Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 27/01/2024
La reazione della leadership israeliana è stata unanime nel ribadire il diritto all’autodifesa
La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha stabilito che Israele e il suo esercito devono adottare tutte le misure in loro potere per non commettere gli atti di genocidio definiti dalla relativa Convenzione, devono prevenire e punire l’incitamento pubblico a commettere il genocidio, e devono consentire la fornitura di servizi di base e aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Contrariamente alle aspettative di alcuni esperti, la Corte non ha chiesto a Israele di fermare l’operazione militare a Gaza, lanciata il 7 ottobre 2023 dopo l’attacco del movimento islamista palestinese Hamas, costato la vita a 1.200 persone. Al contempo, la Corte ha chiesto ai gruppi armati di Gaza di rilasciare i 136 ostaggi.
Dall’inizio dell’offensiva israeliana, nella Striscia di Gaza sono state uccise oltre 25 mila persone, anche se non è chiaro quanti siano i civili e quanti siano miliziani dei gruppi armati Hamas e Jihad islamica. La reazione della leadership israeliana è stata unanime nel ribadire il diritto all’autodifesa. Plauso da parte della politica palestinese, che ha definito la sentenza “un importante promemoria del fatto che nessuno Stato è al di sopra della legge o fuori dalla portata della giustizia”.
L’Ue, da parte sua, si aspetta la piena, immediata ed effettiva attuazione della sentenza. La Corte si è pronunciata oggi in seguito alla richiesta presentata dal Sudafrica per condannare i presunti crimini di genocidio commessi dai militari di Israele nella Striscia di Gaza. Nel corso della lettura della sentenza, la presidente della Corte, Joan E. Donoghue, ha spiegato che l’organismo internazionale ha respinto la richiesta di Israele di archiviare il caso per crimini di genocidio nella Striscia di Gaza presentata dal Sudafrica. Per la Corte, alcune delle azioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) compiute nella Striscia di Gaza consentono al tribunale dell’Aia “di esaminare il caso sulla base dell’articolo 9 della Convenzione sul genocidio”. Esprimendo preoccupazione per le vittime civili, Donohogue ha detto che “il 93 per cento della popolazione nella Striscia di Gaza rischia la fame e centinaia di migliaia di bambini non hanno accesso all’istruzione”. Nella sentenza, la Corte ha inoltre stabilito che Israele deve impedire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di violazione della convenzione sul genocidio, e che Israele deve presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate in risposta a quest’ordine entro un mese da oggi. La Corte ha invitato Israele ad adottare misure per alleviare le sofferenze della popolazione di Gaza, affermando che ritiene che vi sia il rischio che “saranno causati danni irreparabili, che lederanno i diritti fondamentali dei cittadini”.
Durante l’udienza dell’11 e 12 gennaio, Pretoria aveva chiesto alla Corte internazionale di giustizia l’immediata sospensione dell’operazione militare lanciata dalle Forze di difesa israeliane (Idf) a Gaza, dopo l’attacco del movimento islamista Hamas in Israele, avvenuto il 7 ottobre scorso. Nelle raccomandazioni dell’organismo internazionale, tuttavia, non compare la richiesta di cessare le ostilità nella Striscia, come previsto in precedenza dagli esperti legali israeliani. Le misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia sono giuridicamente vincolanti, ma non è chiaro se Israele le rispetterà. La decisione della Corte internazionale ha provocato una serie di reazioni sia a livello interno che internazionale.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che Israele respinge il “vile” tentativo di vedersi negato il diritto di difendersi e che continuerà a combattere contro il movimento islamista palestinese Hamas “fino alla vittoria totale” e “fino a quando non verranno restituiti tutti gli ostaggi”. “L’impegno di Israele nei confronti del diritto internazionale è incrollabile e altrettanto incrollabile è il nostro sacro impegno a continuare a difendere il nostro Paese e il nostro popolo”, ha affermato Netanyahu, aggiungendo che “l’accusa di genocidio mossa contro Israele non solo è falsa, è oltraggiosa”, e che “tutte le persone perbene dovrebbero respingerla”. Definendo Hamas un’organizzazione “genocida”, il primo ministro ha affermato che “la guerra di Israele è contro i terroristi, non contro i civili palestinesi”. Il premier ha detto: “Ci impegneremo a garantire l’assistenza umanitaria e a fare del nostro meglio per tenere i civili lontani dai pericoli, nonostante Hamas li usi come scudi umani”. Il ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato che “Israele resta impegnato, come ha ipetutamente affermato e dimostrato, ad agire in conformità con i suoi diritti e obblighi ai sensi del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario. Questo impegno è costante, indipendente da qualsiasi procedimento della Corte Internazionale di Giustizia”. Nelle raccomandazioni di oggi, viene richiesto anche il rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi israeliani ancora presenti nella Striscia di Gaza. Sono infatti circa 136 gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, sequestrati durante l’attacco condotto contro Israele il 7 ottobre scorso.
“Israele accoglie con favore la chiara richiesta della Corte per il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi detenuti a Gaza”, si legge nella nota del dicastero israeliano. Da parte sua, il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, si è scagliato contro la Corte internazionale, affermando che Israele “non ha bisogno di lezioni di moralità”. Gallant ha dichiarato che “la Corte è andata ben oltre accogliendo la richiesta antisemita del Sudafrica di discutere l’accusa di genocidio a Gaza”, condannando i giudici per aver rifiutato la richiesta Israele di archiviare il caso per crimini di genocidio. Infine, il ministro ha ribadito che lo Stato ebraico “non dimenticherà mai” l’assalto guidato da Hamas il 7 ottobre, promettendo che “le forze israeliane continueranno a lavorare per smantellare Hamas e restituire gli ostaggi”.
Tra i primi a commentare la decisione della Corte, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha definito l’organismo internazionale “antisemita”: “La decisione della corte antisemita dell’Aia dimostra ciò che già si sapeva: questa corte non cerca la giustizia, ma piuttosto la persecuzione del popolo ebraico. Hanno taciuto durante l’Olocausto e oggi continuano con l’ipocrisia e fanno un ulteriore passo avanti”. “Le decisioni che mettono in pericolo l’esistenza dello Stato di Israele non devono essere ascoltate”, ha aggiunto il ministro, sottolineando: “Dobbiamo continuare a sconfiggere il nemico fino alla vittoria completa”.
Dal canto suo, uno dei leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, ha affermato che la Corte dell’Aia avrebbe dovuto respingere “totalmente la falsa petizione del Sudafrica”, aggiungendo che “Hamas è quello che educa i suoi figli all’odio e all’omicidio, che abbandona i cittadini di Gaza e li usa come scudi umani”. “Invito i ministri del governo e i membri della coalizione a dar prova di moderazione e a prestare attenzione alle loro dichiarazioni per non causare ulteriori danni a livello internazionale e oscurare la faccia di Israele nel mondo”, ha concluso. Anche Hamas, con cui Israele è in conflitto dal 7 ottobre scorso, ha commentato la sentenza della Corte, affermando che si tratta di “un importante sviluppo che contribuisce a isolare Israele e a smascherare i suoi crimini a Gaza”. Il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Riad al Maliki, ha invece dichiarato che la sentenza è “un importante promemoria del fatto che nessuno Stato è al di sopra della legge o fuori dalla portata della giustizia”. Secondo il ministro, decisione della Corte “rompe la radicata cultura israeliana di criminalità e impunità”, dal momento che “i giudici hanno colto la politicizzazione, insubordinazione e le bugie di Israele”.