Blinken in Israele per fermare la guerrama sale la tensione con Hezbollah

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 10/01/2024

Tra le priorità espresse dal segretario di Stato americano ai suoi interlocutori israeliani c’è la volontà di minimizzare i danni alla popolazione civile dell’exclave palestinese, tra cui si registrano oltre 23 mila morti dall’inizio della crisi. Durante il suo incontro con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il gabinetto di guerra a Tel Aviv, Blinken ha ribadito il sostegno statunitense al diritto di Israele di impedirea ttacchi come quello sferrato dal movimento islamista palestinese Hamas il 7 ottobre scorso

Nel 95mo giorno di guerra nella Striscia di Gaza continuano gli sforzi della diplomazia internazionale, con la visita in Israele del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, nonostante l’escalation al confine tra lo Stato ebraico e il Libano non sembri placarsi. Tra le priorità espresse dal segretario ai suoi interlocutori israeliani c’è la volontà di minimizzare i danni alla popolazione civile dell’exclave palestinese, tra cui si registrano oltre 23 mila morti dall’inizio della crisi. Durante il suo incontro con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il gabinetto di guerra a Tel Aviv, Blinken ha ribadito il sostegno statunitense al diritto di Israele di impedire attacchi come quello sferrato dal movimento islamista palestinese Hamas il 7 ottobre scorso, sottolineando al contempo l’importanza di evitare ulteriori danni ai palestinesi e di proteggere le infrastrutture civili a Gaza.

Blinken e Netanyahu hanno discusso inoltre degli sforzi in atto per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas e dell’importanza di aumentare il livello di assistenza umanitaria ai civili della Striscia. Da parte israeliana, non sembrano però arrivare segnali di distensione. Il ministro della Sicurezza nazionale dello Stato ebraico e leader del partito di estrema destra Otzama Yehudit, Itamar Ben Gvir, si è rivolto al segretario di Stato dichiarando sul suo profilo X (ex Twitter) che “non è il momento di parlare a bassa voce con Hamas, è il momento di usare quel grosso bastone”. Dal canto suo, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha annunciato a Blinken che Israele intensificherà le operazioni militari nella regione di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, finché non verranno trovati i leader di Hamas e saranno liberati gli ostaggi israeliani.

Gallant ha poi discusso con il segretario delle tensioni regionali e delle operazioni sponsorizzate dall’Iran, riferendosi agli attacchi del movimento sciita libanese Hezbollah nel nord di Israele e a quelli dei ribelli sciiti Houthi contro le navi mercantili in transito nel Mar Rosso. “Un aumento della pressione esercitata sull’Iran è fondamentale e potrebbe impedire un’escalation regionale in altri ambiti”, ha detto Gallant a Blinken. Infine, il ministro israeliano ha sottolineato che la massima priorità dello Stato ebraico attualmente è consentire il ritorno dei residenti nel nord del Paese, dove i combattimenti con Hezbollah si sono intensificati, lasciando presagire uno scontro di più ampia portata. La situazione sul campo appare infatti sempre più incandescente.

Dopo l’uccisione di Wissam al Tawil, vice comandante di Radwan, l’unità militare speciale del partito sciita filo-iraniano Hezbollah, a Khirbet Selm, nel distretto di Bint Jbeil, nel sud del Libano, si sono verificati altri due episodi che potrebbero contribuire a far salire la tensione. Dapprima un drone ha colpito un’auto a Ghandouriyeh, vicino al confine con Israele, uccidendo tre membri di Hezbollah, secondo quanto confermato dallo stesso partito sciita. In seguito, un ulteriore attacco a un veicolo in prossimità del luogo del funerale di Wissam al Tawil ha ucciso un altro esponente di spicco di Hezbollah, Ali Hussein Barji. Si tratta del 158mo membro del movimento sciita ucciso dall’8 ottobre, quando gli scontri tra il “partito di Dio” e lo Stato ebraico si sono notevolmente intensificati.

In questo contesto, l’unico segnale di distensione è arrivato dal primo ministro libanese, Najib Miqati, che ha ricevuto a Beirut il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di pace, Jean Pierre Lacroix, alla presenza della coordinatrice speciale dell’Onu per il Libano, Joanna Wronecka, e del comandante della Forza di interposizione dell’Onu nel sud del Paese (Unifil), generale Aroldo Lazaro. “Il Libano cerca una stabilità permanente e chiede una soluzione pacifica duratura, ma in cambio riceviamo dagli inviati internazionali la minaccia di una guerra contro il nostro Paese”, ha affermato Miqati, che ha ribadito “la volontà del Libano di avviare negoziati per raggiungere un processo di stabilità a lungo termine nel sud e ai confini settentrionali della Palestina occupata, e di aderire alle risoluzioni internazionali, all’accordo di armistizio e alla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Da parte sua, Lacroix ha esortato “tutte le parti a mantenere la calma, a sostenere l’esercito nel sud del Libano e a continuare la stretta cooperazione tra questo e l’Unifil”.