Mar Rosso, gli attacchi dei Houthi aumentano i costi dei trasporti

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 20/12/2023

Triplicati i premi assicurativi delle compagnie di navigazione con la decisione di diverse compagnie di spedizioni di dirottare il tragitto al largo del Sudafrica per aggirare lo stretto di Bab el Mandeb, a causa del crescente pericolo della rotta

La recente escalation degli attacchi con missili e droni nel Mar Rosso a opera dei ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran, ha portato al triplicarsi dei premi assicurativi delle compagnie di navigazione e alla decisione di diverse compagnie di spedizioni di dirottare il tragitto al largo del Sudafrica per aggirare lo stretto di Bab el Mandeb, a causa del crescente pericolo della rotta. Le tensioni nel Mar Rosso potrebbero far aumentare il costo dei beni e pesare sull’inflazione, come ricordato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. Nell’ottica di evitare questo scenario, l’Italia insieme ad altre nove nazioni parteciperà a una coalizione internazionale per contrastare la minaccia Houthi.

“Agenzia Nova” ne ha parlato con Alessio Patalano, professore di “guerra e strategia in Asia orientale” presso il dipartimento di studi bellici (Dws) del King’s College di Londra. Gli Stati Uniti hanno annunciato la formazione di una coalizione di dieci Paesi per contrastare gli attacchi missilistici e con droni effettuati dalle milizie Houthi contro le navi commerciali che transitano nel Mar Rosso, una rotta attraverso cui passa fino al 12 per cento del commercio globale. Secondo Patalano, le tempistiche per il lancio dell’operazione Prosperity Guardian dipenderanno soprattutto dal livello di coordinamento tra le varie marine. “Dal punto di vista pratico, mettere in atto la funzione di scorta non è particolarmente complesso”, ha spiegato Patalano, e “ci sono già delle navi europee e statunitensi che sono probabilmente in comunicazione diretta per via delle tensioni e attività nelle ultime settimane”.

Il nodo da sciogliere riguarda piuttosto “il quadro politico” e le negoziazioni per decidere i rispettivi compiti. Finora c’è stato un “problema di natura tattica perché le navi in zona dovevano rispondere agli attacchi a distanza, utilizzando sistemi di difesa di media portata, per prestare soccorso alle navi in pericolo”, spiega il professore. Con la nuova coalizione la dinamica potrebbe cambiare: “Se la scorta viene portata più vicino, da una parte si apre la possibilità di diversi tipi di ingaggio, estendendo l’opzione a sistemi di difesa meno costosi, dall’altra bisogna capire fino a che punto si accettano i rischi, perché c’è una differenza fondamentale tra fare da scorta ai navigli e attaccare i luoghi da cui provengono gli attacchi”, afferma Patalano.

L’operazione Prosperity Guardian riunisce dieci Paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Bahrein, Canada, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles, Spagna. L’Italia dispiegherà la fregata Virginio Fasan della Marina italiana. Vale la pena ricordare che l’Italia è già presente nello Stretto di Hormuz per garantirne la sicurezza nel quadro della missione europea Emasoh. La “qualità e la sofisticatezza dei sistemi di combattimento” sulle unità italiane assicurano, secondo Patalano, un ruolo prominente all’Italia. Al contrario, non è passata inosservata l’assenza della Germania tra i Paesi partecipanti, che secondo il professore si spiega con la sua posizione diametralmente opposta rispetto alla flotta italiana. “La Germania paga le conseguenze dei limiti della propria struttura militare in termini di scelta politica e di partecipazione”, ha affermato l’esperto del King’s College.

La Marina tedesca dispone di un naviglio “abbastanza limitato, con componenti fondamentali che sono soggette all’usura del tempo e una flotta che difficilmente può operare al di fuori del ristretto contesto europeo”. Dall’inizio del conflitto tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso si sono intensificati, diventando “relativamente frequenti, anche se irregolari”, ha ricordato Patalano. Inizialmente sembrava che le azioni delle milizie si concentrassero esclusivamente su navi di Israele o dirette in quel Paese, mentre “da circa una settimana il fenomeno sembra essersi allargato”. “Ci sono stati all’incirca 40 tentativi di attacchi, focalizzati in una decina di momenti in cui c’è stata la convergenza di più droni e missili”, ha affermato il professore.

Secondo l’esperto, il criterio di scelta degli obiettivi degli Houthi si lega alla volontà di creare problemi a livello internazionale nel transito di mercantili attraverso il Mar Rosso. “Questo ha fatto triplicare i premi assicurativi e le compagnie di navigazione hanno scelto di allungare il tragitto passando al largo del Sudafrica, aumentando notevolmente i costi”, ha dichiarato Patalano. In questo contesto è interessante notare come Paesi molto rilevanti come la Cina o l’Egitto abbiano tenuto “un profilo abbastanza basso, al contrario di altre nazioni che hanno deciso di reagire in maniera più decisa”, ha affermato il docente.

Per quanto riguarda Pechino, va notato che “anche navi cinesi – Cosco Shipping ha fermato oggi il transito nel Mar Rosso – o che trasportano carichi di quel Paese hanno cominciato a percorrere rotte alternative e anche i loro premi assicurativi si stanno alzando”, ha spiegato Patalano, secondo cui “ciò che è rilavante non è che sia una nave cinese a essere colpita direttamente, ma quale impatto economico questa situazione sta generando anche per Pechino”. “La domanda interessante da porsi è fino a che punto nazioni con importanti interessi nella regione come la Cina o l’Egitto – per via del Canale di Suez, da dove passa circa il 10 per cento dei commerci mondiali – potranno nascondersi dietro l’intervento di altri attori e mantenere la propria “neutralità”, ha concluso Patalano.

L’Italia si appresta a inviare una fregata militare nel Mar Rosso, nel quadro di una missione navale guidata dagli Stati Uniti, “per dare sicurezza all’aerea” teatro di attacchi alle navi commerciali da parte dei ribelli sciiti yemeniti Houthi ed evitare un “impatto pesante sull’inflazione”, come ha dichiarato oggi il ministro della Difesa dell’Italia, Guido Crosetto, a “Rai News 24”. Citando i livelli di inflazione, su cui hanno pesato la pandemia da Covid 19 e la guerra in Ucraina, il ministro ha evidenziato l’impatto del blocco dei trasporti navali sul costo delle merci. L’unica soluzione al momento secondo il ministro sembra quella di inviare navi militari in grado di fermare gli attacchi Houthi che, ha aggiunto, “ricevono i target in modo poco chiaro”.

Secondo Crosetto, “qualche altra imbarcazione” starebbe indicando ai miliziani yemeniti filo-iraniani “quali navi attaccare e quali no”. Tutto questo, ha concluso Crosetto, “sta aumentando i costi” delle assicurazioni e dei trasporti marittimi e richiede un intervento “nel più breve tempo possibile per evitare conseguenze gravi sull’inflazione”. Da parte sua, il segretario di Stato statunitense alla Lloyd Austin, ha dichiarato: “I Paesi che cercano di difendere il principio fondamentale della libertà di navigazione devono unirsi per affrontare la sfida posta da questo attore non statale”. La coalizione, ha aggiunto Austin, opererà “con l’obiettivo di garantire la libertà di navigazione per tutti i Paesi e rafforzare la sicurezza e la prosperità della regione”.