La Somalia entra nellaComunità dell’Africa orientale

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 24/11/2023

L’adesione sarà sancita nel quadro del vertice straordinario che si è aperto ad Arusha, in Tanzania, alla presenza delle autorità rappresentanti e che sarà occasione per la comunità di affrontare alcuni temi di interesse comune, in testa quello della sicurezza. Per il governo del presidente Hassan Sheikh Mohamud l’adesione al gruppo Eac rappresenta un riconoscimento significativo sul piano politico

La Somalia entrerà ufficialmente a far parte della Comunità dei Paesi dell’Afri ca orientale (Eac) domani, 24 novembre, come ottavo membro del gruppo regionale che include al momento Kenya, Uganda, Tanzania, Sud Sudan, Burundi, Ruanda e Repubblica democratica del Congo.

L’adesione sarà sancita nel quadro del vertice straordinario che si è aperto ad Arusha, in Tanzania, alla presenza delle autorità rappresentanti e che sarà occasione per la comunità di affrontare alcuni temi di interesse comune, in testa quello della sicurezza.

L’Eac si è già impegnata in prima linea in situazioni di conflitto, come accaduto solo un anno fa nell’est dell’Rdc, dove – poco dopo l’adesione a luglio del 2022 – il presidente Felix Tshisekedi ha chiesto e ottenuto lo schieramento di una forza militare in supporto all’esercito locale contro i gruppi armati.

Per il governo del presidente Hassan Sheikh Mohamud l’adesione al gruppo Eac rappresenta un riconoscimento significativo sul piano politico: fu infatti sotto il suo primo mandato da presidente (2012-2017) che a novembre del 2012 Mogadiscio presentò per la prima volta la sua domanda di ingresso, di pari passo con il Sud Sudan, ma successivi accertamenti da parte della comunità regionale avevano poi rallentato il processo di adesione.

È probabile che a frenare il dossier somalo abbiano contribuito i cinque anni di governo dell’ex presidente Mohamed Abdullahi “Farmajo”, la cui governance opaca e le blande dichiarazioni di lotta alla corruzione hanno forse spinto alla prudenza il gruppo regionale.

Più convincente è apparso l’impulso dato da Mohamud ad avviare riforme interne di peso – dalla modifica del sistema elettorale alla sostituzione di funzionari corrotti – e la sua apertura ad una maggiore cooperazione regionale.

Allo stesso modo ha inciso la convinta offensiva lanciata contro al Shabaab dopo anni di stallo ed affaticamento dell’esercito. Con una dichiarata “guerra senza quartiere” al gruppo jihadista affiancata da appelli regionali a combattere insieme una minaccia comune, Mohamud ha inferto per la prima volta, da anni, un vigoroso colpo alla struttura del gruppo jihadista, contro il quale sono impegnati a sostegno di Mogadiscio numerose truppe regionali ed internazionali.

Con l’impegno manifestato sul fronte della sicurezza, Mohamud ha saputo da un lato rassicurare Washington – che ha ripreso i raid contro al Shabaab tramite il suo Comando degli Stati Uniti per l’Africa (Africom) – dall’altro avvicinare alla Somalia governi storicamente diffidenti, come quello dell’Eritrea. Con Asmara, temuto vicino regionale, Mohamud ha rilanciato rapporti rimasti tesi in passato usufruendo a proprio vantaggio delle sue capacità militari, affidandole l’addestramento del maggior numero dei suoi cadetti destinati ad integrare l’esercito e sostituire le leve più stanche. Un esercizio culminato con la nomina del primo ambasciatore somalo ad Asmara, Omar Idris, che sabato scorso ha presentato le sue credenziali al presidente eritreo Isaias Afwerki.

Nell’ultimo periodo, tuttavia, i jihadisti hanno ripreso il controllo di alcune basi abbandonate dalle truppe dell’Unione africana (inquadrate nella missione Atmis) impegnate nel Paese, costringendo Mohamud a chiedere la sospensione del loro ritiro. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato un prolungamento di sei mesi che consentirà agli oltre 17 mila militari della missione di prolungare di altri sei mesi la loro permanenza nel Paese, facendo slittare di qualche tempo la riconsegna delle competenze della sicurezza all’esercito.

La decisione segue diversi appelli lanciati dai vertici militari Atmis sui rischi connessi ad un ritiro improvvido delle truppe, nel timore che in Somalia possa riprodursi quanto accaduto nei Paesi del Sahel – Mali o Burkina Faso – dopo il ritiro delle forze internazionali, aggravando la situazione dei civili esposti agli attacchi.

La risoluzione Onu autorizza a rimanere in Somalia un totale di 14.626 membri del personale in uniforme dal prossimo 1 gennaio e fino al 30 giugno ed a completare il ritiro di 4 mila dipendenti Atmis entro quest’ultima data.

Entro dicembre del 2024 si prevede che Atmis ceda le sue responsabilità in materia di sicurezza all’Esercito nazionale somalo, mentre entro il prossimo mese di marzo sia il governo federale della Somalia che l’Unione africana dovranno effettuare una valutazione tecnica delle fasi di ritiro avviate. Un processo che potrebbe prolungarsi e rendere necessario un ulteriore supporto regionale, come quello della stessa comunità Eac