SULLIVAN IN ISRAELE: «INCERTA LA DATA DI CONCLUSIONE DELLA GUERRA»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 18/12/2023

Il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense ha spiegato che gli Usa e Israele concordano sul fatto che la lotta contro Hamas nella Striscia di Gaza richiederà mesi. Nelle ultime settimane si sono intensificate le indiscrezioni, secondo cui la Casa Bianca avrebbe fatto pressioni su Israele affinché ponga fine all’operazione militare a Gaza entro poche settimane

Il settantesimo giorno dall’inizio dello scontro fra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas ha visto il proseguimento delle operazioni nella Striscia di Gaza, il lancio di razzi su Gerusalemme e la visita del consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan. Quest’ultimo ha spiegato che gli Stati Uniti e Israele concordano sul fatto che la lotta contro Hamas nella Striscia di Gaza richiederà mesi, ma non dicono allo Stato ebraico cosa fare. La Casa Bianca ha “avuto ottime discussioni” sulla tempistica e sulla transizione alle fasi successive del conflitto, ma “non siamo qui per dire a nessuno ‘devi fare X, devi fare Y’”, ha puntualizzato Sulllivan. Nelle ultime settimane si sono intensificate le indiscrezioni, secondo cui la Casa Bianca avrebbe fatto pressioni su Israele affinché ponga fine all’operazione militare a Gaza entro poche settimane, a causa delle preoccupazioni per il crescente numero di civili uccisi – oltre 18 mila – nella Striscia. Per quanto riguarda il futuro di Gaza, Sullivan ha ipotizzato un rinnovo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).

Vale la pena ricordare che il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu si oppone a una futura amministrazione di Gaza da parte dell’Anp. “Crediamo che l’Autorità palestinese abbia bisogno di essere rinnovata e rivitalizzata, abbia bisogno di essere aggiornata in termini di metodo di governo e di rappresentanza del popolo palestinese – ha affermato Sullivan -. Ciò richiederà molto lavoro da parte di tutti coloro che sono impegnati nell’Autorità palestinese, a cominciare dal presidente, Mahmoud Abbas, che andrò a trovare. Alla fine, spetterà al popolo palestinese lavorare attraverso la propria rappresentanza”. Sul piano operativo, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno concluso un attacco contro le infrastrutture utilizzate dal gruppo islamista palestinese Hamas situate nella zona di confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, vicino a Rafah. L’operazione è avvenuta con l’uso di caccia da combattimento, elicotteri Apache e droni che hanno distrutto siti militari, postazioni di osservazione, depositi di munizioni e sale di comando e controllo di Hamas nella zona di confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto.

I siti attaccati nella zona di Rafah compromettono la capacità di Hamas di contrabbandare armi nella Striscia di Gaza. L’apparato di sicurezza di Hamas approfitta del suo dispiegamento e della sua attività per derubare le risorse umanitarie che entrano a Gaza, conclude il comunicato. Finora, secondo i dati delle Idf, a Gaza sono morti 119 militari. Non si placa la tensione neanche sul fronte settentrionale, dove anche ieri le Idf hanno colpito postazioni del movimento sciita libanese Hezbollah nel Libano del sud. Al riguardo, il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Sullivan ha detto: “La minaccia del movimento sciita libanese Hezbollah nel nord di Israele può essere affrontata attraverso la diplomazia e non richiede il lancio di una nuova guerra”.

Un articolo pubblicato dal “Financial Times” il 14 dicembre rivela che Stati Uniti, Regno Unito e Francia “stanno cercando di studiare le modalità per convincere Hezbollah a ritirarsi dal confine tra Libano e Israele per evitare che scoppi un conflitto”. In questo contesto, i rappresentanti dei tre Paesi hanno chiesto alle parti di attuare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in modo completo. Quest’ultima prevede la consegna delle armi da parte di Hezbollah, il loro ritiro dalla zona di confine e un maggiore controllo dell’area da parte dei militari dell’esercito libanese. Secondo quanto riferito dai media libanesi, la visita del presidente francese Emmanuel Macron prevista giovedì 21 dicembre a Beirut dovrebbe servire proprio a trovare una soluzione diplomatica, evitando una escalation tra Hezbollah e Israele.

Nel corso della giornata, poi, l’ufficio del primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha annunciato la riapertura del valico israeliano di Kerem Shalom per la prima volta dal 7 ottobre per permettere l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Secondo quanto rivelato dall’ufficio di Netanyahu Israele si era impegnato, nell’ambito della tregua che ha consentito il rilascio di 105 ostaggi, a facilitare l’ingresso di 200 camion di aiuti umanitari al giorno nell’exclave palestinese. Tuttavia, il valico egiziano di Rafah, l’unico aperto finora per l’ingresso dei soccorsi, ha permesso l’accesso giornaliero di soli 100 veicoli. “Per rispettare l’accordo, oggi il gabinetto ha approvato temporaneamente lo scarico dei camion sul lato di Gaza del valico di Kerem Shalom”, si legge nel comunicato.

Secondo un funzionario israeliano la decisione del gabinetto si estende solo agli aiuti provenienti dall’Egitto e non dalle Nazioni Unite. L’ufficio di Netanyahu ha rivelato inoltre che “gli Stati Uniti si sono impegnati a finanziare il potenziamento del valico di Rafah il più rapidamente possibile”, in modo che soddisfi totalmente il fabbisogno di aiuti umanitari della Striscia senza che sia necessaria l’apertura dei passaggi israeliani. Infine, dopo un attacco dei ribelli alla nave portacontainer “Al Jasrah”, di proprietà della compagnia di navigazione tedesca Hapag Lloyd, nel Mar Rosso, al largo dello Yemen, la compagnia di trasporto marittimo e di cantieristica navale danese Maersk ha deciso di sospendere tutte le spedizioni di navi portacontainer attraverso il Mar Rosso fino a nuovo avviso