Senegal, caos dopo il rinvio delle elezioni Le opposizioni gridano al golpe istituzionale

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 06/02/2024

Il presidente ha annunciato indagini sulle modalità di selezione delle candidature da parte del Consiglio costituzionale

E’ crisi politica in Senegal, dove sabato 3 febbraio, con una mossa a sorpresa, il presidente Macky Sall ha annunciato il rinvio “a data da destinarsi” delle elezioni generali in programma il 25 febbraio. Il Paese “non può permettersi di piombare in altri disordini”, ha detto il capo dello Stato citando le violenze scoppiate durante le elezioni locali del marzo 2021 e nell’agosto del 2023 per la condanna del carismatico leader di opposizione Ousmane Sonko, la cui candidatura alla presidenza è stata peraltro di recente esclusa dalla corsa elettorale.

Il presidente ha così annullato via decreto la convocazione del corpo elettorale e annunciato l’istituzione di una commissione parlamentare che dovrà indagare sulle modalità di selezione delle candidature da parte del Consiglio costituzionale, all’interno del quale alcuni magistrati sono stati accusati di corruzione. Sall ha ribadito che sarà “suo impegno” non ricandidarsi per un nuovo mandato, come già dichiarato, ma il rinvio del voto ha sollevato una forte ondata di contestazioni. Il candidato della coalizione di opposizione Khalifa Sall ha parlato di “colpo di Stato istituzionale” e lanciato un appello alla protesta: nel giro di poche ore, domenica 4 febbraio centinaia di persone si sono raccolte nelle strade della capitale Dakar, manifestando il loro dissenso per un rinvio ritenuto l’ennesimo escamotage per prolungare la permanenza di Sall al governo.

Preoccupazione rafforzata dalle voci secondo cui, in occasione di una riunione di emergenza in corso in parlamento, verrà proposta una misura per prolungare il mandato presidenziale in modo da gestire la crisi in corso. Durante le proteste di domenica, non autorizzate, la polizia ha disperso la folla con il lancio di gas lacrimogeni. Al momento non risultano feriti, sebbene un altro candidato alla presidenza, Daouda Ndiaye, abbia postato un messaggio sui social network in cui afferma di essere stato “brutalizzato” dalla polizia e abbia denunciato l’arresto di alcuni suoi collaboratori. Le autorità hanno inoltre ritirato la licenza dell’emittente privata “Walf Tv”, accusata di “incita – mento alla violenza” in seguito alla trasmissione delle immagini delle proteste, e sospeso la copertura di rete Internet nel Paese, misura di frequente adottata dai governi in Africa per frenare il dissenso in caso di manifestazioni.

I candidati di opposizione denunciano un atto di forza da parte di Sall e vogliono proseguire in una campagna elettorale già segnata da episodi conflittuali. Oltre all’esclusione della candidatura di Ousmane Sonko – con – dannato di recente per diffamazione, ma “habitué” dei tribunali del Paese con accuse di incitamento all’insurrezione e associazione a delinquere – le settimane prima del voto hanno portato al centro dei riflettori il caso di Karim Wade: figlio dell’ex presidente Abdoulaye e da anni in esilio in Qatar per le critiche formulate al governo Sall, ha dovuto rinunciare alla nazionalità francese che aveva insieme a quella senegalese, elemento inconciliabile con una candidatura a ruoli elettivi. Tra i candidati approvati dal Consiglio costituzionale a fine gennaio figurano i principali favoriti: il premier Amadou Ba, l’ex sindaco di Dakar Khalifa Sall, Karim Wade e Idrissa Seck, quest’ultimo arrivato secondo alle elezioni presidenziali del 2019.

Per quanto riguarda Sonko, la corte costituzionale ha ufficialmente respinto la sua candidatura ritenendo “incompleta” la documentazione presentata. In precedenza gli stessi giudici avevano confermato la condanna a sei mesi di reclusione pronunciata dalla Corte d’appello di Dakar a carico dell’oppositore per l’accusa di diffamazione nei confronti del ministro del Turismo Mame Mbaye Niang. La figura di Sonko, che gode di un vasto seguito anche per il ruolo di sindaco di Ziguinchor attualmente rivestito, preoccupa da tempo le autorità senegalesi. Nell’estate scorsa almeno 15 persone sono morte negli scontri scoppiati fra la polizia e i suoi sostenitori, dopo che l’oppositore aveva minacciato di “marciare su Dakar” per deporre Sall. Di questo sostrato di dissenso politico non c’è tuttavia traccia nelle dichiarazioni ufficiali del presidente.

Al centro delle motivazioni che hanno spinto il capo dello Stato a rinviare il voto ci sarebbe soprattutto il caso di presunta corruzione che sta coinvolgendo alcuni magistrati membri del Consiglio costituzionale, organo preposto alla selezione dei candidati alla presidenza. Nel discorso alla nazione trasmesso in diretta televisiva, Sall ha giustificato il rinvio del voto con una “situazione grave e confusa” che impedisce al Paese di andare regolarmente alle urne. “Il nostro Paese vive da qualche giorno un dissenso fra l’Assemblea nazionale ed il Consiglio costituzionale per un presunto caso di corruzione che coinvolgerebbe dei giudici”, ha spiegato Sall, aggiungendo a questo il caso della doppia nazionalità del candidato Wade.

“Tutto questo nuocerebbe alla credibilità dello scrutinio, che già porta lo stigma delle violenze del marzo 2021 e del giugno 2023: il nostro Paese non può permettersi una nuova crisi”, ha dichiarato il presidente, ribadendo al contempo “l’impegno solenne a non presentarmi alle elezioni”. “Aprirò un dialogo nazionale per (tenere) elezioni aperte e trasparenti in un Senegal pacificato”, ha proseguito il capo dello Stato, annunciando di aver abrogato via decreto la convocazione del corpo elettorale per fine mese. Sul caso di presunta corruzione dei giudici del Consiglio costituzionale, Sall ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare “affin – ché luce sia fatta”, commissione che avrà il compito di “accertare il regolare processo di verifica delle candidature (alla presidenza) e altri fatti connessi all’elezione”. Sall ha ribadito di agire così come “garante delle istituzioni e rispettoso della separazione dei poteri”.

Il Senegal vive ormai da mesi un forte contrasto tra gli attori politici della maggioranza e delle opposizioni. La decisione di Sall ha spinto sabato alle dimissioni il segretario alla presidenza, Abdou Latif Coulibaly, che già in precedenza aveva contestato il capo dello Stato. Lo scorso ottobre Sall ha sciolto il governo riconfermando tuttavia il premier (e candidato alla sua successione) Amadou Ba, mentre a luglio la maggioranza di governo ha deciso di ritirare un progetto di modifica della Costituzione concernente le condizioni per lo scioglimento dell’Assemblea. Il proclamato “dialogo nazionale” annunciato sabato da Sall riprende pure un progetto da tempo proposto dal capo dello Stato ma boicottato dalle opposizioni, che non credono all’onestà delle sue intenzioni.

La figura del presidente deve affrontare forti insoddisfazioni e a questo proposito chi guarda al Paese teme l’influenza di attori stranieri già presenti nella regione, in primis la Russia. Alle manifestazioni di sabato non sono state viste bandiere di Mosca, ma il rapporto con l’ex potenza coloniale francese ha subito negli ultimi anni qualche contraccolpo. Da Parigi il governo del presidente Emmanuel Macron si è del resto premurato di esortare a tenere “al più presto” nuove elezioni, così come la Comunità dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao) – organismo regionale dal quale l’influenza francese ha spinto di recente ad uscire Paesi golpisti come Mali, Niger e Burkina Faso – ha espresso “preoccupazione” per gli sviluppi delle ultime ore. Apprezzamento formale è quanto meno stato espresso sull’impegno di Sall a non ricandidarsi.