Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 14/12/2023
In Egitto è salito al potere nel 2014 dopo aver deposto con un colpo di Stato il presidente Mohamed Morsi, primo presidente eletto dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, che aveva rovesciato il generale Mubarak
Il capo dello Stato egiziano uscente, Abdel Fatta al Sisi, ha stravinto come da previsioni le sue terze elezioni presidenziali, ottenendo un nuovo mandato alla guida del Paese arabo più popoloso del mondo, con i suoi oltre 105 milioni di abitanti, e in continuo boom demografico. I dati preliminari dei risultati delle elezioni presidenziali tenute dal 10 al 12 dicembre in patria e dall’1 al 3 dicembre all’estero indicano una vittoria schiacciante del presidente uscente, 69 anni, in carica dal 2014, con un ampio margine sul suo rivale più vicino, il socialdemocratico Farid Zahran. Al Sisi rimarrà dunque al potere almeno fino all’aprile del 2030, quando scadrà ufficialmente il suo nuovo mandato, teoricamente l’ultimo secondo le modifiche alla Costituzione approvate tramite referendum (senza quorum e un’affluenza del 44 per cento) nel 2019.
In attesa dei risultati definitivi, che saranno annunciati solo il 18 dicembre, alcuni giudici dei comitati generali delle elezioni hanno annunciato i risultati dello spoglio dei voti, senza tuttavia specificarne la provenienza né la quantità, da cui risulterebbe una vittoria di Al Sisi con un’ampia forchetta compresa tra l’85 e il 95 per cento, secondo quanto riferito dall’emittente televisiva di proprietà saudita “Al Arabiya”. Molto più distanti gli sfidanti Abdel Sanad Yamama, leader del partito Al Wafd, la formazione politica liberale più antica del Paese; Farid Zahran, presidente del partito socialdemocratico, e Hazem Omar, capo del Partito popolare repubblicano. Assente invece Ahmed al Tantawi, ex deputato della sinistra egiziana, considerato lo sfidante più forte e credibile dell’opposizione, che non è riuscito a raggiungere le firme necessarie per concorrere alòe elezioni, anche per le presunte azioni di disturbo di sostenitori filo-governativi e per l’arresto dei membri del suo staff.
Quanto all’affluenza, dato considerato dagli osservatori come un indicatore chiave della popolarità di Al Sisi, la Commissione elettorale ha confermato lunedì sera, 11 dicembre, che la partecipazione “inaspettatamente alta” alle urne domenica e lunedì mattina aveva già raggiunto “il 45 per cento” dei 67 milioni di aventi diritto, prevedendo un risultato finale certamente superiore alle elezioni precedenti. L’affluenza alle urne nel 2018 era stata del 40 per cento circa, in calo rispetto al 47,5 per cento del 2014. Per spronare gli egiziani a votare, l’ente egiziano Dar Al Iftaa, la cosiddetta “Casa della Fatwa” di Al Azhar, il più prestigioso centro di formazione islamica del mondo sunnita, ha emesso una fatwa (parere giuridico) per avvertire che “coloro non si recano alle urne sono peccatori”.
Al Sisi ha convocato elezioni presidenziali a dicembre, in anticipo di oltre quattro mesi rispetto alla naturale scadenza del mandato, in previsione di nuove misure di austerità economica. Il voto, infatti, si è svolto in coincidenza con crescenti le pressioni internazionali per svalutare la sterlina egiziana, adottare altre misure per porre fine alla crisi economica e sbloccare i finanziamenti del Fondo monetario internazionale (Fmi). A tal riguardo, è opportuno sottolineare che l’Egitto aveva raggiunto, a ottobre 2022, un accordo con il Fondo all’interno del programma di Finanziamento esteso (Eff) per un prestito da 3 miliardi di dollari. Il prestito, tuttavia, era stato sospeso nel marzo 2023 per la mancata attuazione di una serie di riforme strutturali del sistema economico egiziano, tra cui spicca il passaggio permanente a un regime di tasso di cambio flessibile, una politica monetaria volta a ridurre gradualmente l’inflazione e la riduzione del debito pubblico.
Nonostante tre svalutazioni della valuta locale dall’inizio del 2022, la sterlina egiziana rimane sopravvalutata rispetto al tasso sul mercato nero. Le deteriorate condizioni economiche hanno probabilmente spinto l’establishment egiziano a scegliere tra una nuova svalutazione della sterlina e il conseguente malessere popolare, oppure anticipare il voto, per evitare una perdita di consensi di Al Sisi. Ora, l’istituzione finanziaria internazionale potrebbe decidere di aumentare la linea di credito Eff fornita all’Egitto, portando il prestito da 3 a 5 miliardi di dollari, anche in ragione dell’impatto della guerra nella vicina Striscia di Gaza. Secondo quanto dichiarato dai vertici dell’Fmi, infatti, la guerra in corso tra Israele e Hamas rischia di avere conseguenze sui Paesi della regione, e in particolare sull’Egitto, attraverso un’ ulteriore perdita delle entrate derivanti dal turismo e per il tramite di un aumento dei costi energetici. A sostegno del Cairo potrebbe intervenire anche l’Unione Europea. Diverse fonti, infatti, indicano che l’Ue potrebbe proporre un piano di investimenti con l’immissione di 9 miliardi di euro nel Paese a favore di settori come le iniziative digitali, l’energia, l’agricoltura e i trasporti.
Ex ministro della Difesa ed ex comandante in capo delle Forze armate egiziane, Al Sisi è salito al potere nel 2014 dopo aver deposto con un colpo di Stato il presidente Mohamed Morsi, primo presidente eletto dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, che aveva rovesciato il generale Hosni Mubarak. Morsi era membro dei Fratelli musulmani, oggi classificati dalle autorità come organizzazione terroristica, ed è stato destituito dall’esercito dopo le manifestazioni di massa del 2013. Nell’annunciare la sua candidatura, Al Sisi aveva messo in guardia dal rischio di rivolte popolari nel Paese, collegate alla crisi economica, parlando delle elezioni come di “un’opportunità di cambiamento per il popolo egiziano”.