Migrazione: l’Unione europea supera lo stallo sul nuovo Patto

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 21/12/2023

Metsola: «È il più importante della legislatura». Sulla riforma il voto prima delle europee

l Patto europeo sulla migrazione e l’asilo è realtà. Dopo due giorni di trattative, i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue hanno raggiunto l’accordo su quello che la presidente dell’Eurocamera Metsola ha definito “il più importante della legislatura”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha parlato invece di “accordo storico”, congratulandosi con il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, e la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, per l’impegno e la proposta presentata nel 2020. “La migrazione è una sfida europea comune: la decisione di oggi ci permetterà di gestirla insieme”, ha sottolineato von der Leyen tramite un messaggio su X. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha invece definito l’accordo sul nuovo Patto “una pietra miliare che aiuterà l’Ue a garantire una risposta europea al fenomeno migratorio”.

La riforma europea per la gestione delle migrazioni si basa su cinque regolamenti distinti, che stabiliscono le norme per condividere fra gli Stati membri la gestione dei flussi migratori in entrata, oltre a stabilire che cosa fare in caso di crisi improvvisa. Le norme regolano anche il trattamento delle persone che arrivano alle frontiere esterne dell’Ue, il trattamento delle richieste di asilo e l’identificazione dei migranti in arrivo. La principale novità è la norma che prevede la solidarietà obbligatoria per i Paesi dell’Ue riconosciuti come “sot – to pressione migratoria”, consentendo agli altri Stati membri di scegliere tra la ricollocazione dei richiedenti asilo sul proprio territorio e un versamento di contributi finanziari.

Con l’accordo sul Patto migrazione e asilo, “finalmente abbiamo un meccanismo di solidarietà obbligatorio, e non è una piccola cosa: vuol dire che ciascun Paese membro si assumerà responsabilità attraverso contributi flessibili e volontari”, ha detto Tomas Tobè (Ppe), presidente della commissione Sviluppo (Deve) del Parlamento europeo, nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles. In base al meccanismo concordato, ogni anno verrà istituito un fondo di solidarietà a cui tutti i Paesi dell’Ue dovranno contribuire con ricollocazioni (cioè trasferimenti di un richiedente o di un beneficiario di protezione internazionale dal territorio di uno Stato membro beneficiario al territorio di uno Stato membro contribuente) e-o contributi finanziari. Il calcolo del contributo di ogni Stato membro si baserà sulle dimensioni della popolazione (50 per cento) e del Pil (50 per cento), mentre ogni Paese è libero di decidere il tipo di contributo o una combinazione di essi.

Gli Stati membri dichiarati sotto pressione migratoria notificheranno al Consiglio e alla Commissione la loro intenzione di utilizzare il meccanismo e potranno richiedere una detrazione parziale o totale dei propri contributi di solidarietà. Il nuovo regolamento, come concordato, fissa la soglia minima per le ricollocazioni a 30 mila richiedenti e il contributo finanziario a 600 milioni di euro. In caso di impegni insufficienti per le ricollocazioni, uno Stato membro beneficiario può chiedere agli altri Stati membri di assumersi la responsabilità di esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che devono essere rimpatriate nello Stato membro beneficiario, invece di contribuire con le ricollocazioni. Nel valutare la pressione migratoria, inoltre, viene presa in considerazione anche la situazione specifica dei Paesi con ricorrenti operazioni di ricerca e salvataggio (Sar) alle loro frontiere.

Secondo il nuovo Patto, il diritto di richiedere protezione internazionale non comprende la scelta da parte del richiedente di quale Stato membro debba essere responsabile dell’esame della domanda o verso quale Stato membro debba essere ricollocato. Nel processo di identificazione delle persone da ricollocare e del loro possibile abbinamento con gli Stati membri di ricollocazione, si terrà conto delle vulnerabilità, comprese quelle dei minori non accompagnati. I contributi finanziari, specifica il Parlamento europeo in una nota, sosterranno le azioni nell’Ue in materia di migrazione, accoglienza e asilo. “Gli Stati membri possono anche fornire sostegno ad azioni nei Paesi terzi o in relazione ad essi, con un impatto diretto sui flussi migratori verso l’Ue”, si legge ancora nel comunicato. Le regole concordate, includono inoltre criteri aggiuntivi per determinare quale Stato membro sia responsabile dell’esame della domanda di protezione internazionale (note come regole di Dublino). Per determinare il Paese responsabile, i casi di ricongiungimento familiare avranno la priorità e i possibili legami familiari saranno identificati il più rapidamente possibile.

Ulteriori criteri sono: diplomi ottenuti in uno Stato membro, relazioni significative esistenti e conoscenza della lingua. Se non si applicano altri criteri, il primo Stato membro di registrazione della domanda di protezione internazionale sarà comunque responsabile dell’esame della stessa. Per rispondere a improvvisi aumenti degli arrivi, il nuovo Patto prevede invece il regolamento sulle crisi e le cause di forza maggiore, che stabilisce un meccanismo per garantire la solidarietà e misure di sostegno agli Stati membri che si trovano ad affrontare un afflusso eccezionale di cittadini di Paesi terzi, che potrebbe portare al collasso del sistema nazionale di asilo. Si tratta di uno dei regolamenti più discussi negli ultimi mesi, uno degli ultimi ad essere stati approvati dal Parlamento e dal Consiglio nello stabilire le rispettive posizioni negoziali. Le nuove regole concordate informalmente dai negoziatori del Parlamento e del Consiglio si applicheranno in situazioni eccezionali di arrivo in massa di cittadini di Paesi terzi o di apolidi via terra, aria o mare, comprese le persone sbarcate in seguito a operazioni di ricerca e salvataggio.

Per essere considerata una crisi, la situazione deve rendere non funzionanti i servizi di asilo, accoglienza, protezione dei minori o il sistema di rimpatrio di un determinato Stato membro, cosa che potrebbe avere gravi conseguenze sul funzionamento del sistema comune di asilo dell’Ue. Le norme si applicherebbero anche alle situazioni in cui un Paese terzo o un attore non statale ostile provassero a incoraggiare, o facilitare, il movimento di cittadini di Paesi terzi e di apolidi verso le frontiere esterne dell’Ue o verso uno Stato membro, a scopo di destabilizzazione del Paese. Di fronte a una crisi, lo Stato membro interessato dovrà presentare una richiesta motivata alla Commissione, che valuterà la situazione entro due settimane e adotterà una decisione sulla presenza o meno di una situazione di crisi. Le nuove regole prevedono un sistema di solidarietà prevedibile e permanente in cui tutti gli Stati membri devono contribuire a sostenere lo Stato membro in crisi.

Tra le possibili misure di solidarietà per affrontare una crisi specifica, uno Stato membro può proporre alla Commissione di optare per la ricollocazione dei richiedenti asilo e per contributi finanziari mirati o misure alternative. Alcune categorie di persone – come i richiedenti provenienti da uno specifico Paese d’origine – possono essere identificate come aventi diritto alla protezione prima facie (fino a prova contraria), vale a dire che le autorità dovrebbero dare priorità all’esame della loro domanda perché è probabile che sia fondata e garantire la rapida conclusione della pratica. In base a questo regolamento, sono previste alcune deroghe. In situazioni di crisi, la registrazione delle domande di asilo potrebbe richiedere fino a 10 giorni, mentre la procedura di frontiera verrebbe prolungata di altre sei settimane sia per le procedure di asilo che per quelle di rimpatrio. In situazioni di afflusso massiccio, infine, la soglia per la procedura di frontiera si applicherà ai richiedenti con un tasso di riconoscimento fino al 50 per cento, mentre in situazioni di strumentalizzazione, la procedura di frontiera sarà applicata a tutti gli arrivi. In situazioni di strumentalizzazione, dopo una valutazione individuale, le persone vulnerabili e le famiglie con bambini sotto i 12 anni potrebbero essere escluse dalla procedura di frontiera.

“Oggi è un nuovo giorno, un giorno storico”, ha detto la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, in una conferenza stampa a Bruxelles. “Quando sono stata incaricata da Ursula von der Leyen di sbloccare la situazione sulla migrazione e far sì che i colegislatori di tutta l’Ue si accordassero su un nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, so che molti pensavano che non sarebbe mai stato possibile. Perciò oggi provo una grande felicità”, ha affermato Johansson. “Questo è un grande successo per l’Europa. Finalmente, dopo tanti anni, siamo riusciti a concordare una politica comune e globale in materia di migrazione e asilo. Non è solo una vittoria per l’Ue e l’Europa, ma anche per i migranti”, ha aggiunto la commissaria europea. Secondo l’accordo trovato, nel nuovo Patto migrazione e asilo è previsto anche un nuovo regolamento sullo screening, secondo cui le persone che non soddisfano le condizioni per entrare nell’Ue saranno sottoposte a una procedura di screening pre-ingresso, che comprenderà l’identificazione, la raccolta di dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza, per un massimo di sette giorni.

I colegislatori hanno infatti concordato una procedura più rapida per il riconoscimento o la revoca della protezione internazionale, applicabile in tutti gli Stati membri dell’Ue e che sostituisce le procedure nazionali. Le nuove norme, specifica il Parlamento europeo, renderanno più efficiente l’esame delle richieste di asilo, con un termine di riferimento di sei mesi per la prima decisione e termini più brevi per le richieste manifestamente infondate o inammissibili. Le procedure di asilo di frontiera più rapide – che possono durare fino a 12 settimane – possono essere applicate alle frontiere esterne dell’Ue o in prossimità delle zone di transito, mentre i richiedenti asilo le cui domande sono respinte dovrebbero essere rimpatriati in meno di 12 settimane. Le persone considerate un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico, o se il richiedente ha ingannato le autorità presentando informazioni false sull’identità o sulla nazionalità, e quelle provenienti da Paesi con tassi di riconoscimento dell’asilo inferiori al 20 per cento, inoltre, saranno sempre soggette alla procedura di asilo di frontiera subito dopo lo screening.

Nel nuovo Patto, è stata però inserita una norma che assicura che i minori non accompagnati non saranno sottoposti a procedure di frontiera, a meno che non rappresentino un rischio per la sicurezza, e che le famiglie con bambini non saranno una priorità per l’ammissione alla procedura di frontiera, alle quali dovranno essere offerte condizioni di accoglienza adeguate. La capacità adeguata a livello Ue per lo svolgimento delle procedure di frontiera, inoltre, sarà di 30 mila posti di accoglienza e gli Stati membri dovranno garantire di essere in grado di svolgere le procedure di frontiera sul proprio territorio. Ogni Paese avrà un numero massimo di domande (tetto annuale) da esaminare nella procedura di frontiera, che sarà stabilito dalla Commissione. La capacità adeguata sarà aumentata gradualmente nei tre anni successivi all’entrata in vigore delle nuove norme.