Sudan-Iran, ripresa delle relazioni diplomatiche sullo sfondo della crisi in M.O.

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 11/10/2023

L’ANNUNCIO UFFICIALE DOPO SETTE ANNI DI “GELO”

Dopo sette anni di “gelo”, Sudan ed Iran hanno rial- lacciato le loro relazioni diplomatiche. L’annuncio ufficiale, già nell’aria da qualche mese, è arrivato lunedì 9 ottobre tramite un comunicato congiunto diffuso dai ministeri degli Esteri di Khartum e di Teheran, nel quale si precisa che la decisione è avvenuta “in seguito ai con- tatti avvenuti tra i loro alti funzionari negli ultimi mesi, e in linea con i loro interessi nazionali”. Questo riavvicinamento può apparire sorprendente, soprattutto in considerazione del fatto che Khartum era, fino a pochi mesi fa, uno dei Paesi arabi che avrebbero potuto normalizzare le relazioni con Israele. Eppure, prima del 2015 il Sudan era un punto chiave di trasbordo per le armi iraniane dirette verso la Striscia di Gaza. Le armi spedite in Sudan via mare sono state contrabbandate a Gaza via terra attraverso l’Egitto.

Tra il 2009 e il 2012, Israele ha perfino bombardato il Sudan accusando Khartum di sponsorizzava Hamas e altri gruppi armati anti-israeliani. Questo scenario è cambiato radicalmente con la caduta del presidente sudanese di lunga data, Omar al Bashir, e con l’accordo per normalizzare i rapporti tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina. Sudan ed Iran, prosegue la dichiarazione dei due ministeri degli Esteri, “hanno concordato di espandere i loro legami amichevoli basati sul rispetto reciproco della loro sovranità, uguaglianza, interesse reciproco e convivenza pacifica. Le due parti hanno concordato di approfondire i loro legami in diverse aree che serviranno gli interessi di entrambe le nazioni e favoriranno la stabilità regionale”. Le due parti hanno inoltre concordato di adottare le misure necessarie per riaprire le loro ambasciate “nel prossimo futuro” e di effettuare il “coordinamento necessario” per scambiare le loro delegazioni ufficiali, “al fine di esplorare modi per espandere la cooperazione”.

Già nel luglio scorso le due parti avevano annunciato l’intenzione di ristabilire le relazioni diplomatiche. L’occasione era stata un incontro avvenuto tra i due ministri degli Esteri a margine di un incontro del Movimento dei Paesi non allineati tenutosi nella capitale dell’Azerbaigian, Baku. In quel frangente il ministro degli Esteri ad interim del Sudan, Ali Sadeq, aveva ringraziato Teheran per aver fornito aiuti umanitari alle Forze armate sudanesi (Saf), attraverso la Mezzaluna iraniana, durante il conflitto con le Forze di supporto rapido (Rsf). Fino a tempi relativamente recenti, il Sudan e l’Iran hanno mantenuto relazioni strette che risalivano alla fine degli anni ’80. Sebbene, infatti, Khartum sostenesse Saddam Hussein nella guerra Iran-Iraq (1980-88), la situazione cambiò rapidamente dopo che nel 1989 un colpo di Stato, sostenuto dagli islamisti e ispirato alla rivoluzione iraniana, portò al potere Omar al Bashir. La trasformazione del Sudan in una repubblica islamica aprì la strada a legami più stretti con l’Iran, sanciti dalla prima visita ufficiale di Bashir a Teheran, cinque mesi dopo la sua ascesa al potere, così come da quelle più recenti effettuate in Sudan dai presidenti iraniani Hashemi Rafsanjani, Mohammad Khatami e Mahmoud Ahmadinejad. Il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica dell’Iran (Irgc), l’esercito sudanese e le forze paramilitari di difesa popolare iraniane hanno svolto un ruolo importante nel rafforzamento delle relazioni bilaterali con Khartum durante gli anni ’90 e nell’aprile 1997 i due Paesi firmarono più di 30 accordi che spaziavano dall’agro-business all’addestramento dell’esercito sudanese e degli ufficiali dell’intelligence in Iran. L’influenza dell’Iran sul continente africano si è diffusa quando il Sudan e il Ciad hanno accettato l’offerta di mediazione di Teheran nel conflitto del Darfur nel 2008. Nello stesso anno, l’Iran e il Sudan hanno firmato un accordo militare e la leadership iraniana ha espresso opposizione al mandato di arresto per Bashir emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) de L’Aia.

Entrambi i Paesi sono stati inoltre inseriti dagli Stati Uniti nella lista degli “Stati sponsor del terrorismo”, sebbene il Sudan sia stato rimosso dall’elenco nel dicembre 2020 in seguito alla sua adesione agli Accordi di Abramo. Per quasi tre decenni le relazioni tra Iran e Sudan sono dunque state molto strette. Tuttavia, a partire dal 2014, a causa delle forti tensioni tra Iran e Arabia Saudita e della crescente influenza iraniana nel Paese che minacciava il suo dominio sunnita, il presidente Bashir decise di chiudere tutti i centri culturali iraniani ed espellere i funzionari diplomatici e l’ambasciatore dal Paese. A far deteriorare ulteriormente i rapporti è stata, nel marzo 2015, la decisione sudanesi di partecipare all’operazione militare a guida saudita contro i ribelli Houthi – sostenuti dall’Iran – nel vicino Yemen. Pochi mesi dopo, il 4 gennaio 2016, il Sudan ha ufficialmente interrotto tutte le relazioni diplomatiche con l’Iran dopo l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. A pesare nel riavvicinamento fra Khartum e Teheran è stata sicuramente la ripresa delle relazioni diplomatiche tra l’Iran e l’Arabia Saudita, i due nemici storici della regione, nell’ambito di un accordo mediato dalla Cina. Da allora l’Iran si è mosso per cementare o ripristinare le relazioni con i Paesi arabi vicini, tra cui appunto il Sudan. L’accordo mediato da Pechino è stato lo sviluppo regionale più importante che ha dato slancio al riavvicinamento iraniano-sudanese. Anche la tempistica del conflitto interno in corso in Sudan, scoppiato ad aprile, è stata significativa. Secondo diversi osservatori, il ruolo dell’Arabia Saudita nel facilitare un’evacuazione sicura dei cittadini iraniani da Port Sudan a Gedda ha procurato a Riad una certa benevolenza da parte della Repubblica islamica. Allo stesso tempo, gli aiuti umanitari inviati dall’Iran dopo lo scoppio del conflitto sudanese sono serviti a rafforzare il “soft power” iraniano a Khartum. Vale la pena di ricordare, in tal senso, che Teheran si è tenuto alla larga dal coinvolgimento nella crisi in corso in Sudan, evitando apparentemente di schierarsi con le Forze armate sudanesi guidate dal generale Abdel Al Burhan o con le Forze di supporto rapido comandate dal generale Mohammed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemeti. Ma c’è motivo di ritenere che gli iraniani preferiscano trattare con l’esercito regolare, vista la diffidenza che il generale Hemeti ha sempre mostrato verso Teheran, e dati anche gli stretti rapporti degli Emirati con le Rsf, che sono state dispiegate nello Yemen contro gli Houthi, questi ultimi alleati dell’Iran. Guardando al futuro, sia il Sudan che l’Iran potrebbero trarre vantaggio dal perseguimento di un riavvicinamento.

Per Teheran, la normalizzazione delle relazioni con Khartum è parte di una campagna di politica estera concertata dall’amministrazione del presidente Ebrahim Raisi per ristabilire le relazioni con gli ex alleati, in particolare quei Paesi con cui aveva rotto le relazioni nel 2016, quando ci fu l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. Mentre la Repubblica islamica persegue i propri interessi in tutta l’Africa, il Sudan ha un ruolo speciale da svolgere: la costa sudanese del Mar Rosso ha infatti un significato geo-strategico particolare, in quanto si affaccia su una delle rotte marittime più trafficate del mondo. Sul versante sudanese, d’altro canto, anche il governo a guida militare di al Burhan ha da guadagnare dall’espansione della sua cerchia di partner sulla scena internazionale. Ultima, ma non meno importante, c’è la posizione saudita che non può essere ignorata. Sia per il governo Khartum che per Teheran, il miglioramento delle relazioni iraniano-saudita è fondamentale. Burhan è infatti sostenuto dall’Arabia Saudita, e in tal senso e gli sforzi di Teheran per migliorare le relazioni con Burhan fanno parte dei suoi sforzi per approfondire le proprie relazioni con Riad.