Unite sono rimasti feriti in un attacco durante le operazioni di ritiro dalla base di Ber, e militari Minusma sono stati presi di mira anche durante le operazioni di ritiro da altre aree, con lunghe distanze da percorrere e dimensioni dei convogli – formati da centinaia di camion – che hanno reso le truppe vulnerabili. L’ultimo convoglio delle Nazioni Unite in partenza dalla base militare di Ber ha impiegato 51 ore per percorrere 57 chilometri, ha detto Wane a titolo di esempio, aggiungendo che anche il colpo di Stato militare nel vicino Niger ha avuto un impatto sull’operazione di ritiro. Al momento 1.100 caschi blu dei 13 mila disposti sul territorio maliano sono rientrati nei loro Paesi ed entro il 30 settembre circa un terzo del personale civile di Minusma sarà stato ritirato. Le operazioni dovrebbero concludersi entro la fine dell’anno. In questa fase, ha concluso Wane, “è fondamentale essere in grado di trasportare attrezzature e materiali attraverso il Niger” per raggiunge- re porti chiave come quello di C tonou, in Benin, e Lomé, in Togo.