Medio Oriente, basi americane sotto attacco in Siria e Iraq

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 20/10/2023

ORDINE DI EVACUAZIONE PER I CITTADINI OCCIDENTALI

E’ alto il rischio che il conflitto tra il movimento islamista palestinese Hamas e Israele si espanda, in particolare nella cosiddetta Mezzaluna sciita, che comprende Iraq, Siria e Libano, e che di fatto rappresenta la sfera di influenza dell’Iran nella regione. Un evidente tentativo di allargamento del conflitto si è registrato tra le giornate di ieri e oggi. Tre basi degli Stati Uniti sono state infatti attaccate in Iraq e in Siria da gruppi armati filo-iraniani. In particolare, ieri, Kataib Hezbollah, un gruppo paramilitare sciita iracheno che fa parte delle Unità di mobilitazione popolari (Pmu), sostenute da Teheran, ha rivendicato due attacchi contro la base aerea Usa di Al Asad, nel governatorato occidentale dell’Anbar, in Iraq, e della base aerea di Al Harir, nel governatorato di Erbil, nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. “Da oggi è iniziata l’operazione di resistenza irachena contro gli statunitensi con l’attacco alle loro basi militari. Gli statunitensi sono i principali partner nell’uccisione della popolazione di Gaza e devono pagare per questo”, ha riferito un portavoce militare di Kataib Hezbollah via Telegram. Il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha confermato gli attacchi, che avrebbero causato solo “feriti di lievi entità” nella base di Al Asad. “Siamo in uno stato di massima prontezza, monitoriamo da vicino la situazione in Iraq e nella regione. Vogliamo ribadire che le forze statunitensi si difenderanno da qualsiasi minaccia”, ha riferito il Centcom. Tuttavia, finora, non vi è stata una risposta di tipo militare da parte degli Stati Uniti. Anche nella giornata di oggi, 19 ottobre, tre droni sono stati lanciati contro la base Usa di Al Tanf, in Siria, vicino al confine con Giordania e Iraq, due dei quali sono stati abbattuti dalla Coalizione internazionale a guida Usa. Il terzo ha invece colpito la base, provocando danni materiali. L’attacco è stato attribuito alle milizie filo-iraniane, secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), organizzazione non governativa con sede a Londra, ma con una fitta rete di contatti sul campo.

Contemporaneamente, due razzi hanno colpito il giacimento petrolifero di Koniko, nel governatorato di Deir ez Zor, nel l’est della Siria. È stato così innalzato il livello di allerta nelle basi statunitensi presenti nel Paese. Questi avvenimenti rappresentano un chiaro tentativo dell’Iran di allargare alla Mezzaluna sciita il conflitto in corso tra Israele e Hamas, scoppiato il 7 ottobre scorso in seguito all’attacco combinato di Hamas in Israele, con la conseguente violenta risposta delle forze israeliane nella Stri- scia di Gaza. In seguito agli attacchi, il dipartimento di Stato Usa ha invitato i cittadini statunitensi in Libano a “preparare piani per lasciare il Paese il prima possibile”, utilizzando i voli di linea ancora disponibili. “Raccomandiamo ai cittadini Usa che scelgono di non partire di preparare piani di contingenza per le situazioni d’emergenza”, si legge in una nota dell’ambasciata degli Stati Uniti a Beirut, facendo riferimento alla “situazione di sicurezza imprevedibile” in Libano.

Nella giornata di ieri, era stata l’Arabia Saudita a invitare i suoi cittadini a lasciare “immediata- mente” il Paese dei cedri. Dallo scoppio del conflitto del 7 ottobre, anche al confine tra lo Stato ebraico e il Libano si sta verificando una forte escalation di violenza e tensioni. In particolare, in campo sono schierate le forze israeliane contro il movimento sciita libanese filo-iraniano Hezbollah. Il capo del consiglio esecutivo del movimento, Sheikh Hachem Safieddine, ha dichiarato: “Decine di migliaia di combattenti sono pronti, con il dito sul grilletto, e arriveranno al martirio. A (Joe) Biden, a (Benjamin) Netanyahu e agli europei ipocriti diciamo: state attenti, state attenti. L’errore che potreste commettere nei confronti della nostra resistenza genererà una risposta più forte della vostra”, ha concluso. Da parte sua, il portavoce di Hamas in Libano, Walid Kilani, ha dichiarato oggi all’emittente libanese “Lbci” di non avere intenzione di coinvolgere Beirut nel conflitto con Israele, aggiungendo che i recenti attacchi contro obiettivi israeliani vicino alla Linea blu (che segna il confine de facto tra i due paesi) sono “attività minime”.

Gli attori internazionali, intanto, stanno esprimendo grande preoccupazione rispetto a un possibile allargamento del conflitto. Ieri, durante la sua visita in Israele, il presidente Usa, Joe Biden, ha invitato il premier Benjamin Netanyahu a non lasciarsi “consumare dalla rabbia” e a non commettere quegli stessi errori che gli Stati Uniti commisero dopo gli attentati del 2001. “In tempo di guerra – ha sottolineato Biden – le decisioni non sono mai chiare o facili. Ci sono sempre dei costi. Ma devono essere prese. Bisogna porsi domande molto difficili, fare chiarezza sugli obiettivi ed essere onesti sulla propria capacità di raggiungere quegli obiettivi”. Il messaggio a Israele è chiaro: Biden ribadisce la ferma solidarietà da parte degli Usa, ma chiede anche che la risposta ad Hamas non sia eccessiva e non rischi di trasformare la crisi in corso in una guerra regionale, né di danneggiare le relazioni tra Washington e i suoi alleati arabi nella regione. “La grande maggioranza dei palestinesi non è Hamas, e Hamas non rappresenta il popolo palestinese. Hamas usa famiglie innocenti come scudi umani, mette centri di comando e armi in aree residenziali. Anche il popolo palestinese sta soffrendo enormemente”, ha detto il presidente Usa.