Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 09/01/2024
E prevista oggi alle 14 italiane una manifestazione di protesta presso il complesso gasiero di Mellitah, l’unico snodo per l’esportazione del gas libico verso l’Italia attraverso il gasdotto Greenstream. I dimostranti del movimento “No Corruption”, gruppo che aveva già organizzato proteste simili in passato, provengono delle municipalità di Tripoli occidentale, Zawiya, Surman, Ajilat e Al Jabal. I manifestanti delle città della costa nord-occidentale libica hanno minacciato di chiudere il sito di Mellitah “entro tre giorni”, se la loro richiesta di licenziare il presidente della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara, non verrà soddisfatta.
La protesta si inserisce nel contesto delle polemiche scoppiate in Libia sui negoziati con un consorzio guidato da Eni con la francese Total, l’emiratina Adnoc e la turca Tpao per lo sviluppo del giacimento onshore di Hamada, a est di Ghadames. L’accordo – portato avanti dalla Noc e che dovrebbe essere firmato a fine gennaio – è stato criticato da istituzioni come il ministero del Petrolio, la Camera dei rappresentanti e l’Alto Consiglio di Stato perché considerato svantaggioso per la parte libica e non conforme alle leggi libiche. Da parte sua, il Governo libico di unità nazionale (Gun) guidato dal primo ministro Abdulhamid Dabaiba, in una riunione allargata del Consiglio supremo per gli affari dell’energia e dell’acqua, ha affermato che saranno prese in considerazione tutte le osservazioni tecniche, ma ha detto che la Libia deve “au – mentare la produzione di petrolio e gas” sviluppando “nuove scoperte” con “investimenti esteri e interni”, nel pieno rispetto “dei diritti dello Stato libico”. La Libia può esportare in Italia fino 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno tramite la condotta che collega la Sicilia ai giacimenti gasiferi del Paese nordafricano, ma nel 2022 la produzione libica di gas naturale è diminuita dell’8 per cento. Secondo l’Audit Bureau libico, la quantità totale esportata lo scorso anno in Italia tramite il gasdotto Greenstream non ha superato i 2,48 miliardi di metri cubi, pari al 10 per cento della produzione totale lorda.
Domenica, la Noc ha dichiarato lo stato di forza maggiore – cioè l’impossibilità di consegnare i carichi di greggio ai clienti – nel giacimento di Sharara, il più grande della Libia con un output di circa 270 mila barili di greggio al giorno, da parte del Fezzan Gathering, collettivo composto da notabili del Fezzan (la regione meridionale libica) sostenute dalle forze del generale libico Khalifa Haftar. La chiusura del giacimento, avvenuta il 3 gennaio, ha causato la cessazione delle forniture di greggio al porto di Zawiya, ha evidenziato la Noc in una nota, sottolineando che “le trattative sono attualmente in corso nel tentativo di riprendere la produzione il prima possibile”.
Intanto resta aperto (almeno per ora) El Feel (Elephant), giacimento situato nel bacino di Murzuq e operato da Eni, nonostante lo stato di forza maggiore imposto al vicino giacimento di Sharara. Alcuni osservatori hanno erroneamente riferito della chiusura di El Feel, ma il sito petrolifero continua ad essere aperto, stando a quanto appreso da “Agenzia Nova”da fonti presenti sul posto. Il blocco di Sharara e la minaccia di chiudere Mellitah sembrano avere una connotazione politica e vanno inseriti nel più ampio quadro dei negoziati portati avanti (non senza difficoltà) dalla Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) per portare il Paese nordafricano alle elezioni e porre fine a una fase di transizione che dura da oltre dieci anni.