Africa, Tajani: «Si accantoni l’approccio neocoloniale per un rapporto reciprocamente vantaggioso»

L’Italia mette a disposizione la tecnologia creando vantaggio» per il Paese dove si investe. E questo approccio è quello che il governo intende adottare nel Piano Mattei che Meloni presenterà ufficialmente a ottobre.

Accantonare definitivamente l’approccio neocoloniale per cercare di avviare un rapporto paritetico e reciprocamente vantaggioso: è questo l’unico modo per avere un rapporto duraturo con l’Africa. Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani intervistato nel corso del panel “Le nostre comuni sfide con l’Africa” al Meeting di Rimini. In una lunga intervista di circa 45 minuti, il vicepremier ha tracciato un bilancio tratto dalla sua esperienza politica, italiana ed europea, ma ha anche proposto una ricetta, che è quella che sta perseguendo il governo italiano, per sviluppare un nuovo rapporto con l’Africa. “Se pensiamo di porci con l’Africa con una mentalità neocoloniale rischiamo di avere un rifiuto che farebbe danno non solo a noi, ma farebbe arrivare altre realtà come Russia e Cina che hanno interessi egemonici”, ha detto Tajani, secondo cui il passo successivo è stringere degli accordi con i Paesi africani che siano vincenti per entrambi i contraenti. “Penso a società miste che facciano attività estrattive, ma poi la trasformazione del prodotto si fa in Africa, con loro manodopera”; ciò “permetterebbe la crescita e l’industrializzazione del continente” e ci “farebbe acquistare materie prime a prezzi più bassi”, ha spiegato il vicepremier. In questo senso, il ministro ha preso come esempio tutti gli accordi che l’Italia sta stringendo in Africa, in particolare nel settore energetico, spiegando che non si tratta “di puro sfruttamento: l’Italia mette a disposizione la tecnologia creando vantaggio” per il Paese dove si investe. E questo approccio è quello che il governo italiano intende adottare nel Piano Mattei che il governo presenterà ufficialmente a ottobre e che oggi Tajani ha definito, “la sezione italiana del Piano Marshall europeo”.

“Vorrei che tutti i Paesi europei facessero quello che sta facendo l’Italia per la crescita del continente africano”, ha aggiunto il vicepresidente del Consiglio. “Ci sono centinaia di progetti in tutti i Paesi dell’Africa”, ha detto Tajani, parlando del piano. “Insieme a questi investimenti c’è la possibilità di far sì che il nostro saper fare” di “agricoltori e imprenditori possa essere trasferito nel continente africano, con accordi vincenti per loro e per noi”. E in questo contesto Tajani ha sottolineato che il “saper fare italiano” non passa solo dagli investimenti, ma anche dalla lingua italiana. Non a caso, ha affermato il vicepresidente del Consiglio, si sta lavorando per incrementare il numero di scuole italiane in Africa per aumentare “il rapporto di amicizia”.

LA CRISI IN NIGER
Il vicepremier: «L’Italia non ha mai sostenuto un
intervento militare internazionale o europeo

“L’Italiano è fra i più benvoluti nel continente africano. Se sapremo agire bene, tuteleremo i nostri interessi, ma faremo emergere anche l’aspetto di un’Africa ricca”, ha detto Tajani. Il ministro ha poi discusso di alcuni temi d’attualità, dalla Tunisia al Niger. In merito allo sblocco dei fondi della Commissione europea a favore del Paese nordafricano, Tajani ha spiegato che l’Italia ha lavorato molto per aiutare la Tunisia, vincendo tante reticenze. “La fatica più grande del governo italiano è stata far capire agli altri europei che il nostro compito era garantire la stabilità del Paese e non trasformare la Tunisia nella Svezia, la Norvegia o la Danimarca. Non è possibile”, ha detto Tajani. “Perché gli italiani sono sempre più benvoluti? Perché sono quelli che sanno essere più malleabili nel comprendere l’identità degli altri”, ha aggiunto il ministro.

Sul Niger, invece, ha chiarito che, sebbene l’Italia abbia sempre sostenuto la legittimità del governo guidato dal presidente Mohamed Bazoum, l’Italia non ha mai sostenuto un intervento militare internazionale o europeo. Agendo in tal senso, secondo Tajani, “saremmo stati visti come colonialisti, uccelli rapaci che volevano prendersi l’uranio perché a noi utile. Non è questo il modo di rapportarsi con l’Africa”.

Il vicepresidente del Consiglio in conclusione del suo intervento ha indicato quelli che secondo lui dovrebbero essere i tre principi che dovrebbero guidarci nel rapporto con l’Africa: rispetto della centralità della persona, solidarietà nei confronti degli altri e ricordare sempre che “chi ha di più ha il dovere di aiutare chi ha di meno”.