STRISCIA DI GAZA, ISRAELE ALLARGA LE OPERAZIONI ALLA CITTÀ PRINCIPALE

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/12/2023

Resta caldo anche il fronte al confine con il Libano, dove le Idf hanno colpito le postazioni degli Hezbollah

L’ operazione di terra nella Striscia di Gaza delle Forze di difesa di Israele (Idf) si estende alla città principale, Gaza City, mentre proseguono con difficoltà i negoziati per raggiungere una tregua nelle ostilità in cambio del rilascio degli ostaggi israeliani detenuti dal movimento islamista palestinese Hamas. Le Idf hanno annunciato di aver raggiunto il “pieno controllo operativo” sul quartiere Shejaiya a Gaza City, dove, dopo intensi combattimenti, la 36ma divisione ha completato lo smantellamento delle “capacità principali” del movimento islamista palestinese Hamas. Le Idf hanno dichiarato di aver ucciso molti combattenti del gruppo armato e che nove militari israeliani sono morti in un’imboscata.

Sono state distrutte anche decine di tunnel sotterranei, mentre la Brigata Golani ha fatto irruzione nelle case di alti membri di Hamas, sequestrando materiale di intelligence. La 188ma Brigata corazzata è entrata nel quartier generale del battaglione di Hamas di Shejaiya, mentre la Brigata Paracadutisti, nel frattempo, ha demolito più di 100 edifici dei miliziani nell’area.

Resta caldo anche il fronte settentrionale, al confine con il Libano, dove le Idf hanno colpito postazioni del movimento sciita filo-iraniano Hezbollah. Restano inoltre le preoccupazioni per la navigazione nel Mar Rosso, che sembra essere diventato il terzo fronte della guerra in Medio Oriente. A questo proposito, il ministro degli Esteri dell’Egitto, Sameh Shoukry, ha affermato che i Paesi che si affacciano sul Mar Rosso hanno la responsabilità di proteggerlo dagli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dalla Repubblica islamica dell’Iran. Le operazioni condotte dai miliziani yemeniti stanno allarmando la comunità internazionale, che teme per la sicurezza della rotta attraverso cui passa fino al 12 per cento del commercio globale.

Nel frattempo in Israele il conflitto sembra alimentare le divisioni politiche interne. Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha criticato il gabinetto di guerra e ne ha chiesto lo scioglimento dopo che era stata ventilata l’ipotesi di diminuire l’intensità della campagna militare nella Striscia di Gaza contro Hamas. “Se qualcuno intende, Dio non voglia, fermare le Forze di difesa israeliane (Idf) prima che Hamas sia sconfitto e tutti gli ostaggi siano stati restituiti, dovrebbe tenere presente che il partito Otzma Yehudit non sarà d’accordo”, ha affermato il leader della formazione politica di estrema destra, aggiungendo che “l’idea di ridurre l’attività a Gaza è un fallimento nella gestione delle operazioni da parte del piccolo gabinetto di guerra, che dovrebbe essere smantellato al più presto”. Il gabinetto di guerra comprende il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa, Yoav Gallant e il leader dell’Unità nazionale e un leader dell’opposizione, Benny Gantz. Questi sono i tre membri votanti, che si affiancano a due osservatori, il ministro degli Affari strategici Ron Dermer e il ministro senza portafoglio Gadi Eisenkot.

Anche sul futuro governo dell’exclave palestinese una volta terminato il conflitto sembra non esserci accordo nel governo dello Stato ebraico. Il consigliere per la Sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi, ha lasciato intendere una possibile apertura alla possibilità che l’Autorità nazionale palestinese (Anp) prenda il controllo di Gaza, in contraddizione con il categorico rifiuto a tale ipotesi del primo ministro Netanyahu. Poco dopo infatti, è arrivata la cri tica del ministro delle Finanze di Israele, Bezalel Smotrich, che ha affermato che le dichiarazioni di Hanegbi “non rappresentano la posizione del governo israeliano e il primo ministro deve richiamarlo all’ordine. L’Autorità palestinese non è la soluzione, è una parte significativa del problema”.

Nell’ambito del tentativo di raggiungere un accordo su una tregua tra Israele e Hamas il mi- nistro degli Esteri britannico, David Cameron, si è recato in Egitto, da dove ha affermato che tenterà di “proseguire gli sforzi per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi, aumentare gli aiuti a Gaza e porre fine agli attacchi missilistici di Hamas”. Il ministro ha ribadito che, senza la garanzia della sicurezza di Israele, non potrà esserci una pace duratura o una soluzione a due Stati.

Da parte sua, Hamas non sarebbe disponibile a una tregua inferiore a 14 giorni, durante i quali Israele dovrebbe fermare le operazioni militari in cambio del rilascio di ostaggi israeliani. Lo riferiscono fonti citate dall’emittente panaraba di proprietà saudita “Al Arabiya”. Altre fonti hanno fatto sapere che Israele sarebbe disposto a un cessate il fuoco di cinque giorni, con possibili rinnovi quotidiani.