Sudan-Kenya: la visita di Dagalo a Nairobi irrita Khartum

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 06/01/2024

Una nuova crisi diplomatica rischia di accendersi nel già tormentato scenario dell’Africa orientale. Dopo lo scoppio del sanguinoso conflitto in Sudan, nell’aprile scorso, e la più recente rottura tra Somalia ed Etiopia seguita all’accordo tra il governo etiope e le autorità del Somaliland (non riconosciute da Mogadiscio) per consentire ad Addis Abeba il tanto agognato accesso al Mar Rosso, è notizia di ieri, 4 gennaio, che il ministro degli Esteri del Sudan ha deciso di richiamare il suo ambasciatore in Kenya per consultazioni. In una dichiarazione citata dall’agenzia di stampa “Suna”, il ministro degli Esteri sudanese Ali al Sadiq ha affermato che il richiamo dell’ambasciatore è stato deciso per esprimere la forte disapprovazione di Khartum per l’accoglienza ufficiale ricevuta di recente a Nairobi dal comandante delle Forze di supporto rapido (Rsf), Mohamed Hamdan Dagalo, e ha criticato il governo del Kenya per non aver riconosciuto i “terribili abusi” commessi dalle Rsf, inclusa la distruzione delle infrastrutture e delle proprietà dei civili sudanesi.

Il riferimento, in particolare, è all’incontro avvenuto lo scorso 3 gennaio a Nairobi tra il presidente keniota William Ruto e lo stesso Dagalo, che nelle ultime settimane ha intrapreso un tour all’estero che lo ha visto fare tappa anche in Uganda, Etiopia, Gibuti e Sudafrica, nel tentativo evidente di accreditarsi come possibile guida del Paese dopo il conflitto. A scatenare le ire di Khartum, in particolare, è il fatto che nel corso della sua visita Dagalo sia stato ricevuto da Ruto nel palazzo presidenziale, al contrario di quanto accaduto con i ricevimenti ospitati dal presidente ugandese Yoweri Museveni e da quello sudafricano Cyril Ramaphosa, avvenuti nelle rispettive residenze private di questi ultimi.

Le schermaglie tra Khartum e Nairobi, in realtà, affondano le radici in una già esistente diffidenza che il generale Abdel Fattah al Burhan, capo del Consiglio sovrano e comandante delle Forze armate sudanesi (Saf), ha sempre manifestato nei confronti del presidente Ruto. Il governo a guida militare sudanese accusa infatti il leader keniota di avere un rapporto d’affari di lunga data con Dagalo, un fatto che renderebbe la sua posizione non neutrale.

Per questo motivo, già in passato le Saf avevano più volte accusato il Kenya di appoggiare le milizie Rsf e avevano per questo motivo rifiutato ogni tentativo di mediazione di Nairobi. Ed è per le stesse ragioni che finora il generale Al Burhan si è sempre rifiutato di accettare la mediazione del Kenya nei negoziati per la risoluzione del conflitto. Nel motivare il richiamo dell’ambasciatore a Nairobi per consultazioni, il ministero degli Esteri sudanese ha inoltre apertamente accusato il Kenya di “sostenere la ribellione in Sudan, di ospitarne leader e sostenitori e di cospirare con potenze regionali ostili contro il Sudan”. Il riferimento, in questo caso, sembra essere indirizzato agli Emirati Arabi Uniti, che il mese scorso hanno dichiarato “persona non grata” tre alti diplomatici sudanesi dopo che a novembre il vice comandante in capo delle Forze armate sudanesi, Yasir al Atta, aveva accusato Abu Dhabi di sostenere le Rsf, accusa che gli Emirati hanno sempre negato. Come misura di ritorsione, Khartum ha dichiarato “persona non grata” 15 diplomatici emiratini, ordinando loro di lasciare il Paese.

Le tensioni accese tra Khartum e Nairobi, del resto, erano emerse già il mese scorso, quando il governo militare del Sudan aveva presentato una protesta formale contro il blocco regionale, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), accusandolo di aver accolto le questioni proposte dal presidente Ruto al di fuori di un incontro ufficiale che si era tenuto il 9 dicembre a Gibuti. L’accusa, in particolare, riguardava una presunta conversazione telefonica avvenuta tra i leader dell’Igad – che oltre al Kenya include Etiopia, Sud Sudan e Gibuti – e il generale Dagalo, nel corso della quale quest’ultimo avrebbe accettato di giungere ad un cessare il fuoco e ad accettare il dialogo con l’esercito. “Se ci fosse stata una simile telefonata, essa avrebbe avuto luogo tra il presidente del Kenya, William Ruto, e il leader ribelle (Dagalo) dopo la fine del summit e, come tale, non rientra negli atti ufficiali del summit tanto da meritare di essere menzionata nel comunicato finale”.

La dichiarazione diffusa dall’Igad il giorno dopo il vertice, inoltre, suggeriva che entrambe le parti in guerra avrebbero concordato di incontrarsi faccia a faccia per la prima volta dall’inizio della guerra. Un’affermazione, anche in questo caso, seccamente smentita dal ministero degli Esteri sudanese, secondo cui “il presidente (Al Burhan) ha stabilito chiaramente che, affinché tale incontro abbia luogo, dovrebbe essere preceduto dall’osservanza di un cessate il fuoco permanente, dal ritiro delle forze ribelli dalla capitale e dal loro successivo incontro in luoghi concordati fuori Khartum”.